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folignoli
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martedì 16 agosto 2011
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noir impeccabile
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Il miglior film dei Coen (in questo caso diretto solo da Joel), basato su una sceneggiatura (è stato detto un pò da tutti) impeccabile, fantasiosa e diretta magistralmente. Non c'è nessun punto debole in questo film, tutto viene soppesato per garantire il risultato migliore. Ogni parola, ogni movimento degli attori, ogni inquadratura è frutto di uno studio particolareggiato. Gli autori nel backstage dichiarano che essendo un film lento, ogni inquadratura doveva essere estrememente interessante, per poter reggere l'interesse per molti secondi. Per questo si può notare una bellezza visiva straordinaria, nella composizione della prospettiva di ogni singola immagine.
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Il miglior film dei Coen (in questo caso diretto solo da Joel), basato su una sceneggiatura (è stato detto un pò da tutti) impeccabile, fantasiosa e diretta magistralmente. Non c'è nessun punto debole in questo film, tutto viene soppesato per garantire il risultato migliore. Ogni parola, ogni movimento degli attori, ogni inquadratura è frutto di uno studio particolareggiato. Gli autori nel backstage dichiarano che essendo un film lento, ogni inquadratura doveva essere estrememente interessante, per poter reggere l'interesse per molti secondi. Per questo si può notare una bellezza visiva straordinaria, nella composizione della prospettiva di ogni singola immagine. E se Kubrick, dichiara che in Barry Lindon, ogni inquadrautura ricalca un quadro esistente, in L'uomo che non c'era i Coen, realizzano immagini di opere d'arte ancora da dipingere. La fotografia in bianco e nero, riporta indietro nel tempo, immergendo il film in un contesto assolutamente verosimile agli anni '50. Anche qui gli autori spiegano che il bianco e nero è stata una scelta difficile, da molti a priori criticata: ma una volta finito, dichiarano che L'uomo che non c'era, non avrebbe avuto lo stesso clima, se fosse stato girato a colori.
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bullythekid
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sabato 18 maggio 2002
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il film che c'è!
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I fratelli Coen (Joel alla regia, Ethan alla produzione, insieme alla sceneggiatura), costruiscono magistralmente un noir compatto e imprevedibile, insieme omaggio ai film degli anni 50 (come evoca la magistrale fotografia di Roger Deakis) e amara riflessione sulle piccole cose della vita. Interpretata da un Billy Bob Thortnon al meglio (anche se Frances McDormand non gli è da meno), "L'uomo che non c'era" è una pellicola adulta e inusuale nel panorama cinematografico contemporaneo. Le musiche, come sempre, sono di Carter Buwell e il montaggio lo firmano i fratelli Coen con lo pseudonimo di Ropderyck Jyane.
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paolo
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domenica 16 giugno 2002
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la poesia del reale
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Ed lavora come barbiere nel negozio del fratello della moglie. La sua vita scorre senza problemi ma grigia e monotona. Sua moglie non l'ama più e lo tradisce col suo miglior amico. Lui lo sa ma fa finta di niente. La serie a catena di eventi tragici che alla fine lo porteranno alla forca è iniziata proprio da lui con un tentativo di investimento. Lui uccide l'amante della moglie per legittima difesa ma finirà sulla forca per un delitto commesso proprio dal suo ex amico. Il film rappresenta la realtà il più fedelmente possibile, il cinismo e le debolezze sono messi a nudo ma in modo elegante e non volgare. Un film introspettivo che fa riflettere.
