mondolariano
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venerdì 8 aprile 2011
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ritmi lenti per gusti raffinati
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E’ sempre difficile dare corpo alle idee. Un film costruito sulle sensazioni e sulla muta recitazione può essere un abisso di noia. Ma non nel caso di questo ricco pranzo in salsa olandese, meglio definibile come “cena”.
Il rumore degli oggetti che scandiscono i ritmi lenti di un passato ormai remoto; le nordiche terre imbevute di misticismo luterano; la severa sobrietà che fa tutt’uno con la natura circostante; l’opulenza del pranzo che stride in seno a tanta povertà ma che viene considerato come un dono della gratitudine e delle capacità creative della protagonista; il senso del nuovo che alla fine vincerà la rigida legge dei vecchi decani. Tutto questo effonde nell’aria un profumo di capolavoro non meno delle spezie che condiscono il banchetto.
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E’ sempre difficile dare corpo alle idee. Un film costruito sulle sensazioni e sulla muta recitazione può essere un abisso di noia. Ma non nel caso di questo ricco pranzo in salsa olandese, meglio definibile come “cena”.
Il rumore degli oggetti che scandiscono i ritmi lenti di un passato ormai remoto; le nordiche terre imbevute di misticismo luterano; la severa sobrietà che fa tutt’uno con la natura circostante; l’opulenza del pranzo che stride in seno a tanta povertà ma che viene considerato come un dono della gratitudine e delle capacità creative della protagonista; il senso del nuovo che alla fine vincerà la rigida legge dei vecchi decani. Tutto questo effonde nell’aria un profumo di capolavoro non meno delle spezie che condiscono il banchetto. C’è anche un’allusione ecologista che evidenzia la crudeltà nei confronti degli animali, specie quando il generale assaggia la testa del povero uccellino (particolare fin troppo ricercato).
Più che viste, le scene vanno “sentite”, con tutto il loro tintinnare di piatti e di cristalli, di parole sospirate e di stati d’animo confusi. Un film tendenzialmente femminile, di gusto raffinato e per anime gentili. Anche per appassionati di cucina.
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(di lapele33)
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francesco2
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mercoledì 12 maggio 2010
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preferisco le "kitchen stories" della norvegia
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Abbiamo due sorelle, in un annoiato e noioso villaggio della Danimarca, che non hanno potuto seguire i loro sogni(Ma nel caso della provetta cantante è stata esclusivamente colpa del padre?).Tale "cantante", per ragioni non spiegate sfugge all'amore per un uomo e per il canto, per coltivare una dimensione quasi ascetica(Non a caso nella comunità del film c'è un grande(Ma sempre sentito?)fervore religioso.Questo amore rifiutato è una desolante macchietta, per quanto rappresenti la prima irruzione dell'elemento ALTRO(Latino, cattolico, la grande città), nel piccolo microcosmo raccontato da Axel,danese, luterano, piccolo villaggio.La differenza tra Babette, altra francese(Perdipiù donna!) e lui, non a caso "Papista"secondo il prete, è che la cuoca si stabilisce all'interno della piccola comunità, mentre lui ritorna nei luoghi natii, come testimoniato da qualche didascalico rimpianto.
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Abbiamo due sorelle, in un annoiato e noioso villaggio della Danimarca, che non hanno potuto seguire i loro sogni(Ma nel caso della provetta cantante è stata esclusivamente colpa del padre?).Tale "cantante", per ragioni non spiegate sfugge all'amore per un uomo e per il canto, per coltivare una dimensione quasi ascetica(Non a caso nella comunità del film c'è un grande(Ma sempre sentito?)fervore religioso.Questo amore rifiutato è una desolante macchietta, per quanto rappresenti la prima irruzione dell'elemento ALTRO(Latino, cattolico, la grande città), nel piccolo microcosmo raccontato da Axel,danese, luterano, piccolo villaggio.La differenza tra Babette, altra francese(Perdipiù donna!) e lui, non a caso "Papista"secondo il prete, è che la cuoca si stabilisce all'interno della piccola comunità, mentre lui ritorna nei luoghi natii, come testimoniato da qualche didascalico rimpianto.
