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jonnylogan
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venerdì 17 maggio 2024
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fino a qui tutto bene
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È la storia di una società che precipita. E che mentre sta precipitando si ripete, per farsi coraggio:
"Fino a qui tutto bene."
"Fino a qui tutto bene."
"Fino a qui tutto bene. " ...
Nel 1995 il secondo lungometraggio firmato dall'allora 27enne Mathieu Kassovitz arrivò al centro dello stomaco, non solo francese ma di tutto il mondo, come un pugno scoccato con foga e precisione. Il regista parigino traendo spunto da un fatto di cronaca che realmente sconfinò in tragedia, con la morte di un ragazzo (Makome M’Bowole) assassinato per errore dalle forze dell’ordine, decise di rimodellare la notizia a uso di una narrazione girata prima a colori e poi trasformata in bianco e nero, per rendere ancor più livida l’esistenza e il destino dei protagonisti, decidendo di ghettizzarli da tutto e tutti all’interno di uno dei numerosi quartieri dormitorio della capitale francese, riuscendo nel suo intento grazie all’aiuto di caratteristi che già lo avevano seguito in Meticcio (Métisse; 1993) il suo primo lungometraggio, incentrato sempre sul mondo delle minoranze, e fra i quali è impossibile non notare un giovane Vincent Cassel nel ruolo di Vinz, rissoso al punto di litigare anche con la propria immagine.
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È la storia di una società che precipita. E che mentre sta precipitando si ripete, per farsi coraggio:
"Fino a qui tutto bene."
"Fino a qui tutto bene."
"Fino a qui tutto bene. " ...
Nel 1995 il secondo lungometraggio firmato dall'allora 27enne Mathieu Kassovitz arrivò al centro dello stomaco, non solo francese ma di tutto il mondo, come un pugno scoccato con foga e precisione. Il regista parigino traendo spunto da un fatto di cronaca che realmente sconfinò in tragedia, con la morte di un ragazzo (Makome M’Bowole) assassinato per errore dalle forze dell’ordine, decise di rimodellare la notizia a uso di una narrazione girata prima a colori e poi trasformata in bianco e nero, per rendere ancor più livida l’esistenza e il destino dei protagonisti, decidendo di ghettizzarli da tutto e tutti all’interno di uno dei numerosi quartieri dormitorio della capitale francese, riuscendo nel suo intento grazie all’aiuto di caratteristi che già lo avevano seguito in Meticcio (Métisse; 1993) il suo primo lungometraggio, incentrato sempre sul mondo delle minoranze, e fra i quali è impossibile non notare un giovane Vincent Cassel nel ruolo di Vinz, rissoso al punto di litigare anche con la propria immagine.
Il film grazie a questi accorgimenti seppe con grande rabbia e precisione narrare cosa significasse, e cosa significhi anche oggi, vivere nelle banlieue degradate e abbandonate dalle istituzioni. Un odio divenuto prima di tutto un grido contro le forze dell’ordine, viste come servi del potere e autori di un possibile omicidio, e solo successivamente da manifestare nei confronti del destino dei tre protagonisti che vedono la vita di Parigi come un’entità a sé stante, irraggiungibile e aliena, a causa anche di una distanza da dover coprire in molte ore per raggiungere i luoghi più centrali della capitale, abitati da persone che come dice Saïd:
“Sono molto gentili e ben educate, non come quelle del nostro quartiere”.
Si respira nel complesso aria di grande cinema impreziosito da numerose citazioni delle pellicole che hanno saputo influenzare il regista: da Taxi Driver (id.; 1976), con Cassel di fronte allo specchio del bagno a imitare Robert De Niro, fino a Fuori Orario (After Hours; 1985) pellicola sempre diretta da Martin Scorse, il cui riferimento è l’impossibilità, per i tre protagonisti, di riuscire a tornare a casa.
Film di denuncia nuovamente disponibile in sala in questi giorni, grazie a un lavoro di restauro in 4K. Imperdibile e pluripremiato da critica e pubblico e che all'epoca raccolse numerose critiche per la violenza con la quale è descritta la polizia francese, ma che ha anche il pregio di non voler giustificare nemmeno gli abitanti delle banlieue.