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davide chiappetta
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sabato 4 febbraio 2012
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il solito meccanismo narrativo che non c'era
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L'uomo che non c'era oltre a riferirsi al protagonista principale cioè un barbiere taciturno e all'apparenza 'grigio' che si muove inosservato tra la folla, si riferisce a uno dei personaggi chiave che sparisce dopo aver fatto un affare con il barbiere e che verso la fine del film si scoprirà che fine ha fatto (la scena ricorda in modo univoco una magnifica sequenza con Shelley Winters nello straordinario capolavoro 'The Night of the Hunter' diretto dal grande attore Charles Laughton, e un altra con William Holden in 'Viale del tramonto' un altro indimenticabile capolavoro). Se si sta ben attenti a una conversazione tra Badalucco (il cognato del barbiere) e un suo cliente, si nota come il loro discorso verta sulle auto in particolar modo sull'accellerazione di questi mezzi, cioè sul fatto di non premere all'avvio il pedale fino in fondo altrimenti si ingolferà ma anzi abbassando lentamente l'accelleratore; questa e in sintesi il meccanismo di creazione del film, cioè creando piano piano delle situazioni senza salti narrativi, o a 'singhiozzo' (come direbbero i grandi teorici della narrazione su come si crea il 'drama') in modo che il pubblico attento possa non solo immedesimarsi nella storia e nei personaggi ma posso anche cogliere tutte le sfumature in questo film complesso e bellissimo, che fagocita tutti i topoi dei noir importanti che hanno fatto scuola.
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L'uomo che non c'era oltre a riferirsi al protagonista principale cioè un barbiere taciturno e all'apparenza 'grigio' che si muove inosservato tra la folla, si riferisce a uno dei personaggi chiave che sparisce dopo aver fatto un affare con il barbiere e che verso la fine del film si scoprirà che fine ha fatto (la scena ricorda in modo univoco una magnifica sequenza con Shelley Winters nello straordinario capolavoro 'The Night of the Hunter' diretto dal grande attore Charles Laughton, e un altra con William Holden in 'Viale del tramonto' un altro indimenticabile capolavoro). Se si sta ben attenti a una conversazione tra Badalucco (il cognato del barbiere) e un suo cliente, si nota come il loro discorso verta sulle auto in particolar modo sull'accellerazione di questi mezzi, cioè sul fatto di non premere all'avvio il pedale fino in fondo altrimenti si ingolferà ma anzi abbassando lentamente l'accelleratore; questa e in sintesi il meccanismo di creazione del film, cioè creando piano piano delle situazioni senza salti narrativi, o a 'singhiozzo' (come direbbero i grandi teorici della narrazione su come si crea il 'drama') in modo che il pubblico attento possa non solo immedesimarsi nella storia e nei personaggi ma posso anche cogliere tutte le sfumature in questo film complesso e bellissimo, che fagocita tutti i topoi dei noir importanti che hanno fatto scuola. Nel corso del film si nota soprattutto il tema del doppio e del ritorno, infatti molte situazioni vengono viste due volte: il tribunale, la visita a Gandolfini, l'appuntamento con l'imprenditore Jon Polito (con quei baffetti straordinariamente somigliante al wellesiano Akim Tamiroff), le passeggiate dei passanti anonimi su un marciapiede, l'avvocato difensore al tribunale, il viaggio in auto con la ragazza la visita dell'Fbi al barbiere etc. la seconda volta però porta alla tragedia inaspettata. Notevole anche quel che succede fuori il flusso visivo e rivelato dopo pochi minuti o addirittura pochi secondi come l'arma nella mano del barbiere dopo averlo infilato nel collo di Gandolfini subito dopo lo si vede(un coltellino), il ritrovarsi su un letto d'ospedale (dopo l'incidente d'auto avuto assieme alla ragazza) con l'Fbi che lo accusa per tutt'altra cosa cioè la morte dell'imprenditore, l'udienza sospesa con la straordinaria stringatissima scena successiva che spiega con una voce fuoricampo la tragedia avvenuta etc.
D'altronte con la messa in scena che mostra e nasconde al momento opportuno (ovviamente da parte dei demiurghi fratelli registi/sceneggiatori) i fratelli Cohen pare vogliano avvicinarsi in senso filosofico ciò che in modo scentifico il fisico tedesco Heisenberg (citato dall'avvocato Tony Shalhoub) ebbe a dire con 'il principio d'indeterminazione', cioè nel momento ti avvicini a un evento lo stesso avvicinamento modifica già la disposizione dell'evento (secondo il principio di indeterminazione è impossibile determinare con esattezza e simultaneamente la posizione e la velocità di un elettrone quanto è colpito da un fotone, visto che il fotone ne modifica in un certo grado la posizione), per questo nel film la causa ed effetto è svolto in modo brillante e originale, non nei soliti modi scontati.