Inizialmente "la comunità" di figurine di Axe, non mostrai perplessità nei suoi confronti,forse perché la donna non vuole assimilare il suo "Nuovomondoma piuttosto assimilare lei l'elemento linguistico.Cambia tutto(Ma non tutto, come testimonia il finale)quando vince diecimila franchi ad una lotteria che rappresentava l'unico "Collegamento" con la natia Francia.Offrendosi di preparare per la comunità il pranzo (Che, come scopriremo alla fine, non è di congedo, ma di ringraziamento),cominciano ad arrivare strane presenze animalesche, come una buffa e malcapitata tartaruga da cui si ricaverà il brodo;sono già una fonte di inquietudine, ma descritti tuttavaia con sensibilità picaresca, basti pensare al sogno di una delle due sorelle che riguarda, fra l'altro la tartaruga stessa.E'come se per questi borghesi piccoli e rancorosi l'ANIMALE rappresenti l'irruzione del mondo latino, della grande città rispetto ad una piccola, in tutti i sensi,comunità chiusa al mondo(Lontana da tutti punti di vista,soggetta agli impulsi tipicamente….animaleschi degli esseri che tanto li spaventano.
Quanto alla preparazione del pranzo, se si parla di gusto e significato della cucina il film ha tutto da imparare dall’opera “per bambini” “Ratatouille”, di vent’anni più “giovane”Babette e i suoi commensali stabiliscono di comune accordo di non parlare di cibo durante la fatidica mangiata, e da qui nasce una delle poche parti divertenti del film, tantopiù che alcuni personaggi che ne sono al corrente fanno degli espliciti riferimenti alle vivande;taluni approfittano per rivedere amori lasciati cinquant’anni prima,ma questo, in una trasposizione cinematografica poco votata(Termine involontariamente adatto, dato il coté religioso(?) del film) alla malizia ed all’approfondimento psicologico, aggiunge poco.A chi è venuta in mente quella scena dove il generale, tornando dopo tanti anni fa, deve fare i conti con un “Altro sé stesso” seduto su una sedia?Infine, la questione dell’artista che dona sé stesso e non è mai solo avrebbe dovuto essere illustrata con ben altra maestria.Di Babette, alla fine, non sappiamo quasi nulla, probabilmente percHé Semplicemente Axel non ha l'intelligenza di tratteggiarla.
Valutata la superficialità con cui vengono affrontati TUTTI questi argomenti, si resta interdetti di fronte al sucesso del film. Il suo pubblico doveva essere lo stesso che pensava, venticinque anni fa,che “Camera con vista”(E non solo quello) siano il massimo che si può chiedere al cinema.Signore di belle letture che non sanno leggere, come scrisse(Mi ripeto) Vincenzo Buccheri.
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rebecca
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sabato 27 dicembre 2008
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dio e cibo: evviva!
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condivido quasi tutto con quello che afferma Zennaro. E, importante, oltre all'arte è il rapporto tra dio e cibo, laddove la materia non è deteriore per l'elevazione spirituale. E' un capolavoro per questo: è cibo per gli occhi, cibo per l'anima.
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luigi pesce
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sabato 2 febbraio 2008
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fiaba elegante
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Raramente si riesce a trovare una perla così garbata. La storia viene condotta sul filo della leggerezza e si è subito assorti nella narrazione fiabesca.
La preparazione del pranzo è un trionfo visivo.
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a
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lunedì 14 gennaio 2008
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ah
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gp62
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mercoledì 7 novembre 2007
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vera felicita?
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ARRIVISMO SCALATA SOCIALE EGOISMO , MI SONO CHIESTO: IO L'AVREI FATTO? SAPEVA GIA DALL'INIZIO CHE NESSUNO AVREBBE CAPITO PIENAMENTE LA SUA CUCINA...
E NON SI ACCONTENTA DI OFFRIRE UN PRANZO NORMALE... NO... MA VUOLE OFFRIRE IL MASSIMO SPENDENDO TUTTO, QUEI SOLDI AVREBBERO POTUTO CAMBIARGLI LA VITA....MA HA CAPITO CHE LA VERA FELICITà NON è QUELLA DI ARRIVARE CHISSà DOVE... MA DI DONARSI TOTALMENTE AGLI ALTRI.
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francesco zennaro
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martedì 16 ottobre 2007
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il cosmo in un film
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La grandezza del film sta nel "Far pensare" lo spettatore.
