dario
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domenica 27 ottobre 2013
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infantile
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Persino se lo si prende come un gioco è deludente. Il film non ha uno sviluppo decente. Tanto sangue (certo, salsa) inutile, assurdo e pochezza di sceneggiatura al limite della tollerabilità. Una sorta di western da quattro soldi. Noia e qualche sorriso per l'insulsaggine dell'impresa. In questi caso, dati i nomi in ballo (Takeshi Kitano, sopravvalutato peraltro) , tocca dire "bella la forografia". Trascurabilissmo.
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ruggero
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venerdì 13 luglio 2012
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sorprendente
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Un film davvero pieno di piacevoli sorprese e di trovate inedite.Quasi quasi,se non fosse per gli attori asiatici,lo si potrebbe scambiare per un film dei fratelli Coen....
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g_andrini
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lunedì 14 novembre 2011
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interessante
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E' un bel film, con un buon humor. E' la vicenda della vita, che porta l'uomo a combattere contro gli altri, nella speranza di uscire vincitore.
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mauro bologna
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sabato 15 ottobre 2011
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il balletto finale vale il prezzo del biglietto!
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UN FILM CHE MI HA INDOTTO A PENSARE CHE KITANO SIA UN GENIO ASSOLUTO, PRIMA DEL BALLETTO INCREDIBILE CHE C'E' VERSO LA FINE, MI HA LASCIATO DI STUCCO VEDERE LA COSTRUZIONE DELLA CASA IN LEGNO DOVE OGNI SINGOLO COLPO DI OGNI LAVORATORE CREA UN RITMO SINCRONIZZATO PERFETTO, TORNANDO AL BALLETTO, VEDERE PERSONE VESTITE DA FINE 800 NIPPONICO CON TANTO DI SCARPE DI LEGNO CHE USAVANO ALLORA, BALLARE UN TIP TAP DEGNO DI FRED ASTAIRE, CON I BALLERINI CENTRALI CHE IN MORFING SEMPRE DAVZANDO DIVENTANO DA ADULTI A BAMBINI, MI HA FATTO STARE BENE. SE IN PIù SI AGGIUNGE LA VENA COMICA ASSIEME ALL' AZIONE SAMURAI NE ESCE UN FILM COMPLETO. GRANDE KITANO! GRANDE FILM!
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brecht
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giovedì 11 agosto 2011
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il balletto finale
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Il balletto finale è un capolavoro.ciao da Alberto
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monte_81
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sabato 25 giugno 2011
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grande film
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Nient'altro da dire che CAPOLAVORO!
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rongiu
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lunedì 10 gennaio 2011
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scacco matto!
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Kabuki 歌 ka (canto) 舞 bu (danza) 伎 ki (abilità)
Questo mio, non esaustivo, lavoro vuole avere la sincera “propedeutica pretesa”, di avvicinare i lettori ad un genere di film che a prima vista può non piacere perché prepotente, duro, eccentrico. “A prima vista”; questo è il nodo da sciogliere. Le percezioni da prima visione non devono prendere il sopra(v)vento. Come l’equipaggio di una barca si posiziona in modo differente rispetto al vento; così lo spettatore, specie se l’Autore ha latitudini diverse dalle nostre, deve muoversi mentalmente, di fronte all’opera, con cautela e con accorto giudizio.
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Kabuki 歌 ka (canto) 舞 bu (danza) 伎 ki (abilità)
Questo mio, non esaustivo, lavoro vuole avere la sincera “propedeutica pretesa”, di avvicinare i lettori ad un genere di film che a prima vista può non piacere perché prepotente, duro, eccentrico. “A prima vista”; questo è il nodo da sciogliere. Le percezioni da prima visione non devono prendere il sopra(v)vento. Come l’equipaggio di una barca si posiziona in modo differente rispetto al vento; così lo spettatore, specie se l’Autore ha latitudini diverse dalle nostre, deve muoversi mentalmente, di fronte all’opera, con cautela e con accorto giudizio. Di quelle latitudini gli conviene indossare i virtuali indumenti ed entrare così in una sorta di laboratorio di antropologia visiva. Proprio perché trattasi di un laboratorio dell’uomo e sull’uomo, la “visione diventa meravigliosamente universale, consapevole e, cosa più interessante, di ricerca. Le persone dotate di molta sensibilità e fantasia, hanno la possibilità di frugare e trovare spunti creativi che non mancano certo nella cinematografia e non solo del Sol Levante. Io credo.
