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dario
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domenica 18 marzo 2012
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incompleto
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Non funziona. Uno stile troppo freddo per una mancanza evidente di capacità introspettiva. Illustrare una cosa che non si spiega è un esercizio improbo, occorre sicuramente più modestia e umiltà di quante ne abbia il regista. Ne viene fuori una specie di documentario compiaciuto ed ossessivo in senso estetico: quei pedinamenti interminabili non portano a nulla, se non a noia. La normalità che diventa anormalità non ha ragione, non ha logica. Possono essere assenti entrambe, ma questa assenza va fatta sentire. Qui non c'è per niente. Bella musica, ma è Beethoven. E bella fotografia. Ritmo alla camomilla.
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viola96
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venerdì 23 settembre 2011
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ridi buffone per scaramanzia.così la morte va via.
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In tanti hanno provato,sempre,a descrivere il dolore.Sia nel cinema,sia nella letteratura,sia nell'arte,sia nella musica.Ma pochi hanno cercato di descrivere il disagio.Van Sant,regista indipendentemente puro nel suo gioco di sguardi,riflette sul linguaggio della modernità sotto forma di follia."Elephant" non è la cronaca di un avvenimento,la strage nella Columbine High Scholl,ma è la cronaca di un mondo estraneo al mondo reale,in cui la costruzione degli eventi avviene sotto forma di lento e inesorabile canto di liberazione,in stile "Patetique".La summa del miglior cinema americano delle origini,che torna a pensare in grande,nella sua fiera indipendenza da major,diventa un pacato cinema purgatorio.
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In tanti hanno provato,sempre,a descrivere il dolore.Sia nel cinema,sia nella letteratura,sia nell'arte,sia nella musica.Ma pochi hanno cercato di descrivere il disagio.Van Sant,regista indipendentemente puro nel suo gioco di sguardi,riflette sul linguaggio della modernità sotto forma di follia."Elephant" non è la cronaca di un avvenimento,la strage nella Columbine High Scholl,ma è la cronaca di un mondo estraneo al mondo reale,in cui la costruzione degli eventi avviene sotto forma di lento e inesorabile canto di liberazione,in stile "Patetique".La summa del miglior cinema americano delle origini,che torna a pensare in grande,nella sua fiera indipendenza da major,diventa un pacato cinema purgatorio.Non è rapido e indolore,come un brutale omicidio,"Elephant":Tutto è lento e gli 81 minuti sembrano ore ed ore.Da notare il fatto che per la prima ora vediamo una scuola normale,composta da adolescenti normali,con problemi normali[che spaziano dalla droga,all'omosessualità(Che non è un vero problema,ma è solo un problema per gli altri ragazzi,che ignorano forme d'amore oltre a quello che dovrebbe essere normale,e lo dice un eterosessuale),i problemi familiari e varie],una mattinata normalissima raccontata da più punti di vista che si incontrano nella tragedia.Un'impietosa esplosione di follia pura,che non permette scansioni e attimi di sollievo.Perchè se due ragazzi entrano nella loro classe e massacrano i compagni/amici(amici?),la colpa va sul sistema che li ha resi schiavi e boiate varie.Il luogo comune che gira attorno ad ogni minima vicenda di questo genere è ormai troppo elevato,per essere sciolto nella nuvola di cenere da cui è nato.Ma non inquadra il luogo comune Van Sant e non si schiera.Schierarsi sarebbe stato sbagliato e avrebbe probabilmente nuociuto all'ambizione massima dello splendido lungometraggio."Elephant" non è solo un capolavoro di arte cinematografica,ma è anche un capolavoro che sembra teatrale,musicale,letterario.Ci sono gli stessi ragazzi,dai capelli lunghi e gli sguardi distorti di "Paranoid Park",i ribelli di "Belli e Dannati" e i deliri di "Last Days".Parte dalla cronaca e arriva all'antologia,Van Sant.Una mattina raccontata non come un fatto di cronaca,ma come un romanzo,che si apre con un'apparente tranquillità,incarnata da un cielo blu,con qualche nuvola a minacciare l'apparente stato di tranquillità.Non c'è patetismo in una vera e propria ballata di anime prave,che si scambiano i ruoli,gli odori,i sapori.Perchè c'è più di quello che sembra in "Elephant".Il tono colorito della vicenda,la mescolanza dei colori,i continui richiami a Kubrick e Murnau,l'andatura lenta e disastrosa della vicenda.Wow! Siamo davanti ad un capolavoro assoluto,fuori dagli stereotipi e fuori dalla massa,dentro la migliore tradizione della complessità prolissa della narrazione,in uno schema preciso che non ammette vittime.Se volete schierarvi comunque,però,riflettete.Come ho letto di recente nel terzo numero dell'interessante saga a fumetti "Dr.Morgue":"Io sto dalla parte di chi muore".Probabilmente,il mondo,dovrebbe fare lo stesso.
