Tra citazioni di Adorno, piroette concettuali degne di una campagna elettorale e il solito tentativo di far laureare il Vuoto con una tesi sul vuoto, il film scorre via insipido come una serata senza amore.
Controcampi pacchiani e primi piani spesi male accompagnano una trama scadente come un'esistenza passata a subire qualunque porcata si venga a trovare davanti ai propri occhi.
Ezio Greggio, giunto ideologicamente scarico dopo aver realizzato "Occhio alla Perestrojka", è ormai assuefatto(purtroppo nemmeno poi così a torto...) all'idea che ormai non ci sia alcuna necessità di usare il cervello prima di mettersi dietro la cinepresa (gli va dato atto, almeno, della coerenza tra scelte registiche e story-board...) e inanella una serie di citazioni nemmeno troppo squallidine, riuscendo in ultima analisi e al limite a trasmettere la totale noia e routine che anche lui deve avere provato realizzando questa opera.
Capiamoci: fosse stato lui il primo a trasmettere questa sensazione potremmo quasi parlarne con interesse, ma essendo questo film del 1993 Greggio arriva dopo tonnellate di opere che giungevano alla medesima conclusione.
Cosa si può aggiungere: se ne consiglia la visione ai nichilisti insicuri in cerca di conferme.
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