totò
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martedì 7 giugno 2005
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film capolavoro
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Grande film il più bello in questo genere.
Povero di effetti speciali ma ricco di contenuto sentimentale e suspace.Eccellente interpretazione di Voight.Film per intenditori non per superficiali alla ricerca di effetti hollivudiani.
Unico!
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(di luca2012)
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kronos
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martedì 5 ottobre 2010
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vigoroso, rigoroso, epico
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E' una delle pellicole più vigorose e memorabili degli anni '80, ma gode di un culto inferiore al dovuto: capita anche ai grandi film.
Di certo l'esule russo Konchalovsky ha inserito nel tessuto di un tipico action film statunitense un'estetica, una filosofia nordica che nobilita il tutto a livelli omerici.
L'odissea ferroviaria nel nulla degli spazi infiniti dell'Alaska assume evidenti valenze simboliche e il finale, davvero straordinario, è tra i più belli ed emozionanti che mi sia capitato vedere. Rilevanti anche le sequenze carcerarie della prima mezz'ora: al confronto le rivolte degli omologhi contemporanei (vedasi Cella 211) sono roba per educande.
Assolutamente da vedere.
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sergente hartman
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sabato 21 marzo 2009
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no,sono un essere umano che è molto peggio
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jon voight è un detenuto oramai divenuto celebre fra gli altri carcerati e rispettato e amato da tutti nel carcere piu rigido e intransigente degli usa situato nella fredda e solitaria alaska .cosi insieme ad un suo beniamino che lo idolatrava riesce a fuggire dopo varie vicessitudini.i due decidono di prendere il treno come loro strumento per raggiungere la libertà e fuggire da quell'inferno ghiacciato.tuttavia il macchinista del treno ha un infarto e muore ,cosi il treno continua la sua corsa attraverso le desolate e spettrali foreste dell'alaska invernale (paesaggi superbi e spettacolari inquadrature) .fra i due si instaura un rapporto di profonda amicizia nonostante abbiano caratteri completamente diversi :il giovane buck ha un carattere aperto e socievole mentre manny è un vecchio burbero e silenzioso e.
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jon voight è un detenuto oramai divenuto celebre fra gli altri carcerati e rispettato e amato da tutti nel carcere piu rigido e intransigente degli usa situato nella fredda e solitaria alaska .cosi insieme ad un suo beniamino che lo idolatrava riesce a fuggire dopo varie vicessitudini.i due decidono di prendere il treno come loro strumento per raggiungere la libertà e fuggire da quell'inferno ghiacciato.tuttavia il macchinista del treno ha un infarto e muore ,cosi il treno continua la sua corsa attraverso le desolate e spettrali foreste dell'alaska invernale (paesaggi superbi e spettacolari inquadrature) .fra i due si instaura un rapporto di profonda amicizia nonostante abbiano caratteri completamente diversi :il giovane buck ha un carattere aperto e socievole mentre manny è un vecchio burbero e silenzioso e.ma la morale che il film e il regista intendeva trasmetterci risie de nella trasformazione della psiche dell'essere umano e nella crudeltà che questo può mostrare verso i suoi simili ,un odio e una rabbia interiore che neppure la piu feroce e terribile delle belve puo possedere.infatti manny pur essendo un criminale e nonostante sia un uomo distrutto e marcio dentro ,ha ancora dei valori etici saldi riguardanti l'amicizia e l'amore per la vita , come quando alla fine decide di salvare il suo amico e la ragazza.ma nutre anche un odio sfrenato contro la carogna del direttore del carcere che lo ha radicalmente trasformato e che ha provocato un disinteresse per la sua stessa vita .concludo citando un dialogo fra manny e la donna che incontrano sul treno durante un alterco ,in cui manny stava prendendo a calci il suo amico buck ,avendo la mente offuscata dalla pazzia come un cane addestrato all'attacco dal suo padrone in questo caso il direttore del carcere che lo aveva mutato .cosi la donna gli dice :SMETTILA ,MA SEI UN BELVA e manny risponde :NO ,SONO UN ESSERE UMANO CHE è MOLTO PEGGIO
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taras bulba
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lunedì 30 luglio 2007
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bellissimo !
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Bellissimo film, crudo, con pochissime concessioni ai sentimenti ma poetico nello stesso tempo, profondo, avvincente e pieno di suspense,
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gustibus
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martedì 2 maggio 2017
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inferno e liberta' di vivere
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Sicuramente "Runaway train" il titolo originale..e'un pugno nello stomaco..Sinceramente non si puo'tifare per il direttore del carcere in alaska.. Peggio di una iena..pero'non si puo'applaudire per delinquenti che hanno decine di anni di prigione...e la fine del film non mette d'accordo niente di tutto questo.Da unao scritto di Akira Kurosawa esce questo bellissimo racconto di lotta nel profondo dell'anima..una lotta di cattivi che porta ad applaudire Manny..un bravissimo jon voight meritevole di oscar!..Film che col passare dei minuti diventa di un intensita'che coinvolge merito del regista..Visione molto impegnativa eh! Qui non si "pettinano le bambole".
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Sicuramente "Runaway train" il titolo originale..e'un pugno nello stomaco..Sinceramente non si puo'tifare per il direttore del carcere in alaska.. Peggio di una iena..pero'non si puo'applaudire per delinquenti che hanno decine di anni di prigione...e la fine del film non mette d'accordo niente di tutto questo.Da unao scritto di Akira Kurosawa esce questo bellissimo racconto di lotta nel profondo dell'anima..una lotta di cattivi che porta ad applaudire Manny..un bravissimo jon voight meritevole di oscar!..Film che col passare dei minuti diventa di un intensita'che coinvolge merito del regista..Visione molto impegnativa eh! Qui non si "pettinano le bambole".. qui si fa sul serio..da vedere almeno una volta!