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alex41
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venerdì 22 luglio 2011
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sopravvalutato
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Non mi è piaciuto affatto: il regista voleva realizzare un film che narrava il fatto realmente accaduto del massacro del 20 aprile 1999 alla Columbine High School in Colorado...risultato?: un film estremamente lento e noioso fin dall'inizio dove ti domandi quando mai arriverà il momento critico. Ma anche al momento del massacro si scopre essere lento e non si capisce quasi niente di quello che succede....e allora si spera in un finale fantastico che purtroppo non avviene. L'unica cosa che mi è piaciuta era l'idea del regista di prendere più personaggi e inserirli all'interno della vicenda dai loro diversi punti di vista, per il resto non mi ha convinto per niente. I film belli sono altri.
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paperino
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giovedì 26 maggio 2011
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gus van sant: o lo si odia o lo si ama
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Ovviamente io lo amo : per la pulizia delle immagini, per il non indulgere in scene sanguinolenti o raccapriccianti, per il modo scarno di raccontare storie molto diffcili e inquietanti, che scuotono la coscienza.
Per me questo è l'unico modo di raccontarle senza cadere nel banale, nel didascalico, nel deja vu.
Presagi di quanto sta per accadere ( bellissima la scena della ragzza "bruttina" che si ferma e guarda il cielo ) appena accennati. Il regista non guida lo spettatore ma lo accompagna senza forzature.
Le molteplici inquadrature di spalle ci portano a vedere quello che vedono gli assassini: bersagli senza volto nè passioni o storie personali.
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Ovviamente io lo amo : per la pulizia delle immagini, per il non indulgere in scene sanguinolenti o raccapriccianti, per il modo scarno di raccontare storie molto diffcili e inquietanti, che scuotono la coscienza.
Per me questo è l'unico modo di raccontarle senza cadere nel banale, nel didascalico, nel deja vu.
Presagi di quanto sta per accadere ( bellissima la scena della ragzza "bruttina" che si ferma e guarda il cielo ) appena accennati. Il regista non guida lo spettatore ma lo accompagna senza forzature.
Le molteplici inquadrature di spalle ci portano a vedere quello che vedono gli assassini: bersagli senza volto nè passioni o storie personali....
Nessun dubbio, nessun scrupolo da parte di chi uccide, nessun problema morale: un videogioco che diventa realtà.
E' questo il valore del film : " la banalità del male "
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breveecirconciso
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giovedì 24 marzo 2011
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elephant in a room
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Elephant si erge in tutta la sua mole pachidermica, schiacciando lo spettatore tra l’inquietudine e l’ammirazione per quest’opera. Il film è tratto dalla triste vicenda realmente accaduta nella Columbine High School il 20 Aprile 1999, quando in una tranquilla giornata scolastica due studenti si presentarono a scuola armati, e aprirono il fuoco su docenti e compagni, uccidendone 12 e ferendone 24.
La ripresa di Gus Van Sant non giudica, mostra semplicemente. Pedina i protagonisti della vicenda, assassini e vittime, come uno spettatore invisibile. E’ superpartes. Inquadra la strage in una cornice di routine, a volte volutamente ostentata. E’ tutto normale.
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Elephant si erge in tutta la sua mole pachidermica, schiacciando lo spettatore tra l’inquietudine e l’ammirazione per quest’opera. Il film è tratto dalla triste vicenda realmente accaduta nella Columbine High School il 20 Aprile 1999, quando in una tranquilla giornata scolastica due studenti si presentarono a scuola armati, e aprirono il fuoco su docenti e compagni, uccidendone 12 e ferendone 24.
La ripresa di Gus Van Sant non giudica, mostra semplicemente. Pedina i protagonisti della vicenda, assassini e vittime, come uno spettatore invisibile. E’ superpartes. Inquadra la strage in una cornice di routine, a volte volutamente ostentata. E’ tutto normale. “Elephant in a room” dicono gli americani, intendendo un problema di grosse dimensioni che pur essendo sotto gli occhi di tutti passa inosservato.
