tomdoniphon
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sabato 26 luglio 2014
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herzog e il suo "doppio"
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Nella storia del cinema ci sono incontri destinati a diventare mitici (John Ford - John Wayne, Kurosawa - Mifune, Scorsese - De Niro, etc..). Herzog - Kinski è uno di questi. In questo film, attraverso inediti dietro le quinte, materiali di repertorio ed interviste, il regista tedesco Werner Herzog analizza lo straordinario e tormentato rapporto lavorativo che lo ha legato con il grande attore Klaus Kinski, interprete di cinque suoi film ("Il nostro rapporto creativo era talmente forte che ho sentito l'esigenza di girare un film sulle nostre lotte, sulla nostra amicizia e sulla nostra sfiducia"). Lo studio della personalità egocentrica (per usare un eufemismo) di Kinski conduce infatti inevitabilmente a svelare il cinema ossessivo di Herzog, incentrato, come è noto, sulla continua sfida a superare se stesso.
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Nella storia del cinema ci sono incontri destinati a diventare mitici (John Ford - John Wayne, Kurosawa - Mifune, Scorsese - De Niro, etc..). Herzog - Kinski è uno di questi. In questo film, attraverso inediti dietro le quinte, materiali di repertorio ed interviste, il regista tedesco Werner Herzog analizza lo straordinario e tormentato rapporto lavorativo che lo ha legato con il grande attore Klaus Kinski, interprete di cinque suoi film ("Il nostro rapporto creativo era talmente forte che ho sentito l'esigenza di girare un film sulle nostre lotte, sulla nostra amicizia e sulla nostra sfiducia"). Lo studio della personalità egocentrica (per usare un eufemismo) di Kinski conduce infatti inevitabilmente a svelare il cinema ossessivo di Herzog, incentrato, come è noto, sulla continua sfida a superare se stesso. Nella storia del cinema, nessuno come Herzog si è messo fisicamente al servizio di imprese difficili o disperate come le sue. Del resto, non è un caso che, a partire dalla morte di Kinski (1991), Herzog non ha più girato le pellicole ambiziose di un tempo (preferendo realizzare quasi esclusivamente magnifici documentari sul rapporto che lega l'uomo e la natura). Herzog non vuole mostrare soltanto gli aspetti più cupi (e, purtroppo, più noti al grande pubblico) del carattere di Kinski, ma anche il suo lato più umano: "una persona piena di ironia, calore, amore e generosità". Ciò emerge, in particolare, nel finale del film (uno dei più commoventi e teneri del Cinema), in cui Kinski gioca dolcemente con una farfalla. Quanto alla bravura di Kinski, è sufficiente citare lo stesso Herzog: "Klaus è stato uno dei più grandi attori cinematografici del secolo.. Sapeva davvero tanto di cinema, di illuminazione cinematografica, del mestiere dell'attore, di coreografia del corpo sullo schermo. Kinski creava un clima di incondizionata professionalità in ogni set in cui era impegnato e non lasciava che io derogassi". In conclusione, va osservato che, dei cinque film girati insieme, il migliore è senz'altro "Aguirre furore di Dio", uno dei massimi capolavori del cinema mondiale.
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giulio andreetta
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lunedì 22 giugno 2020
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un documento prezioso
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Un documento di valore inestimabile è quello che ci offre il regista Werner Herzog: spezzoni di film, testimonianze inedite, interviste, riprese di backstage riescono a offrire un resoconto completo di un rapporto di amicizia e di stima reciproca estremamente singolare e turbolento, che si venne a creare tra Herzog stesso e il grande attore Klaus Kinski. Emerge, in questo lavoro, tutta la genialità e la creatività di Kinski come attore, e tuttavia, come si è detto, è pure evidenziato il legame di amicizia con Herzog, carico di momenti di incomprensione e di veri e propri litigi, che spesse volte hanno seriamente compromesso, o momentaneamente interrotto, la fase di produzione filmica per alcune pellicole del regista tedesco.