Pensare alla ricchezza del genere umano, che non è data dal denaro o dai possedimenti materiali, bensì da ciò che l'Uomo coltiva dentro di sè. Al termine del film, felice di aver speso tutto ciò che di materiale possedeva pur di liberare la propria passione creativa almeno un'ultima volta, la Chef Babette pronuncia la celebre frase "Un artista non è mai povero".
Pensare alla grandezza dell'umiltà, intimamente legata a Babette. Dote rara e preziosa. Babette apprende da chi ne sa molto meno di lei, senza ostentare la propria grandezza ma, al contrario, tacendola.
Pensare al piacere che, nella sua forma migliore, va accolto come un dono divino.
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La grandezza del film sta nel "Far pensare" lo spettatore.
Pensare alla ricchezza del genere umano, che non è data dal denaro o dai possedimenti materiali, bensì da ciò che l'Uomo coltiva dentro di sè. Al termine del film, felice di aver speso tutto ciò che di materiale possedeva pur di liberare la propria passione creativa almeno un'ultima volta, la Chef Babette pronuncia la celebre frase "Un artista non è mai povero".
Pensare alla grandezza dell'umiltà, intimamente legata a Babette. Dote rara e preziosa. Babette apprende da chi ne sa molto meno di lei, senza ostentare la propria grandezza ma, al contrario, tacendola.
Pensare al piacere che, nella sua forma migliore, va accolto come un dono divino.
L'Amore (di una delle figlie del Decano innamorata), l'Arte (nel film rappresentata dal canto dell'altra figlia, sulle note del Don Giovanni di Mozart), il Cibo (inteso come piacere fisico ma anche come espressione artistica), passano da volgari fonti di peccato condannate da improbabili dottrine religiose (impersonate dal Decano), a piaceri donati all'Uomo per contemplare la bellezza del cosmo.
Pensare anche al Principio Antropico,il quale sostiene che l'Universo è in grado di contemplare se stesso. E così anche l'arte di Babette esiste e si concretizza solo nel momento in cui c'è qualcuno in grado di apprezzarla. Le varie pietanze e i relativi vini (la Natura da contemplare) vengono magistralmente apprezzate e spiegate agli altri commensali dal Generale dell'esercito (quella parte del Genere Umano che contempla e apprezza).
La figura del Generale è - come si vede - una figura chiave. Necessaria affinchè un Universo altrimenti inconsapevole di se stesso, diventi autocosciente.
Pensare a Babette che comunica con il Generale, attraverso un mezzo fisico (il cibo) e che, in questo gioco amoroso a distanza tra i due (che mai si sono visti, nè mai si vedranno) a goderne i vantaggi sono anche gli altri commensali, tra i quali torna a regnare la pace e la fratellanza.
Pensare alla conclusione del film, quando tutti se ne tornano a casa più ricchi (dentro), dopo aver ringraziato le padrone di casa (che non hanno merito alcuno se non l'ospitalità).
Ma nessuno (conclusione magistrale!), nemmeno il Generale, si degna (prima di uscire) di conoscere/salutare/ringraziare la divina Babette.
Nulla di nuovo sotto il sole.
Pensare a quanti godono del Creato (il cibo di Babette) senza ringraziare Dio (Babette)
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(di susannalbano)
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(di iuravit)
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lisa
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domenica 14 gennaio 2007
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bellissimo
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Ottima regia. Film coinvolgente e bellissimo!
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benso conte di cavour
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venerdì 10 marzo 2006
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un artista non è mai solo
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tutti gli artisti possono vivere isolati dal mondo perchè hanno la compagnia della loro mente .Babette non è solo creativa ,è raffinata e generosa,ma soprattutto ha un'allegria della mente che permette di donare felicità a chi le stà accanto.Buon film ,curato nei particolari,giustamente lento per fare assaporare il gusto della vita anche in un posto sperduto della Danimarca.
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sergio
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domenica 21 novembre 2004
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capolavoro assoluto
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C'è più filosofia in questo capolavoro cinematografico che in un trattato universitario. Credo che il film sarebbe piaciuto ad Epicuro: esso è infatti una lezione sull'importanza del piacere nell'esistenza dell'uomo, su come esso sia il criterio che guida tutte le nostre azioni, e di come sia folle improntare la vita ad un'ascesi che non ha nulla di umano. dopo aver visto questo film chi può ancora credere nella distinzione tra mente e copro?
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