Il film può piacere o non piacere, ma va riconosciuto nella sua perfezione stilistica e nella precisione con cui centra l’obbiettivo prefissato. E’ interessante come non sia possibile affermare con certezza quali siano i killer, tra tutti i ragazzi inquadrati, fin quando questi non acquistano le armi. Non sono così diversi dagli altri. Infine una sottigliezza: un messaggio profondo proviene dal personaggio apparentemente più marginale, Benny, che nella sua breve comparsa si sposta nell’istituto come se si stesse domandando “Che cosa sta succedendo? Qual è il senso di tutto questo?”.
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g. romagna
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giovedì 24 febbraio 2011
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elephant
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La vita di diversi adolescenti, ognuno con il suo disagio, squilibrio o vuoto esistenziale, viene ripresa all'interno di un liceo americano fino a quando due loro coetanei, disadattati ed omosessuali, dopo aver acquistato le armi per posta, decidono di entrare e fare una strage. Un quadro di desolazione in cui i passi delle fighette bulimiche dedite allo shopping compulsivo si intrecciano a quelli della bruttina che si vergogna di mostrare il suo corpo durante l'ora di ginnastica, al ragazzo con padre alcolizzato ed alla coppietta felice e conformista. In questa rappresentazione si uniscono i due massacratori, l'uno affascinato dal Nazismo, l'altro convinto che sia un'ideologia da cretini, l'uno che, a richiamare alla mente l'Alex kubrickiano, suona magistralmente Beethoven al piano, l'altro che lo ascolta mentre ammazza persone in un videogioco sul suo pc portatile.
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La vita di diversi adolescenti, ognuno con il suo disagio, squilibrio o vuoto esistenziale, viene ripresa all'interno di un liceo americano fino a quando due loro coetanei, disadattati ed omosessuali, dopo aver acquistato le armi per posta, decidono di entrare e fare una strage. Un quadro di desolazione in cui i passi delle fighette bulimiche dedite allo shopping compulsivo si intrecciano a quelli della bruttina che si vergogna di mostrare il suo corpo durante l'ora di ginnastica, al ragazzo con padre alcolizzato ed alla coppietta felice e conformista. In questa rappresentazione si uniscono i due massacratori, l'uno affascinato dal Nazismo, l'altro convinto che sia un'ideologia da cretini, l'uno che, a richiamare alla mente l'Alex kubrickiano, suona magistralmente Beethoven al piano, l'altro che lo ascolta mentre ammazza persone in un videogioco sul suo pc portatile. Tutto così sconvolgente, eppure tutto così normale. Un vuoto profondo, un tunnel apparentemente senza uscita che riemerge, drammaticamente e periodicamente, quando il disagio si sfoga in atti di follia così comuni negli USA della scuola Columbine. Qui però Van Sant è capace di andare oltre, e dipinge un mosaico in cui i morti, quelli solitamente definiti "ragazzi normali", di normale hanno ben poco, vittime della società allo stesso modo dei loro carnefici e costrette dalle dinamiche sociali a nascondere sotto il tappeto il loro malessere, rendendosene più o meno conto. Lo stile, scarno e sperimentale, è capace in maniera affascinante di riprendere la normalità della tragicità, anche se risulta meno incisivo che in Gerry. Degno corollario di Bowling For Columbine, l'agghiacciante inchiesta di Michael Moore.
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luci-j
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lunedì 18 ottobre 2010
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un pugno nello stomaco
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Poche volte si può osservare un film e arrivare in fondo con quell'amaro che ti lascia letteralmente ammutolito,Elephant è una di quelle eccezioni,un vero pugno chiuso e pronto a colpire con una violenza pacata e surreale lo spettatore che impietrito avrà a malapena la forza di realizzate che ciò che a visto è il crudo spaccato di una società folle.
Riprendendo il terribile fatto di cronaca riguardante il massacro alla Columbine,Van Sant,riesce e regalare allo spettatore qualcosa di unico. poteva raccontare la prevedibile storia degli aguzzini che,una volta motivate le cause,avviano il massacro e concludendo con una conclusione posteriore alla tragedia.
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Poche volte si può osservare un film e arrivare in fondo con quell'amaro che ti lascia letteralmente ammutolito,Elephant è una di quelle eccezioni,un vero pugno chiuso e pronto a colpire con una violenza pacata e surreale lo spettatore che impietrito avrà a malapena la forza di realizzate che ciò che a visto è il crudo spaccato di una società folle.
Riprendendo il terribile fatto di cronaca riguardante il massacro alla Columbine,Van Sant,riesce e regalare allo spettatore qualcosa di unico. poteva raccontare la prevedibile storia degli aguzzini che,una volta motivate le cause,avviano il massacro e concludendo con una conclusione posteriore alla tragedia.Invece no,decide di trascinare lo spettatore nella routine adolescienziale della scuola,ci abitua alla noia e alla calma che veglia sui protagonisti fino a pochi minuti dalla fine,poi...."Bam" Colpisce in maniera inesorabile e repentina concludendo nella più drammatica rappresentazione del delirio....