Note: Nel film si vede un hotel di nome "the Hobert Arms", lo stesso nome dell’albergo in cui Philip Marlowe alloggia ne "Il grande sonno")
Il nome del personaggio di Tony Shalhoub, Riedenschneider, è un omaggio al personaggio di Sam Jaffe in "Giungla d’asfalto".
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fabal
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lunedì 18 agosto 2014
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superiore anche a fargo
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Un semplice barbiere è in cerca di riscatto, o forse di visibilità: quando gli si presenta la possibilità di investire nel "sicuro" affare del lavaggio a secco, Ed deve trovare diecimila dollari. Il piano per ottenerli sembra infallibile, ma le cose degenerano. Fino alla tragedia.
Più che un abbozzo di trama, questo è l'archetipo narrativo del giallo targato Coen: il crimine fatto in casa, artigianale, è lo stesso di Fargo e dell'inetto William Macy. A far la parte del delinquente improvvisato ci pensa ora l'ottimo Billy Bob Thornton, che non sembra neanche tanto stupido quando pianifica un ricatto ai danni della stessa moglie, il premio Oscar Frances Mc Dormand.
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Un semplice barbiere è in cerca di riscatto, o forse di visibilità: quando gli si presenta la possibilità di investire nel "sicuro" affare del lavaggio a secco, Ed deve trovare diecimila dollari. Il piano per ottenerli sembra infallibile, ma le cose degenerano. Fino alla tragedia.
Più che un abbozzo di trama, questo è l'archetipo narrativo del giallo targato Coen: il crimine fatto in casa, artigianale, è lo stesso di Fargo e dell'inetto William Macy. A far la parte del delinquente improvvisato ci pensa ora l'ottimo Billy Bob Thornton, che non sembra neanche tanto stupido quando pianifica un ricatto ai danni della stessa moglie, il premio Oscar Frances Mc Dormand. Ma quanto da una parte sono freddi e privi di affetti, i personaggi dei Coen si trovano a scivolare in ingenuità altrettanto clamorose, fino alla perdita di controllo sugli eventi, sulla stessa realtà.
L'uomo che non c'era è forse la più schietta esposizione del sostanziale nichilismo che pervade ogni lavoro dei registi, dove la ricerca di un senso per gli avvenimenti è vana. Priva di contenuto, di un disegno finale, la forma di L'uomo che non c'era è invece perfetta, squisitamente confezionata, e non solo per l'azzeccata scelta del bianco e nero. A costruire l'ottima cornice noir ci pensano la voce fuori campo del protagonista, i primissimi piani in chiaroscuro spesso annebbiati dal fumo di sigaretta. Fotografia perfetta e soluzioni registiche creative, prive comunque di esasperazioni gratuite. Perché la bravura dei Coen sta nel rendersi immediatamente riconoscibili, senza fare della regia un puro esercizio di stile. Più che altro un gioco, che si diverte ad esaltare i dettagli, reali come i capelli dei clienti o visionari come il disco volante, senza che nessuno di questi possa realmente contribuire alla ricerca di un senso finale. Che non c'è. Il finale è tragico, ma sempre con velata ironia.
Forse il miglior film della coppia, ottimamente interpretato da un cast di livello, in cui compare anche una giovanissima Scarlett Johansson. Superiore anche a Fargo che vinse un Oscar per la sceneggiatura, l'unico limite è implicito nel titolo. A L'uomo che non c'era manca effettivamente qualcosa da aggiungere al predecessore, qualcosa che possa esprimere una crescita morale dell'individuo. Che non c'è.
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johngarfield
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giovedì 9 febbraio 2017
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c'è camus da queste parti
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Capolavoro, senza se o ma. Il senso di estraneità a questo mondo del protagonista ci immerge nell'universo camusiano e ci inquieta. Non è l'assenza di fiducia nella società, ma qualcosa di peggio: la consapevolezza che non c'è più nulla che abbia senso in questo mondo. Se tutto è assurdo, vengono a mancare i punti di riferimento morali e razionali. Posso quindi compiere le mie azioni non in base a leggi proprie o create, ma a impulsi, più o meno sensati. Il protagonista ci offre un"interpretazione assolutamente in linea con l'impostazione ideologica del film. Il tutto è fotografato in modo fenomenale, facendoci calare in una società americana del secondo dopoguerra con un'atmosfera noir che è direttamente coerente con l'idea dell'assurdità della vita.