Gli appassionati di cinema giapponese, conoscono benissimo l’eroe Zatōichi o semplicemente Ichi, non vedente, taciturno, con due patologie al “limite”, l’alcol ed il gioco d’azzardo, che ha ispirato più di venti film e circa un centinaio di episodi televisivi.
Il nostro Zatōichi, di e con \ Takeshi Kitano /, non ha fissa dimora e pratica massaggi per vivere. Arrotonda il suo onorario giocando d’azzardo. I dadi in particolare, sono suoi amici ed i veri amici non deludono. Il nostro eroe riesce, infatti, vincendo tutte le leggi della statistica e del caos, ad armonizzare questo gioco con il proprio corpo. Come? Ichi è cieco, questa sua condizione, ha sviluppato negli anni gli altri organi di senso. In particolare, udito ed olfatto svolgono la loro funzione vicariante in sommo grado. Quando gioca, i suoi compagni hanno molto da imparare. “I bari” del Caravaggio, ad esempio, si guarderebbero bene dal riprovarci; mentre il Tre moschettieri del francese A. Dumas (padre) troverebbero, in lui, un eccellente maestro d’armi. Ed è proprio un’arma, “la katana”, la co-protagonista del film; le sue fattezze sono tutte numeriche, 15 ripiegature, e 32.768 strati. Zatōichi utilizza la katana come estensione del proprio corpo, nelle sue mani la lama diventa giudice inappellabile. Perfezione e maestria; competenza e abilità fanno del cieco un personaggio straordinario. Ma chi è veramente Zatōichi? E’ un ribelle; un benefattore; un supremo giudice? Non so. Di sicuro è uno spirito libero ed alquanto silente. Infatti, non parla molto. Il suo mutismo nasce come puro atto di volontà è, appunto, elettivo; o, meglio, selettivo. I destinatari del suo non ricco eloquio, sono interlocutori privilegiati, a loro dedica e dona tutto se stesso. Nella sua vita raminga ha sempre poco da dire e molto da ascoltare. Lo spirito libero di Zatōichi è libero perché il nostro eroe ha un proprio codice da rispettare. Il grano è costantemente separato dalla pula. Qualche esempio? Non è un passionale; ha il dominio delle emozioni. L’irruenza lascia il campo alla meditazione ed alla riflessione. Sobrio e morigerato nei costumi, non lascia spazio alla sregolatezza. I beni materiali son un mezzo per dignitosamente vivere e non il fine di una vita avida. Le parole, sono sempre moderate e mai offensive. Insomma, Zatōichi è unico, bisogna imparare ad amarlo. Dato lo spessore del personaggio, inevitabili sono gli antagonisti. Uno su tutti, Genosuke Hattori \ Tadanobu Asano /. Genosuke è un samurai, o meglio un Ronin, abile e temibile; si fa ingaggiare da boss senza scrupoli come “guardia del corpo”, (yojimbo). Farebbe volentieri a meno di un “padrone” per dedicarsi all’insegnamento di arti marziali. Ha bisogno di soldi, Genosuke, di tanti soldi; la moglie, invece,di cure mediche. Infatti…
Ma chi è un Ronin? Come mai Genosuke Hattori padroneggia l’arma in così magnifico modo? Takeshi Kitano fa ben intendere nel suo film la figura del ronin; detto anche “Uomo Onda”. Il Ronin è diventato guerriero errante. In quanto tale deve fronteggiare condizioni di vita improbe, incerte, al limite dell’umano. Chi ne esce vivo si è evoluto, e non poco, nelle tecniche di combattimento (jujitsu). Zatōichi riuscirà a batterlo solo perché la sua mano assume…
Altri personaggi incontra Zatōichi, lungo il cammino. Un giocatore iellato, Shinkichi \ Gadarukanaru Taka /; Oume \ Michiyo Ookusu / zia dello sfortunato Shinkichi. Due geishe Osei \ Daigoro Tachibana / e Okinu \ Yuko Daike /. La loro, è una storia tutta da seguire. Ancora bambini il sorriso ha abbandonato il loro volto come foglia al vento.
I film di Kitano non mancano di umorismo e in questo caso di scrosci temporaleschi. Da ricercare nel suo passato ridondante di comicità, il primo; un omaggio al maestro Kurosawa, i secondi. Il finale del film umanamente pirotecnico per musiche e danze; poteva essere partorito solo da una mente proveniente dal Paese della dea del Sole “Amaterasu” \ tutte le cose nascono da lei /.
Presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2003, torna a casa con un “Leone d’argento” ed un “Premio Speciale per la regia”, entrambi assegnati a Takeshi Kitano.
Kabuki, titolavo all’inizio, deriva dal verbo kabuko, ovvero “essere fuori dall’ordinario”; sotto questo aspetto Takeshi Kitano non si smentisce. Il Re \ l’antitetico e/o prevenuto Re-censore / è indifeso; quello di Kitano è un autentico scacco matto!
Good Click!
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luca scialò
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sabato 14 agosto 2010
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usi, costumi e soprusi di un giappone del 1800
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Zatoichi è un guerriero cieco e vagabondo, dedito ai massaggi e al gioco d'azzardo più che ai combiattimenti, che pratica solo se sfidato. Giunge in un villaggio martoriato da un clan, i Ginzo, che tiene sotto torchio i popolani; tra questi, un fratello e una sorella, la cui famiglia è stata da loro massacrata dieci anni prima. Per vendetta i due, con la scusa di essere giovani e affascinanti Geishe, a poco a poco stanno sgominando il clan. E la loro vendetta si incrocerà con il fare gentile di un guerriero buono qual è Zatoichi...
Kitano ci parla ancora una volta di Yakuza, sebbene riportandoci indietro nel tempo, in un Giappone del 1800. Ci fa conoscere la vita e l'arte degli antichi guerrieri, con i loro codici e le loro leggi, crudeli ma spesso anche rispettose.
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Zatoichi è un guerriero cieco e vagabondo, dedito ai massaggi e al gioco d'azzardo più che ai combiattimenti, che pratica solo se sfidato. Giunge in un villaggio martoriato da un clan, i Ginzo, che tiene sotto torchio i popolani; tra questi, un fratello e una sorella, la cui famiglia è stata da loro massacrata dieci anni prima. Per vendetta i due, con la scusa di essere giovani e affascinanti Geishe, a poco a poco stanno sgominando il clan. E la loro vendetta si incrocerà con il fare gentile di un guerriero buono qual è Zatoichi...
Kitano ci parla ancora una volta di Yakuza, sebbene riportandoci indietro nel tempo, in un Giappone del 1800. Ci fa conoscere la vita e l'arte degli antichi guerrieri, con i loro codici e le loro leggi, crudeli ma spesso anche rispettose. E lo fa con la solita sapiente arte di mescolare violenza con buoni sentimenti, storie drammatiche, e un pizzico di ironia.
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nick castle
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giovedì 8 luglio 2010
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strano per essere un film in costume...
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Nonostante sia un bel film, l'ultima fatica di Takeshi è un dissonante connubio di più cose, neanche di vari generi. Abbiamo una base di film in costume, dove l'ambientazione sembrerebbe un Giappone feudale, ma la pistola a fine film, farebbe pensare a fine ottocento inizio novecento. Sostanzialmente Kitano pecca davvero poco in questo film, ma dopo sette anni di collaborazioni con Joe Hisashi, suo abituale compositore, lo abbandona e ripiega su Keiichi Suzuki, che infarcisce le già scarne musiche orchestrali di inserti elettronici assolutamente incompatibili con tutto il film. Infine effetti digitali, necessari per simulare il sangue a zampilli e le stoccate di katana. Citazioni di "I sette samurai" e "Dancer in the dark".
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Nonostante sia un bel film, l'ultima fatica di Takeshi è un dissonante connubio di più cose, neanche di vari generi. Abbiamo una base di film in costume, dove l'ambientazione sembrerebbe un Giappone feudale, ma la pistola a fine film, farebbe pensare a fine ottocento inizio novecento. Sostanzialmente Kitano pecca davvero poco in questo film, ma dopo sette anni di collaborazioni con Joe Hisashi, suo abituale compositore, lo abbandona e ripiega su Keiichi Suzuki, che infarcisce le già scarne musiche orchestrali di inserti elettronici assolutamente incompatibili con tutto il film. Infine effetti digitali, necessari per simulare il sangue a zampilli e le stoccate di katana. Citazioni di "I sette samurai" e "Dancer in the dark". Il ballo finale a ritmo techno-punk si poteva evitare... Si poteva curare un po' meglio il prodotto finale, in ogni caso, Kitano è sempre Kitano!
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paola di giuseppe
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lunedì 3 maggio 2010
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samurai new age
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Zatōichi è uno jidaigeki, film storico in costume ma il medioevo qui è leggendario e siamo in un villaggio di contadini infestato da bande rivali della yakuza.