Un vero capolavoro!
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1.03.01
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davide_chiappetta
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mercoledì 22 luglio 2009
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nulla di più nulla di meno
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questo film è senza infamia e senza lode, si potrebbe parlare della solita banalità del male, girato con stile freddo e asettico per colpire lo spettatire,era questa tra l'altro l'intenzione di van sant regista poliedrico che non mi ha mai emozionato sul serio,certo questo è un bel passo avanti rispetto alle sue filmografie precedenti, ma in tutta onestà e venuto troppo tardi sull'argomento della banalità del male e del mal di vivere etc, certo questo film lo rivedrei altre volte perche stilisticamente è quasi-perfetto ma se voglio qualcosa che mi angoscia mi vado a vedere i video reali nella rete con il video dei due autori della strage a columbine Eric Harris e Dylan Klebold fatta prima del massacro della scuola, con loro che ridono e si divertono e parlano della loro visione della vita davanti una videocamera amatoriale, vedere quei ragazzi normali che con le armi in pugno mimano scene di raid militari nel loro garage è un discreto pugno allo stomaco o che fanno a pezzi una bicicletta, sapendo che quei due stessi ragazzi faranno fuori molte persone come se fosse un gioco (loro stessi dicevano di essere contro la società contro i ricchi contro i figli vizati di papà con le loro macchine lussuose etc), cosi anche angosciante vedere alcuni squarci di video ripresi da una telecamera a circuito chiuso dell'università di columbine che sparano ai loro compagni di università che si erano nascosti sotto i tavoli.
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questo film è senza infamia e senza lode, si potrebbe parlare della solita banalità del male, girato con stile freddo e asettico per colpire lo spettatire,era questa tra l'altro l'intenzione di van sant regista poliedrico che non mi ha mai emozionato sul serio,certo questo è un bel passo avanti rispetto alle sue filmografie precedenti, ma in tutta onestà e venuto troppo tardi sull'argomento della banalità del male e del mal di vivere etc, certo questo film lo rivedrei altre volte perche stilisticamente è quasi-perfetto ma se voglio qualcosa che mi angoscia mi vado a vedere i video reali nella rete con il video dei due autori della strage a columbine Eric Harris e Dylan Klebold fatta prima del massacro della scuola, con loro che ridono e si divertono e parlano della loro visione della vita davanti una videocamera amatoriale, vedere quei ragazzi normali che con le armi in pugno mimano scene di raid militari nel loro garage è un discreto pugno allo stomaco o che fanno a pezzi una bicicletta, sapendo che quei due stessi ragazzi faranno fuori molte persone come se fosse un gioco (loro stessi dicevano di essere contro la società contro i ricchi contro i figli vizati di papà con le loro macchine lussuose etc), cosi anche angosciante vedere alcuni squarci di video ripresi da una telecamera a circuito chiuso dell'università di columbine che sparano ai loro compagni di università che si erano nascosti sotto i tavoli. Il cinema è cinema, deve avere i personaggi una struttura narrativa un climax che sia forte o no,tensione a ogni sequenza che si tratti di dialogo o azione, Shining la Sottile linea rossa film che cito a caso hanno una loro struttura drammatica ma sono cinema sono sempre nel campo cinematografico, The Blair Witch Project era un film girato con due soldi Elephant un film girato con molti soldi ma tutti e due sono documentari non veri film e tali vanno trattati, Elephant può inserire sottofondo musicale straniante con fotografica predominante al giallo o inserimenti di ambiente naturalistico per disturbare ancor di più lo spettatore, ma resta il fatto che ha ripreso un avvenimento tragico accaduto anni fà, ma non ha aggiunto niente o tolto niente a quello che successe quel giorno a columbine, anche se ha modificato i personaggi sono sempre i due ragazzi Eric e Dylan. Gus Van Sant ha fatto questo diciamo film per impressionare spettatori impressionabili e come ho gia detto e arrivato molto in ritardo, perche un film che tracciò una linea fu il capolavoro i Killer della luna di miele o ancor prima nel 1967 di richard brooks In Cold Blood che ancora ogni tanto mi rivedo, ma il canto del cigno della morte in diretta girato con intelligente ironia (o forse intelligente ironia sadica) e incredibile violenza è il Cameramen e l'Assassino di e con Benoit Poelvoorde che è anche un famoso comico belga (come dire takeschi kitano per il giappone) dopo di loro i film che fanno bang bang non impressionano più, almeno per me (che poi quel film abbia vinto dei premi non vuol dire assolutamente nulla, anzi forse dice che la giuria dovrebbe essre formata piu da gente che ha un pò memoria cinematografica)
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mahleriano
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sabato 4 aprile 2009
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un film su cui riflettere...