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Un documento di valore inestimabile è quello che ci offre il regista Werner Herzog: spezzoni di film, testimonianze inedite, interviste, riprese di backstage riescono a offrire un resoconto completo di un rapporto di amicizia e di stima reciproca estremamente singolare e turbolento, che si venne a creare tra Herzog stesso e il grande attore Klaus Kinski. Emerge, in questo lavoro, tutta la genialità e la creatività di Kinski come attore, e tuttavia, come si è detto, è pure evidenziato il legame di amicizia con Herzog, carico di momenti di incomprensione e di veri e propri litigi, che spesse volte hanno seriamente compromesso, o momentaneamente interrotto, la fase di produzione filmica per alcune pellicole del regista tedesco. Ne emerge il resoconto di una situazione sicuramente critica da gestire sotto il profilo interpersonale, non solo per i due artisti, ma anche per le varie maestranze coinvolte nella realizzazione dei film. Tuttavia, allo stesso tempo, quello di Herzog è un ritratto sincero, non retorico, non celebrativo - e per queste ragioni molto più credibile, molto più reale - di un attore che esprimeva la sua ansia creativa e di perfezionamento con atteggiamenti turbolenti o polemici. Ma, tra le righe, affiora il grande dolore per la scomparsa dell'amico - che è difficilmente dissimulato dal regista - nei momenti in cui Herzog rievoca Kinski con voce flebile e scandita lentamente. E tutto ciò non fa che sottolineare un tentativo, sicuramente riuscito, di rimanere per così dire coi piedi per terra e di evitare inutili enfasi celebrative o panegirici di compianto. In questo modo la figura di Kinski sembra stagliarsi in tutta la sua solitaria grandezza, con tutte le sue contraddizioni e la sua complessità. Bisogna ringraziare Herzog per questo documentario, che illumina una parte di esistenza, più privata e personale, del grande Klaus Kinski, e in questo senso il film ha anche un enorme valore di documentazione per coloro che vogliano approfondire nel dettaglio la biografia dell'attore, e dello stesso Herzog. Il film, c'è da aggiungere, è pure una miniera inesauribile di informazioni per chi fosse interessato a compiere ricerche sull'opera di Herzog e sulla sua poetica cinematografica.
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carloalberto
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martedì 12 gennaio 2021
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connubio perfetto di logos e pathos
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Herzog prende commiato per l’ultima volta nostalgicamente dall’amico nemico, protagonista di cinque dei suoi film, tributandogli un omaggio privo di retorica o di quella falsa ossequiosità che di solito si riserva ai morti, specialmente se sono stati dei grandi artisti. Il risultato è un ritratto impietoso ed insieme appassionato e commovente di Kinski, sempre debordante, istrionico, forse folle, nelle immagini iniziali ripreso mentre inveisce contro il pubblico accorso ad una sua piece teatrale alla fine forse della rappresentazione di un Gesù non convenzionale.
E’ la confessione di un amore odio ai limiti della passionalità erotica, dove si mescola al desiderio del possesso e del dominio totale dell’altro il proposito omicidiario, un connubio artistico straordinario di Eros e Thanatos che si sublima nella creazione filmica.
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Herzog prende commiato per l’ultima volta nostalgicamente dall’amico nemico, protagonista di cinque dei suoi film, tributandogli un omaggio privo di retorica o di quella falsa ossequiosità che di solito si riserva ai morti, specialmente se sono stati dei grandi artisti. Il risultato è un ritratto impietoso ed insieme appassionato e commovente di Kinski, sempre debordante, istrionico, forse folle, nelle immagini iniziali ripreso mentre inveisce contro il pubblico accorso ad una sua piece teatrale alla fine forse della rappresentazione di un Gesù non convenzionale.
E’ la confessione di un amore odio ai limiti della passionalità erotica, dove si mescola al desiderio del possesso e del dominio totale dell’altro il proposito omicidiario, un connubio artistico straordinario di Eros e Thanatos che si sublima nella creazione filmica.
Il regista e l’attore, chi è che dirige il gioco, chi si piega al ruolo passivo dell’esecutore di ordini, chi padroneggia l’altro soggiogandolo con il proprio carisma. Herzog e Kinski, il Logos ed il Pathos dell’Arte, che si combattono avvinghiandosi stretti in un abbraccio che sarebbe potuto essere mortale ed invece ha prodotto delle opere immortali. Ci siamo scontrati nella battaglia della vita dirà Kinski, non era quindi il set di Aguirre, furore di Dio o di Fitzcarraldo l’agone dove si misuravano le forze immani dei due eroi dai connotati epici, figure emblematiche della moderna mitologia del cinema, a metà strada tra l’Ettore e Achille omerici e l’Eurialo e Niso virgiliani, bensì la vita stessa, che per un vero artista sono la medesima cosa.
Le sfuriate improvvise ed interminabili di Kinski, scatenate da un nonnulla, sotto lo sguardo attonito degli indios ammutoliti, sui set dell’Amazzonia, la sciabola di scena calata con violenza sul capo di una comparsa, fortunatamente coperto da un elmo, ed il primo incontro nella vecchia casa di Herzog che compare all’inizio del film, visitata dal regista nella rievocazione della propria adolescenza ed il ricordo di un giovane Kinski, già invasato e posseduto dal sacro fuoco dell’arte, la memoria di un uomo gentile nelle parole dell’attrice Eva Mattes, che lo affiancò nel bellissimo Woyzeck, tutto si ricompone armoniosamente, pacificandosi poeticamente, nell’ultima sequenza, nella quale il grande attore è ripreso mentre gioca con una farfalla che sembra non volerlo più abbandonare.
La tenerezza di un uomo violento e distruttivo che si mostra indifeso come un bambino di fronte alla telecamera, stupito e felice dal tocco leggero dell’essere più fragile e bello della terra, è l’ultima immagine dell’attore, quella che Herzog vuole serbare nel proprio cuore e tramandare agli altri, consegnata per sempre alla storia del cinema, attraverso il mezzo che li ha uniti e divisi tante volte nella vita o nell’arte, il che è lo stesso.
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