C’è un eroe che ricorda Sanjuro di Kurosawa,ma non è un ronin,non va in cerca di ingaggi. Personaggio molto noto in Giappone,Zatoichi è un massaggiatore cieco esperto di arti marziali che farà il finimondo nel paese eliminando tutto il marcio.
Il regista marca la differenza del suo eroe rispetto all’originale quando dice “Zatoichi è un supereroe dal sapore decisamente hollywoodiano, è una sorta di angelo sterminatore, ovunque vada una striscia di sangue lo segue. Il ritmo è stato un elemento cruciale in questo film,non solo nelle scene danzate ma anche in quelle drammatiche e soprattutto nelle sequenze dei combattimenti di Zatoichi.
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Zatōichi è uno jidaigeki, film storico in costume ma il medioevo qui è leggendario e siamo in un villaggio di contadini infestato da bande rivali della yakuza.
C’è un eroe che ricorda Sanjuro di Kurosawa,ma non è un ronin,non va in cerca di ingaggi. Personaggio molto noto in Giappone,Zatoichi è un massaggiatore cieco esperto di arti marziali che farà il finimondo nel paese eliminando tutto il marcio.
Il regista marca la differenza del suo eroe rispetto all’originale quando dice “Zatoichi è un supereroe dal sapore decisamente hollywoodiano, è una sorta di angelo sterminatore, ovunque vada una striscia di sangue lo segue. Il ritmo è stato un elemento cruciale in questo film,non solo nelle scene danzate ma anche in quelle drammatiche e soprattutto nelle sequenze dei combattimenti di Zatoichi.”
Ed è infatti il ritmo quello che più risalta in questo lungometraggio che afferra,trascina,è ricco di colpi di scena, non si contano i passaggi che il montaggio alternato mette in catalogo, nella simultaneità,lungo il tempo reale del plot,e nella profondità,in sbalzi frequenti da un piano temporale all’altro (nella danza finale Kitano mette in scena addirittura un flash back vivente delle due geishe,ora bambine e un attimo dopo adulte,in un naturalissimo movimento del passo di ballo).
Ruotano bastoni,pugnali e katane ad un ritmo indiavolato;battono a passo di danza i piedi dei contadini sul terreno e volano in aria zappe;corre urlando mezzo nudo e mezzo armato l’idiota del villaggio che vuol diventare samurai e uno dei ciocchi di legno che Zatoichi sta tagliando e affastellando,lanciandoli alle sue spalle con superba mira,lo colpisce in perfetta sincronia mentre passa,stendendolo a terra;ci offre un delizioso saggio di nichibu O-Sei, l’ermafrodito/geisha, accompagnata dallo shamisen della sorella (ma l’impugnatura del delicato strumento nasconde una spada,e spunta anche quella al momento giusto e due geishe con katana contro una banda yazuka solo Kitano poteva inventarle!); infine, un bellissimo misto di danza folkloristica giapponese con movenze da tip tap sarà la festa di chiusura nel villaggio. La musica di Keiichi Suzuki raccoglie bene il testimone di Joe Hisaishi (“diventato troppo caro”, confida Kitano)
Zatoichi fa fuori tutto l’arsenale di giavellotti, pugnali, katane e bastoni dei prepotenti taglieggiatori dei contadini con mirabolanti piroette della sua katana,scene di combattimento in puro stile ninja, con schizzi di sangue dappertutto,creano una esagerazione visiva quasi esilarante,ma ecco all’improvviso aprirsi un tranquillo interno al gusto del sakè, il ronin (ce n’è uno,ha una sua storia che fa da sub-plot) guarda con amore la moglie malata per cui deve combattere e guadagnar soldi,la risacca scioglie placida il sangue e sfiora i cadaveri sparsi sulla riva,sfilano personaggi per cui riaffiora quella capacità incredibile di Kitano di andare dritto in fondo ad un cuore senza bisogno di parole.
C’è una lunga strada alle spalle di Kitano,e su questa anche il grande Kurosawa con i suoi Sette Samurai dal cuore buono che aiutano i contadini,o il cinico ma inflessibile Sanjuro che arriva,ammazza e va via.C’è anche la pistola che spunta all’improvviso in mezzo al roteare di lame e fa una ben magra figura come ne La sfida del Samurai.
E infine la pioggia,i famosi diluvi di Kurosawa “La scena sotto la pioggia è il mio omaggio a questo grandissimo regista”. Che dire ancora? C’è divertimento assicurato, e a quello Kitano tiene molto.
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