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Premetto che da sempre non amo i film in cui si presenti la violenza in modo crudo, come accade in questo, ma non posso negare che qui ci sia un'originalità che ben poco ha a che vedere col voyeurismo di cui ho letto in un altro lunghissimo commento. E a differenza di quel commento trovo invece che il punto di vista della telecamera che incessantemente segue i ragazzi, a replicare il videogame di uno dei futuri assassini, sia un taglio decisamente originale se contestualizzato. Ben poco m'importa della "cattiva educazione" del vedermi mostrare le spalle... Il fatto che quella folle strage sia avvenuta credo meriti almeno un tentativo di risposta. E questo film a mio parere ne dà più di una degna di nota.
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Premetto che da sempre non amo i film in cui si presenti la violenza in modo crudo, come accade in questo, ma non posso negare che qui ci sia un'originalità che ben poco ha a che vedere col voyeurismo di cui ho letto in un altro lunghissimo commento. E a differenza di quel commento trovo invece che il punto di vista della telecamera che incessantemente segue i ragazzi, a replicare il videogame di uno dei futuri assassini, sia un taglio decisamente originale se contestualizzato. Ben poco m'importa della "cattiva educazione" del vedermi mostrare le spalle... Il fatto che quella folle strage sia avvenuta credo meriti almeno un tentativo di risposta. E questo film a mio parere ne dà più di una degna di nota.
Parla innanzitutto di omologazione e discriminazione. Cose forse già viste da sempre. Ma non certo colpa del regista. È il mondo che è fatto così. I ragazzi che in circolo discutono su come si riconoscono i gay, o i ragazzi che durante la lezione di chimica pongono le "domande intelligenti" al simbolo del potere ufficiale (il professore) ma subito dopo si voltano e insozzano un loro compagno a sottolineare quanto in realtà il perbenismo sia spesso la copertura di una semplice e feroce bestialità, ne sono prova lampante. E che quel ragazzo sia per l'appunto gay lo spiega il fugace episodio della doccia, che dunque non è l'ennesimo episodio di voyeurismo del film, ma la spiegazione e il legante degli episodi precedenti. E dunque la motivazione, o perlomeno una delle motivazioni della strage, intesa come vendetta tremenda e malata insieme.
Ma credo ci siano altri spunti di riflessione non indifferenti: la musica ad esempio.
Il futuro assassino suona Beethoven. Ma non sembra che ciò implichi alcunché: nessuna emozione, nessun interrogativo, nessuno stupore, nessun sussulto, nessuna riflessione.
Il protagonista suona e basta, con la stessa disinvoltura con cui qualche minuto dopo si metterà a giocare al fatidico videogioco di cui la telecamera del film emula il comportamento da cima a fondo.
La musica stride con la realtà: non è fonte di arricchimento, ma solo del nulla. Lo stesso nulla e la stessa assoluta stortura con cui i nazisti (cui un accenno viene fatto nel film) a loro tempo ascoltavano Wagner, stravolgendone i significati e adattandola alla loro allucinante follia.
Tutto è sullo stesso piano. Tutto è appiattito. Tutto è "normalmente e ordinariamente alienante".
E dunque, in un animo ormai alienato tutto è pronto per essere accettabile. Anche la strage in cui un uomo vero è indistinguibile da un videogioco. È una crisi di valori profonda quella descritta dal film. Una crisi dove forse la mancanza di emozioni vede nella violenza l'unica emozione suprema.
Un film terribile nelle ultime scene, certo, ma lucido e bello nei significati che vi si possono intravvedere. L'ho trovato ammirevole.
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[+] violenza ovattata
(di arlene machiavelli)
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paride86
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sabato 21 marzo 2009
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luminosamente tragico
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Gus Van Sant racconta la strage della Columbine Hingh School. Lo fa con un film impregnato di grazia verista, ambienti luminosi e lunghi piani sequenza; il regista non dà giudizi né pretende di fare la morale a qualcuno, se non allo spettatore che guarda. La tragedia, così raccontata e descritta, esplode nel quotidiano come un gesto di "ordinaria" follia. Come è stato possibile non accorgersi di un elefante così grosso nella stanza?
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