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f.vassia 81
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sabato 4 giugno 2022
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la banlieue
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Fotografato in un bianco e nero carico di soffusa amrezza, un crudo ed esaustivo squarcio sulla desolazione,la frustrazione, la violenza e la rabbia repressa che caratterizzano la banlieue parigina, diretto con uno stile studiatissimo, ricco di trovate brillanti e fulminanti, spesso ironiche ma mai debordanti; ed è davvero incisiva la direzione degli attori, sapientemente manovrati perché il loro rapporto con la scenografia e le squallide location sia altamente significante. Assolutamente penetranti alcuni primi piani, e fenomenale la scena ambientata nei gabinetti pubblici, vera e propria pillola di surreale filosofia.
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blowup
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martedì 15 febbraio 2022
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più che l''odio, la noia
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Può un film noioso da morire essere bello? Io dico di no. Il cinema, come forma espressiva, è indissolubilmente legata allo spettacolo. Qui assistiamo per un'ora e mezza ad una noiosissima giornata di tre ragazzi che bighellonano per tutto il giorno, non facendo nè dicendo nulla che valga la pena ricordare. La descrizione dello spaccato è ineccepibile, ma per arrivare a questo non è necessario farti addormentare! Basta pensare alle periferie di Gomorra e Dogman, altrettanto perfettamente tratteggiate, ma all'interno di una narrazione avvincente.
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dandy
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martedì 23 novembre 2021
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"l''odio genera odio."
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Secondo film per Kassovitz,che in seguito non è più riuscito a raggiungere certi livelli.Ispirato a fatti reali,uno spaccato spiccio e realistico della gioventù della banlieue(la periferia parigina),scandito dall'indicazione dello scorrere del tempo nell'arco di quasi 24 ore.I protagonisti sono i classici giovani incazzati col mondo,che vivono alla giornata sopportandosi per necessità e costantemente sotto la minaccia delle vessazioni della polizia e della discriminazione.Ma se il loro desiderio di rivalsa è impellente(si vedano le sequenze dei monologhi allo specchio dove ci si atteggia a realtà impossibili o ai miti del cinema come il Travis Bickle di "Taxi Driver")il regista non cede a prevedibili concessioni alla violenza optando per una più azzeccata paura ed incapacità di andare oltre le parole alla prova dei fatti.
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Secondo film per Kassovitz,che in seguito non è più riuscito a raggiungere certi livelli.Ispirato a fatti reali,uno spaccato spiccio e realistico della gioventù della banlieue(la periferia parigina),scandito dall'indicazione dello scorrere del tempo nell'arco di quasi 24 ore.I protagonisti sono i classici giovani incazzati col mondo,che vivono alla giornata sopportandosi per necessità e costantemente sotto la minaccia delle vessazioni della polizia e della discriminazione.Ma se il loro desiderio di rivalsa è impellente(si vedano le sequenze dei monologhi allo specchio dove ci si atteggia a realtà impossibili o ai miti del cinema come il Travis Bickle di "Taxi Driver")il regista non cede a prevedibili concessioni alla violenza optando per una più azzeccata paura ed incapacità di andare oltre le parole alla prova dei fatti.In questo modo,la tragedia finale risulta ancor più dura e spiazzante.Azzeccati certi siparietti ironici,come l'incontro nel bagno del vecchio sopravvissuto ai campi di lavoro russi.Ottimo il bianco e nero,e molto ben diretti i tre protagonisti,naturali e spontanei senza andare sopra le righe(Cassel si è imposto al grande pubblico con questo film).Kassovitz interpreta lo skinhead che Vinz non ha il coraggio di uccidere.Premiato per la regia a Cannes,ha suscitato polemiche da parte delle forze dell'ordine.
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mr.rizzus
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domenica 14 febbraio 2021
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spettacolare
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federicomsdelvecchio
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lunedì 6 novembre 2017
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l'odio. un film pasoliniano di kassovitz
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Ci sono un nero, un arabo e un ebreo. Non è l’inizio di una barzelletta da Bar dello Sport, sono i protagonisti de “L’odio”, film in cui verrà descritta la loro giornata successiva alla guerriglia con la polizia, causata dal grave ferimento del sedicenne Abdel durante un interrogatorio.
Vinz(Vincent Cassel), Saïd e Hubert sono degli aspiranti rivoluzionari che passano il loro tempo raccontandosi aneddoti, girovagando per le strade della banlieue di Parigi senza meta e fumando qualche spinello. Il senso di noia è amplificato dalla mancanza di dilatazione temporale, infatti il film si sviluppa interamente nell’arco di una giornata.
