L'ultima missione |
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Un film di Olivier Marchal.
Con Daniel Auteuil, Olivia Bonamy, Catherine Marchal, Philippe Nahon, Francis Renaud.
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Titolo originale MR 73.
Azione,
durata 121 min.
- Francia 2008.
- Medusa
uscita venerdì 18 aprile 2008.
MYMONETRO
L'ultima missione
valutazione media:
3,08
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un canto alla vita e all'amoredi maurizio crispiFeedback: 0 |
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domenica 11 maggio 2008 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il film di Marchal esordisce, come tutti i noir ("polar", così i Francesi definiscono i neo-noir) con atmosfere cupissime e crepuscolari, intensamente claustrofobiche, mancando quasi del tutto le riprese all'aperto, i campi lunghi che diano allo spettatore un po' di respiro. Buona parte del film si sviluppa in interni cupi, appena rischiarati da fioche lampade o di notte, con un'esasperazione radicale dei contrasti e, in alcuni casi, anche con una forte abolizione delle tonalità intermedie ed una ipersaturazione di colori base della gamma cromatica. Il poliziotto Schneider, immerso in una spirale di deriva esistenziale, appare livido e cadaverico, come tutti gli altri poliziotti, quasi tutti corrotti (ben pochi i "salvati" nel giudizio del regista). Le scene in flashback, invece, sono rigorosamente in bianco-nero, velocizzate al massimo e riprese per esplosioni di dettagli esasperati, ma tanto concitate che non è possibile registrarne i particolari: ciò è funzionale nell'enfatizzare la soggettività dei diversi personaggi, di Schneider e Bustine, entrambi alle prese con i propri fantasmi personali e con l'impossibilità di un'autentica elaborazione del dolore. Il volto di Schneider, livido e scavato dalle ombre, appare cadaverico, come se egli fosse da tempo morto. Nel definire gli altri co-protagonisti - poliziotti disonesti senza rimedio e venduti ad un sistema che tutto vuole fuorché la ricerca della verità, rappresentati come "ipertipi" quasi grotteschi - si ravvisa una ridondanza che li porta ad essere dei clichè categoriali ed assoluti. Forse, proprio per questo, la vicenda narrata da Marchal (ex-poliziotto lui stesso, con un servizio nel nucleo antiterroristico di Versailles) appare disperata ed eccessiva, profondamente esistenziale: la storia di un uomo che, ormai sulla via del declino e alcoolizzato, ancora in vita, vuole scontare da vivo la morte che non l'ha preso, quando avrebbe dovuto, assieme alle persone che per lui erano più care, è efficace e capace di alimentare un nucleo di emozioni profonde nello spettatore. Viceversa, l'altra protagonista "in parallelo", Justine, vive drammaticamente il ricordo, mai elaborato, della morte atroce di entrambi i genitori per mano di un brutale killer e, a causa di esso, non riesce a vivere con gioia autentica ed abbandono alcun momento della sua vita, dominata com’è dall'angoscia e dalla paura. Mentre si dispiega l'indagine per fermare un serial killer autore di efferati delitti a sfondo sessuale (in cui Louis, pur sospeso dal sevizio, avrà un ruolo decisivo) avviene un incontro catalizzatore che, paradossalmente, genera vita e voglia di vivere in Justine e desiderio di "liberazione" definitiva in Louis, che si attiva per compiere appunto la sua "ultima missione". Soltanto nel finale, si scioglierà la cupezza e il dramma giungerà alla sua risoluzione: il crepuscolo e le atmosfere mortifere lasceranno campo ai pieni colori dell'amore che, pur mai espresso, emerge con prepotenza in un intenso inno vitalistico, punteggiato dai vagiti di una nuova vita.
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