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Blade Runner appartiene a quella speciale categoria di opere che sembrano vivere di vita propria, sfuggendo e superando le legittime apettative dei loro realizzatori. Bizzarro parallelo con i replicanti del film, i quali acquisiscono una personalità che non prevista nemmeno dal loro geniale creatore. Un'opera coerente e unitaria nonostante la sovrabbondanza di dettagli e citazioni, avvincente a dispetto di una ambientazione claustrofobica, lurida e decadente. Un capolavoro struggente nella sua disperata celebrazione della vita che erompe nel finale attraverso quella indimenticabile sequela di immagini nel monologo di Rutger Hauer, tutti quei momenti, i suoi, i nostri, destinati irrimediabilmente a perdersi..."come lacrime nella pioggia".
E' difficile staccarsi da un film come questo, sia per il semplice spettatore, che, evidentemente, per i suoi stessi realizzatori che ne rilasciano versioni aggiornate con scadenza quasi regolare, a conferma che un'opera così, può difficilmente essere lasciata riposare " in pace".
Sono fra coloro che avrebbero preferito lasciare come definitiva la versione originale, quella con la voce fuori campo, tanto bizzarra e fuori moda da creare un ulteriore motivo di suggestione. Anche il finale
"ottimistico", con quel catartico e ristoratore bagno di luce ripreso da alcune sequenze scartate da Stanley Kubrik, lo trovavo bellissimo proprio perchè coerente con la filosofia dell'opera, deliziosa accozzaglia di linguaggi e stili diversi, contrapposti in un unico, affascinantissimo, calderone. In fondo, quest'opera la si potrebbe considerare come il primo esempio di lungometraggio " open source", qualcosa che appartiene a tutti coloro che l'hanno amata e che ad essa hanno saputo apportare un contributo migliorativo.
Anzi....potrammo considerare Blade Runner come primo film "patrimonio dell'umanità", perchè no?
Stefano Ferretti
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