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Ci sono un nero, un arabo e un ebreo. Non è l’inizio di una barzelletta da Bar dello Sport, sono i protagonisti de “L’odio”, film in cui verrà descritta la loro giornata successiva alla guerriglia con la polizia, causata dal grave ferimento del sedicenne Abdel durante un interrogatorio.
Vinz(Vincent Cassel), Saïd e Hubert sono degli aspiranti rivoluzionari che passano il loro tempo raccontandosi aneddoti, girovagando per le strade della banlieue di Parigi senza meta e fumando qualche spinello. Il senso di noia è amplificato dalla mancanza di dilatazione temporale, infatti il film si sviluppa interamente nell’arco di una giornata. Giornata in cui tutte le televisioni sono sintonizzate sulle reti che trasmettono gli ultimi aggiornamenti sugli avvenimenti della notte precedente e sulla instabile condizione medica di Abdel.
I tre ragazzi di vita descrittirappresentano dei pannelli distanziometrici dal disfacimento, con Hubert che è il più riflessivo e meno propenso a cacciarsi nei guai, Saïd che si barcamena tra senso di responsabilità e violenza, e infine Vinz, un Accattone in chiave anni ’90, una bomba a orologeria carica di odio verso il sistema, col rischio costante che esploda nella maniera peggiore. Ed Il pericolo che si cacci nei guai da un momento all’altro nasce quando ritrova una pistola persa da un poliziotto durante gli scontri e confida agli amici di volerla utilizzare al più presto per vendicare Abdel. Una situazione che genera tensione negli spettatori, i quali notano facilmente fragilità e contraddizioni di un disperato senza futuro, convinto di diventare un duro facendo credere agli altri di esserlo e mettendosi spesso in situazioni sul filo del rasoio.
Ma se è vero che l’amore genera amore, come ci suggerisce Hubert ‘l’odio chiama l’odio’, sentimento chiave del film che dunque non è unilaterale:così come la gioventù bruciata lonutre nei confronti della polizia, quest’ultima non porge certo l’altra guancia e mette nei guai persone innocenti per puri pregiudizi, causa tra l’altro dell’odio provato dalla società verso questi ragazzi. Come andrà a finire?
“Wegonna burn and loot tonight” cantava Bob Marley, la cui traduzione è “Stanotte bruceremo e saccheggeremo”, e questo sembra essere l’inno dei quartieri di Parigi dove ‘il sole del buon Dio non dà i suoi raggi’, come Fabrizio De André poetava nella sua Città vecchia quelle realtà popolari di cui l’alta società si disinteressa.
La scelta di girare il film interamente in bianco e nero è certamente una scelta coraggiosa, ma coerente col messaggio lanciato:le immagini a colori, infatti, con la loro cromia distraggono e talvolta non trasmettono l’intimità a cui il racconto mira, limitandosi ad una visione spesso più superficiale; il bianco e nero, al contrario, trascende questa superficialità, e nel corso del film ci dona immagini da cui traspaiono i diversi spiriti dei protagonisti.
I virtuosismi tecnici di una regia superba fanno da contraltare ad una trama lineare, che tiene incollato lo spettatore davanti allo schermo con l’ausilio di una sceneggiatura simbolica condita da discorsi frivoli alternati ad altri con una nuance filosofica.
Da chi sia nato questo odio non possiamo saperlo, ma per dargli una spiegazione possiamo parafrasare Jean Paul Sartre:”Basta che un uomo odi un altro perché l’odio vada correndo per l’umanità intera”.
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noia1
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venerdì 29 settembre 2017
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"fino a qui tutto bene ..."
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Una giornata nella malfamata zona periferica di una città francese, non la peggiore o la migliore, una come tante immerse nella propria cinica quotidianità.
Mathieau Kassovits si è un po’ perso per strada, saranno i soldi o forse l’autocompiacimento solito a cui costringono questi tempi esasperatamente esaltanti. Resta il fatto che quando sul biglietto da visita c’è un film come L’odio vale sempre la pena darci un occhio, penso che se anche nei prossimi vent’anni dovesse continuare a sfornare robaccia come fa da qualche anno a questa parte un illuso come me a sperarci in una sua rinascita lo troverà sempre.
Un’opera sentita e la cu brutalità arriva dritta al cuore perché sì i discorsi sono urlati e lo sfondo orribilmente degradato ma par di stare a teatro, è tutto palesemente grottesco ed ironico ad un livello che la lucida onestà viene fuori senza filtri, non servono d’altronde per quanto l’intera vicenda è scherzosa e sopra le righe.
