gianni quilici
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giovedì 21 febbraio 2013
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un documentario emozionante
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"Madri" di Barbara Cupisti è un documentario emozionante.
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"Madri" di Barbara Cupisti è un documentario emozionante. Per tre ragioni.
Primo: le madri (otto palestinesi, sette israeliane) raccontano, meglio evocano, con spazi carichi di silenzio, fatti terribili, come se ancora li vivessero, dolori incancellabili, così atroci e inchiodati dentro di loro da non avere più lacrime. Tante sono le storie, ma le più emblematiche che il documentario rappresenta sono forse quelle della mamma di Malki (15 anni, vittima di un kamikaze alla pizzeria Sbarro, a Gerusalemme nel 2002) e della madre di Izz, il ventunenne di Jenin, autore dell’attentato. Non c’è la presenza diretta della regista, non ci sono domande, né interlocuzioni. C’è una presenza più sottile: avere creato le condizioni psicologiche, perché queste donne, queste madri, sentissero la fiducia di chi le guarda, si aprissero totalmente.
Secondo: i primi e primissimi piani dei volti delle donne filtrano dentro le immagini di repertorio di foto e filmini di giovani e adolescenti sorridenti nella loro immemore giovinezza, oppure accompagnano riprese strazianti di corpi uccisi, feriti, dilaniati, con gente disperata che corre, piange o è disperata-infuriata, che fanno parte di quella precisa tragedia che quella madre sta raccontando.
Terzo: questa mescolanza di testimonianze e immagini, quasi inavvertita per un montaggio fluido, è scandita dalla strada con le case distrutte, il muro, i cieli mutevoli (il viaggio che da Tel Aviv si muove attraverso i territori palestinesi), dallo scorrere del tempo (i giorni e l’ora segnalati dalla videocamera) e da una musica, che trova la giusta misura tra il distacco e la compassione.
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maria cristina nascosi
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sabato 22 marzo 2008
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madri, un modo di soffrire, ma anche di sperare
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IL DOLORE è UNIVERSALE: PARLA LA STESSA LINGUA IN TUTTE LE PARTI DEL MONDO: così ha dichiarato in intervista di presentazione del suo bel documentario MADRI all’ultima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione fuori concorso Orizzonti, Barbara Cupisti la bella attrice ora regista, passata con coraggio e passione tutta femminile dietro la m.d.p.
Aveva esordito come ballerina e protagonista nei primi horror di Michele Soavi (Deliria, La chiesa).
L’opportunità, non la prima, di applicare la sua esperienza professionale l’ha còlta visceralmente per questa sua ultima fatica, un’opportunità offertale per questo suo documentario girato in digitale grazie alla produzione di Rai Cinema, che le ha praticamente dato carta bianca, come lei stessa ha ulteriormente spiegato, incentrato sul difficile tema della guerra israelo - palestinese, raccontata però da un punto di vista dolorosamente privilegiato, quello delle madri: le israeliane che hanno visto i loro figli morire nel conflitto, perché vittime degli attentati suicidi; ma anche quelle dei soldati che non hanno retto la difficile situazione e sono arrivati al gesto estremo di togliersi la vita; e quelle dei civili palestinesi, vittime innocenti di una situazione dove separare il giusto da ciò che giusto non è, risulta ogni giorno più difficile.
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IL DOLORE è UNIVERSALE: PARLA LA STESSA LINGUA IN TUTTE LE PARTI DEL MONDO: così ha dichiarato in intervista di presentazione del suo bel documentario MADRI all’ultima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione fuori concorso Orizzonti, Barbara Cupisti la bella attrice ora regista, passata con coraggio e passione tutta femminile dietro la m.d.p.
Aveva esordito come ballerina e protagonista nei primi horror di Michele Soavi (Deliria, La chiesa).
L’opportunità, non la prima, di applicare la sua esperienza professionale l’ha còlta visceralmente per questa sua ultima fatica, un’opportunità offertale per questo suo documentario girato in digitale grazie alla produzione di Rai Cinema, che le ha praticamente dato carta bianca, come lei stessa ha ulteriormente spiegato, incentrato sul difficile tema della guerra israelo - palestinese, raccontata però da un punto di vista dolorosamente privilegiato, quello delle madri: le israeliane che hanno visto i loro figli morire nel conflitto, perché vittime degli attentati suicidi; ma anche quelle dei soldati che non hanno retto la difficile situazione e sono arrivati al gesto estremo di togliersi la vita; e quelle dei civili palestinesi, vittime innocenti di una situazione dove separare il giusto da ciò che giusto non è, risulta ogni giorno più difficile.
Ho acceso la camera – ha spiegato la Cupisti – e non c’è stato quasi bisogno di fare domande. Il dolore sgorgava con le parole e le immagini parlavano da sole, il dolore di Donna, di Madre parlava da solo, non aveva bisogno di intermediari linguistici.
Quasi un docu-fiction, dunque, che dà, come risultante qualcosa di estremamente positivo, che induce alla speranza e guarda avanti ad un futuro che vuol essere solo di vita, di pace: la coralità dei messaggi materni, donne che si sono unite nell’associazione “The Parents Circle”, per raccontare insieme i loro drammi e fornire una testimonianza utile a spezzare il circolo vizioso dell’odio per trasmettere un messaggio di pace.
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