Film del 2001 di Tsai Ming Liang con un plot suggestivo, scritto dallo stesso regista, basato su un entanglement quantistico spirituale che coinvolge due giovani taiwanesi.
Le vite dei due, dopo un breve fortuito incontro, proseguono in modo parallelo e sebbene distanti sono ormai invisibilmente collegate, per cui le cose che accadono al ragazzo, rimasto a Taipei a vendere orologi per strada e ad elaborare il lutto del padre con una madre superstiziosa e instabile, si riflettono specularmente nella vita della studentessa partita per un viaggio a Parigi che sarebbe dovuto essere di piacere e che finisce invece per rivelarle quanto sia sola e depressa, e viceversa.
Lo stile di ripresa, con inquadrature fisse alla Ozu, e la apparente mancanza totale di azione, dal momento che la stessa si svolge quasi sempre sullo sfondo, lasciando immobili i due protagonisti in primo piano, contribuiscono alla sensazione del lento scorrere del tempo, rappresentato icasticamente dalle decine di orologi che compaiono nel film.
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Film del 2001 di Tsai Ming Liang con un plot suggestivo, scritto dallo stesso regista, basato su un entanglement quantistico spirituale che coinvolge due giovani taiwanesi.
Le vite dei due, dopo un breve fortuito incontro, proseguono in modo parallelo e sebbene distanti sono ormai invisibilmente collegate, per cui le cose che accadono al ragazzo, rimasto a Taipei a vendere orologi per strada e ad elaborare il lutto del padre con una madre superstiziosa e instabile, si riflettono specularmente nella vita della studentessa partita per un viaggio a Parigi che sarebbe dovuto essere di piacere e che finisce invece per rivelarle quanto sia sola e depressa, e viceversa.
Lo stile di ripresa, con inquadrature fisse alla Ozu, e la apparente mancanza totale di azione, dal momento che la stessa si svolge quasi sempre sullo sfondo, lasciando immobili i due protagonisti in primo piano, contribuiscono alla sensazione del lento scorrere del tempo, rappresentato icasticamente dalle decine di orologi che compaiono nel film.
Il riferimento a Truffaut ed in particolare a I 400 colpi, le cui immagini sono proposte in modo insistito e ripetuto, appare piuttosto gratuito, forse soltanto un omaggio da cinefilo del regista cinese al genio francese, sottintendendo il desiderio di un entaglement spirituale tra Liang e Truffaut simile a quello dei due protagonisti, o, infine, un semplice escamotage nello script per introdurre il cammeo di Jean Perre Leaud che si presta a una comparsata spiritosa come contraltare ad un interesse puramente strumentale per il cinema francese del giovane ambulante che vuole vedere soltanto un film qualsiasi girato a Parigi.
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