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Una giornata nella malfamata zona periferica di una città francese, non la peggiore o la migliore, una come tante immerse nella propria cinica quotidianità.
Mathieau Kassovits si è un po’ perso per strada, saranno i soldi o forse l’autocompiacimento solito a cui costringono questi tempi esasperatamente esaltanti. Resta il fatto che quando sul biglietto da visita c’è un film come L’odio vale sempre la pena darci un occhio, penso che se anche nei prossimi vent’anni dovesse continuare a sfornare robaccia come fa da qualche anno a questa parte un illuso come me a sperarci in una sua rinascita lo troverà sempre.
Un’opera sentita e la cu brutalità arriva dritta al cuore perché sì i discorsi sono urlati e lo sfondo orribilmente degradato ma par di stare a teatro, è tutto palesemente grottesco ed ironico ad un livello che la lucida onestà viene fuori senza filtri, non servono d’altronde per quanto l’intera vicenda è scherzosa e sopra le righe.
Rappresentazione della realtà che migliaia di persone vivono parallelamente alla nostra, una realtà quasi opposta ed odiosamente ingiusta attraverso il modo urlato e disperatamente vivo che hanno i protagonisti di viverla. Una canzone nel mezzo zittisce le parolacce e le scaramucce rompendo la frenesia con una carrellata imponente su un degradato viale a caso tra i palazzi, persino i bambini smettono per un po’ di giocare al pallone in modo da godersela perché – come lo spettatore capirà – sono le piccole gocce d’acqua dissetanti che ha la gente per distrarsi (e noi per prendere fiato da una trama senza tregua). I ragazzi esaltati verranno ad un certo punto catturati e la loro rabbia immotivata, come noi non avremmo mai desiderato vedere, mostrerà le proprie radici. Arriverà il finale poi, la vera resa dei conti che nel giro di pochi minuti ammetterà una realtà drammaticamente onesta e contraddittoria.
Persino la telecamera non riesce a trattenersi volteggiando ovunque come noi stessi fossimo lì a spintonare imprecando con quei quattro scalmanati immersi in visioni folli, alla base dell’intera storia c’è un fatto realmente accaduto: in ogni modo il regista tenta di arrivare dritto a smuovere le nostre viscere.
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parsifal
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giovedì 25 maggio 2017
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jusqu'ici tout va bien
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M: Kassovitz è il demiurgo unico e solo di questa memorabile opera del 1995. Girato in bianco e nero per motivi di rigore stilistico, al fine di descrivere pienamente, dal punto di vista strettamente visivo, le atmosfere difficili e contrastanti dell' ambiente in cui si svolge gran parte della vicenda narrata, ovvero le banlieu parigine. Inizia tutto prendendo spunto da una vicenda di cronaca; il giovane Abdel, abitante nei sobborghi parigini, viene fermato per un controllo dalle forze dell'ordine e gravemente ferito in corcostanze decisamente poco chiare. Ne segue una rivolta che coinvolge la stragrande maggioranza dei giovani del luogo. Tra loro ci sono i protagonisti del film; Said (Said Thaigoumai) magrebino vispo e dalla battuta pronta, Hubert ( Hubert Koundè) nero francese di terza generazione e Mathieu ( Vincent Cassel) Ebreo bianco.