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Capolavoro, senza se o ma. Il senso di estraneità a questo mondo del protagonista ci immerge nell'universo camusiano e ci inquieta. Non è l'assenza di fiducia nella società, ma qualcosa di peggio: la consapevolezza che non c'è più nulla che abbia senso in questo mondo. Se tutto è assurdo, vengono a mancare i punti di riferimento morali e razionali. Posso quindi compiere le mie azioni non in base a leggi proprie o create, ma a impulsi, più o meno sensati. Il protagonista ci offre un"interpretazione assolutamente in linea con l'impostazione ideologica del film. Il tutto è fotografato in modo fenomenale, facendoci calare in una società americana del secondo dopoguerra con un'atmosfera noir che è direttamente coerente con l'idea dell'assurdità della vita. Sappiamo bene cosa c'è alla base del noir (le ansie dei registi mitteleuropei, la 'caccia alle streghe' del maccartismo e la guerra fredda) e cosa significano i suoi chiaroscuri, il pessimismo, la paranoia di certe trame ecc. Temi che andrebbero approfonditi. Un grande film.
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luca percival
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martedì 8 ottobre 2024
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domino
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Un meraviglioso affresco fatalista dei Coen che racconta la (non) vita di un altrettanto luccicante Thornton. La situazione che gli si presenta è tanto semplice quanto banale: un lavoro ordinario, una comfort zone raggiunta, una moglie che lo tradisce e una predisposizione capitalista al sogno americano. E gli risulterà fatale, appunto. Ed Crane cede alla proposta truffaldina di uno pseudo-imprenditore capitatogli in negozio e questa scelta, innescherà una serie di conseguenze inaspettate (e di gravi entità) rese su schermo in modo impeccabile dai Coen in primis e dagli attori sulla scacchiera poi. Il grande sunto è "l'uomo che non c'è" perchè intrappolato nel nulla cosmico della sua esistenza, che fortuitamente rinsavisce agendo, spostando equilibri e di fatto, scombussolando lo schema delle vite altrui (oltre che la sua).
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Un meraviglioso affresco fatalista dei Coen che racconta la (non) vita di un altrettanto luccicante Thornton. La situazione che gli si presenta è tanto semplice quanto banale: un lavoro ordinario, una comfort zone raggiunta, una moglie che lo tradisce e una predisposizione capitalista al sogno americano. E gli risulterà fatale, appunto. Ed Crane cede alla proposta truffaldina di uno pseudo-imprenditore capitatogli in negozio e questa scelta, innescherà una serie di conseguenze inaspettate (e di gravi entità) rese su schermo in modo impeccabile dai Coen in primis e dagli attori sulla scacchiera poi. Il grande sunto è "l'uomo che non c'è" perchè intrappolato nel nulla cosmico della sua esistenza, che fortuitamente rinsavisce agendo, spostando equilibri e di fatto, scombussolando lo schema delle vite altrui (oltre che la sua). La regia è la classica dei fratelli, pulita e totalmente focalizzata nella catarsi delle interpretazioni che si mescola perfettamente alla colonna sonora tanto ripetitiva, quanto efficace nel messaggio che vuole lanciare. Un adolescente Scarlett Johansson, ricorderà al protagonista per l'intera durata della pellicola, che c'è sempre un filo di luce nel buio.
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cianoz
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domenica 25 novembre 2012
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opera magnifica con un b. bob thornton superlativo
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I fratelli Coen danno un altra dimostrazione di maestria. L'uomo che non c'era è un film di rara bellezza e per il quale si faticano a trovare parole di elogio che ne siano all'altezza, tanto è particolare. Tanto per cominciare il bianco e nero; un bianco e nero che spiazza, nel mondo colorato di oggi, ma che subito affascina. L'atmosfera è particolare, affascinante, sorretta da una voce narrante, quella dello stesso protagonista, che ti trasporta quasi avvolgendoti in una dimensione che sembra fuori dal mondo e dal tempo, ma con un forte senso di realtà. I dialoghi sono magnifici, di una calma e precisione che ti fanno gustare tutto nei minimi particolari.