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M: Kassovitz è il demiurgo unico e solo di questa memorabile opera del 1995. Girato in bianco e nero per motivi di rigore stilistico, al fine di descrivere pienamente, dal punto di vista strettamente visivo, le atmosfere difficili e contrastanti dell' ambiente in cui si svolge gran parte della vicenda narrata, ovvero le banlieu parigine. Inizia tutto prendendo spunto da una vicenda di cronaca; il giovane Abdel, abitante nei sobborghi parigini, viene fermato per un controllo dalle forze dell'ordine e gravemente ferito in corcostanze decisamente poco chiare. Ne segue una rivolta che coinvolge la stragrande maggioranza dei giovani del luogo. Tra loro ci sono i protagonisti del film; Said (Said Thaigoumai) magrebino vispo e dalla battuta pronta, Hubert ( Hubert Koundè) nero francese di terza generazione e Mathieu ( Vincent Cassel) Ebreo bianco. Questo ampiamente che il disagio li unisce nonostante le differenze etniche e religiose che li caratterizzano. I tre sono sconvolti da ciò che è accaduto al notte prima. Inizia per loro una nuovo giornata , senza obiettivi , priva di orizzonti e di scopi. Vagabodano senza meta , vivendo alla giornata. L'unico che si era posto un traguardo ed era riuscito a raggiungerlo è Hubert, istruttore di pugilato, che era riuscito ad aprire una palestra, andata irrimediabilmente distrutta nella guerriglia della notte precedente. Deluso ed amareggiato, torna al vuoto delle sue giornate con i suoi inseparabili amici. Tra loro c'è un fitto ed incessante dialogo, dal quale traspare l'insofferenza di MAthieu ad ogni forma d autorità ed ordine costituito, si sente un duro , un vendicatore e non fa altro che esibire una pistola rinvenuta a terra , dopo gli scontri della notte precedente, la furbizia ed il disincanto di Said, che tira a campare come può senza pensare al domani, e la malinconia di Hubert, per essere nato in luogo a lui non congeniale. I tre approdano a Parigi, per riscuotere una somma di denaro. Ci saranno una serie di aneddoti grotteschi che li vedranno protagonisti; l'incontro con agenti in borghese, con un loro amico cocainomane ed aggressivo, il tentativo di rubare una macchina durante il quale sbucherà un ubriaco invandente e maldestro e dulcis in fundo , un gruppo di skin - heads di estrema destra, messi repentinamente in fuga dalla pistola di MAthieu. Ma è sul fare dell' alba che si comprenderà pienamente la frase ricorrente del film; " Fino a qui tutto bene.... IL problema non è la caduta ma l'atterraggio" . Una tragedia, scatenata dalla stupidità ,li porterà al punto di non ritorno. Girato nel 1995 , preconizzava con acuta lungimiranza, ciò che sarebbe accaduto negli anni a venire. Decisamente attuale.
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davidino.k.b.
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martedì 16 giugno 2015
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realtà
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film attualissimo,descritto con conoscenza delle periferie estreme che si equivqlgono in tutti gli agglomerati delle metropoli
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ultimoboyscout
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martedì 3 febbraio 2015
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la società allo sfascio.
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Kassovitz racconta la giornata media di tre balordi proletari, tre vite alla deriva nella banlieu parigina. Film non eccezionale ma visivamente potente, nervoso e a tratti disturbante, uno dei primi a mettere il mirino sulle periferie delle grandi città francesi. Lo stile è molto particolare, fatto di attori non bravi ma adattissimi, dialoghi ben ritmati e un bianco e nero che è il vero punto di forza della pellicola, così sporco e soprattutto azzeccato per la storia che viene raccontata. Le peripezie iniziano alle 10.38 e terminano alle 6.01 del giorno successivo, quasi 24 ore di ordinaria follia scandita dalla più totale asetticità dell'indicazione del tempo in uno spaccato asciutto, crudo e duro di una gioventù insicura quasi bruciata.
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Kassovitz racconta la giornata media di tre balordi proletari, tre vite alla deriva nella banlieu parigina. Film non eccezionale ma visivamente potente, nervoso e a tratti disturbante, uno dei primi a mettere il mirino sulle periferie delle grandi città francesi. Lo stile è molto particolare, fatto di attori non bravi ma adattissimi, dialoghi ben ritmati e un bianco e nero che è il vero punto di forza della pellicola, così sporco e soprattutto azzeccato per la storia che viene raccontata. Le peripezie iniziano alle 10.38 e terminano alle 6.01 del giorno successivo, quasi 24 ore di ordinaria follia scandita dalla più totale asetticità dell'indicazione del tempo in uno spaccato asciutto, crudo e duro di una gioventù insicura quasi bruciata. Il problema maggiore invece è quello di cavalcare un certo populsmo che genera rabbia con la contraddizione poi di prenderne le distanze, innegabile comunque la lungimiranza dell'allora giovanissimo regista (nel '95 Kassovitz aveva giusto 28 anni) il quale racconta, con largo anticipo sui tempi, di situazioni esplose con forza da lì a pochi anni. La periferia è la protagonista principale del film, anzi Kassovitz ne fa l'assoluta e forse unica protagonista ben più dei vari Vinz, Hubert e Said, banlieu perfettamente spalleggiata da un coprotagonista d'eccezione: l'odio, o per meglio dire, la haine.
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