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I fratelli Coen danno un altra dimostrazione di maestria. L'uomo che non c'era è un film di rara bellezza e per il quale si faticano a trovare parole di elogio che ne siano all'altezza, tanto è particolare. Tanto per cominciare il bianco e nero; un bianco e nero che spiazza, nel mondo colorato di oggi, ma che subito affascina. L'atmosfera è particolare, affascinante, sorretta da una voce narrante, quella dello stesso protagonista, che ti trasporta quasi avvolgendoti in una dimensione che sembra fuori dal mondo e dal tempo, ma con un forte senso di realtà. I dialoghi sono magnifici, di una calma e precisione che ti fanno gustare tutto nei minimi particolari. Così come la fotografia e le luci. Tutti i personaggi sono magnificamente impersonati e la storia, già perché c'è anche questa, è ben congegnata e si sviluppa in modo coinvolgente. Sopra tutti svetta comunque un Billy Bob Thornton superlativo, un attore di rara bravura che in questo caso sembra essere stato adagiato in un contesto che sembra essere stato creato apposta per lui, tanto è a suo agio.
E' un film da rivedere più volte, perché ogni volta si colgono particolari e sfumature nuovi, magari anche in lingua originale (anche se il doppiaggio italiano è decisamente ben fatto), perché la voce bassa di Ed Crane / Thornton in inglese impreziosisce ancor di più un opera di per se perfetta già per tutto il resto.
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shiningeyes
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giovedì 4 aprile 2013
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gran sceneggiatura, anche se poco mutevole.
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Non c'è che dire, i fratelli Coen ci stupiscono sempre.
Dalle opere di sapore agrodolce come “Fargo” e “Il grande Lebowski” passano ad opere di stampo dismesso e malinconico come questo “L'uomo che non c'era”.
Eh si, perché nonostante il loro stile pessimistico sia ben visibile in questa pellicola, ci sta comunque un cambiamento, riscontrabile nella notevole serietà che pervade il film.
Lo spessore psicologico dei personaggi è ben delineato come sempre, e l'andamento del film sembra un mutare lento lento, come se faticasse ad imprimersi la svolta, cosa strana per un film loro; ciò nonostante siamo di fronte ad una sceneggiatura ben congegnata e di abile fattura, come se dai Coen ci si aspettasse roba noiosa.
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Non c'è che dire, i fratelli Coen ci stupiscono sempre.
Dalle opere di sapore agrodolce come “Fargo” e “Il grande Lebowski” passano ad opere di stampo dismesso e malinconico come questo “L'uomo che non c'era”.
Eh si, perché nonostante il loro stile pessimistico sia ben visibile in questa pellicola, ci sta comunque un cambiamento, riscontrabile nella notevole serietà che pervade il film.
Lo spessore psicologico dei personaggi è ben delineato come sempre, e l'andamento del film sembra un mutare lento lento, come se faticasse ad imprimersi la svolta, cosa strana per un film loro; ciò nonostante siamo di fronte ad una sceneggiatura ben congegnata e di abile fattura, come se dai Coen ci si aspettasse roba noiosa...
Sicuramente è affascinante e suggestivo il B/N, chiaro omaggio dei Coen sui vecchi film noir, e devo dire che sebbene sia stato girato agli inizi del duemila, la meticolosità nel ricreare l'atmosfera anni 40 è così ben fatta che potrebbe passare bene come un film di quegli anni; il tutto poi è coronato da una bellissima fotografia, sempre ad opera del bravissimo e fidatissimo Roger Deakins.
Anche per quanto riguarda le prove degli attori c'è ne è da parlar bene: il compassato Thornton è immensamente bravo in questo film, riesce a trasportarci nei pensieri e malinconie del suo personaggio(Ed Crane),in modo decisamente naturale; Frances McDormand si dimostra ancora una volta un'ottima interprete, rivestendo benissimo i panni dell'infelice moglie di Ed Crane; James Gandolfini, anche se non compare tanto, fa leva sulla sua solita prova di qualità.
Indubbiamente è un film girato con grande perizia sotto la cura di ogni minimo dettaglio, il solo difetto che trovo è nella fin troppa staticità che dopo un po' stufa nel proseguire della visione, che se non altro è applicabile nella bella trama, che proprio per questa staticità sembra cambiare poco.
Comunque sia, la trovo un ottimo tassello della fantastica filmografia dei fratelli Coen, che sanno come cambiare pelle rimanendo sulla loro proverbiale bravura.
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jacopo b98
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venerdì 4 luglio 2014
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uno dei più riusciti film dei coen
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Un annoiato barbiere (Thornton) di mezza età scopre che la moglie (McDormand) lo tradisce con un altro uomo (Gandolfini). Decide di ricattare l’amante, ma accidentalmente lo uccide. La moglie del barbiere viene arrestata essendo sospettata per omicidio, ma la donna si suicida in carcere… L’uomo che non c’era è un film curioso all’interno dell’itinerario cinematografico dei Coen (ufficialmente scrivono insieme, Joel dirige e Ethan produce, ma alla fine queste divisioni sono solo formali, per un autentico lavoro a quattro mani in tutti i campi! Con Ladykillers infatti anche ufficialmente cominceranno a fare tutto insieme).
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Un annoiato barbiere (Thornton) di mezza età scopre che la moglie (McDormand) lo tradisce con un altro uomo (Gandolfini). Decide di ricattare l’amante, ma accidentalmente lo uccide. La moglie del barbiere viene arrestata essendo sospettata per omicidio, ma la donna si suicida in carcere… L’uomo che non c’era è un film curioso all’interno dell’itinerario cinematografico dei Coen (ufficialmente scrivono insieme, Joel dirige e Ethan produce, ma alla fine queste divisioni sono solo formali, per un autentico lavoro a quattro mani in tutti i campi! Con Ladykillers infatti anche ufficialmente cominceranno a fare tutto insieme). Non che non ci siano alcune caratteristiche salienti del loro cinema, non mancano infatti i personaggi buffi e le loro classiche macchiette grottesche, ma si tratta comunque di un’opera estremamente triste e malinconica. A partire già solo dalle scelte musicali: i concerti per pianoforte Beethoven in primis. Ed essi donano al film un’atmosfera tutta sua, cui dona molto anche la meravigliosa fotografia in bianco e nero di Roger Deakins e l’interpretazione sotto le righe di Billy Bob Thornton: una grande performance. Il film è fondamentalmente sublime: triste, malinconico, tuttavia non privo di qualche sprizzo di umorismo coeniano al 100%. E la sceneggiatura dei due fratelli è una delle più riuscite della loro carriera: è la prima volta che si abbandonano del tutto al noir, ma allo stesso tempo, specie nella seconda parte riescono a trasformare il loro film in qualcosa che travalica i confini di genere per diventare un film umano sull’uomo e sulle sue debolezze. Perché il personaggio del protagonista è proprio questo alla fin fine: un debole, un uomo incapace persino di andare fino in fondo con le scelte fatte da lui. Ed è allo stesso tempo un personaggio sfortunato, in tutto e per tutto: finisce sulla sedia elettrice per un omicidio che non ha commesso, e uccide l’amante della moglie in fondo per difesa personale. E, pur essendoci una buona percentuale d’immoralità nelle azioni dell’uomo, alla fin fine non si può non provare una certa pena, una pietà finale, per questo ennesimo sfigato uscito dal genio dei due fratelli registi. E L’uomo che non c’era, pur essendo un film “diverso” si rivela essere uno dei più riusciti dei Coen. D’altra parte a giudizio di chi scrive il loro film migliore in assoluto è Non è un paese per vecchi, altra eccezione nella loro filmografia. A Cannes 2001, dove era in concorso, vinse il Premio per la Regia, ex-aequo con Mulholland Drive di David Lynch.
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