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vic fontaine
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venerdì 20 dicembre 2013
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un capolavoro di rara intensità
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"A trenta secondi dalla fine" di Andrej Konchalovskij non è il solito film carcerario dai classici cliché hollywoodiani: in esso si parla di fuga, di dignità umana, del destino cinico e baro che fa scegliere all'evaso Manny (un titanico e stratosferico Jon Voight) proprio un treno il cui macchinista morirà di infarto al momento della partenza. Le inquadrature del treno in corsa in mezzo ai ghiacciai dell'Alaska sono splendide, piene di un rispetto tipicamente russo per il bianco della neve e dei ghiacci. Il rapporto tra i due è estremamente significativo: Buck vede in Manny una sorta di idolo e tenta di compiacerlo in ogni modo; Manny però non lo tratta da pari a pari, ma anzi lo rimprovera in modo quanto mai burbero impartendogli anche spicce lezioni di vita, fino a minare la sconfinata ammirazione che il giovane e un po' sbruffoncello compagno di evasione nutre per lui.
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"A trenta secondi dalla fine" di Andrej Konchalovskij non è il solito film carcerario dai classici cliché hollywoodiani: in esso si parla di fuga, di dignità umana, del destino cinico e baro che fa scegliere all'evaso Manny (un titanico e stratosferico Jon Voight) proprio un treno il cui macchinista morirà di infarto al momento della partenza. Le inquadrature del treno in corsa in mezzo ai ghiacciai dell'Alaska sono splendide, piene di un rispetto tipicamente russo per il bianco della neve e dei ghiacci. Il rapporto tra i due è estremamente significativo: Buck vede in Manny una sorta di idolo e tenta di compiacerlo in ogni modo; Manny però non lo tratta da pari a pari, ma anzi lo rimprovera in modo quanto mai burbero impartendogli anche spicce lezioni di vita, fino a minare la sconfinata ammirazione che il giovane e un po' sbruffoncello compagno di evasione nutre per lui. Il film procede tra la speranza dei tre (a Manny-Jon Voight e Buck-Eric Roberts si aggiunge una intensa Rebecca De Mornay nel ruolo di una spaurita bigliettaia che dormiva sul treno) di poter fermare un terno ormai inarrestabile, e la caccia spietata a Manny - ormai diventata un'autentica guerra personale - da parte del malvagio direttore del carcere Ranken (un bravissimo John Ryan), fino alla bellissima conclusione in cui Manny - dopo aver catturato e ammanettato Ranken nella motrice - realizza che potrà essere davvero libero da quella caccia senza fine solo schiantandosi insieme al suo indomito predatore sul binario morto, dove la centrale aveva rassegnatamente deviato il treno. Il finale è bellissimo e commovente: l'animalesco Manny recupera un barlume di umanità e di pietà per Buck e per la ragazza, e stacca la motrice salvandoli (con Buck che gli urla disperatamente di saltare giù dal treno); l'ultimo sguardo di Ranken che si scioglie nella paura di morire che ogni essere umano, sia pure malvagio e arrogante come lui, non può non provare appena prima della fine; l'immagine stupenda di Manny che vuole morire in piedi "cavalcando" la locomotiva con il volto sferzato dal nevischio quasi a sfidare la fine ormai imminente, con il montaggio alternato dei compagni e amici lasciati nel carcere; le citazioni dal Riccardo III di Shakespeare ("Vincere, perdere ... che differenza c'è?"), specie quella conclusiva della belva e della pietà cucita su misura addosso a Manny. Un'esperienza cinematografica da non perdere.
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nigatto
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lunedì 15 maggio 2017
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caccia all'uomo a qualsiasi costo
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«Anche la belva più feroce mostra un briciolo di pietà, ma io non ne ho alcuno, quindi non sono una belva»
E’ una citazione di William Shakespeare che il regista sovietico traduce in questo modo, in un breve dialogo tra i due protagonisti del film: «Sei una bestia, NO!!! un essere umano che è molto peggio…
Un’evasione rocambolesca da un carcere di massima sicurezza che si conclude su un treno in fuga, senza macchinista, tra i ghiacci e il freddo polare dell’Alaska.
Sulle tracce dei fuggitivi si mette il direttore del carcere, persona ostinata e restia a qualsiasi programma di recupero dei detenuti.
Le scenografie sono il punto di forza di questo film che assicura emozioni e suspense.
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«Anche la belva più feroce mostra un briciolo di pietà, ma io non ne ho alcuno, quindi non sono una belva»
E’ una citazione di William Shakespeare che il regista sovietico traduce in questo modo, in un breve dialogo tra i due protagonisti del film: «Sei una bestia, NO!!! un essere umano che è molto peggio…
Un’evasione rocambolesca da un carcere di massima sicurezza che si conclude su un treno in fuga, senza macchinista, tra i ghiacci e il freddo polare dell’Alaska.
Sulle tracce dei fuggitivi si mette il direttore del carcere, persona ostinata e restia a qualsiasi programma di recupero dei detenuti.
Le scenografie sono il punto di forza di questo film che assicura emozioni e suspense.
Finale tutto da gustare…
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(di s.moon)
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paolp78
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sabato 6 agosto 2022
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non solo azione
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Secondo film hollywoodiano del sovietico Andrej Končalovskij che si cimenta in un film d’azione con personaggi rudi e atmosfere aspre tra le nevi dell’Alaska, ma con anche la capacità di introdurre riflessioni impegnative per chi ha la capacità di coglierle.
Come classicamente avviene in opere di questo genere, anche questa pellicola presenta molte sequenze spettacolari, tecnicamente molto ben realizzate dall’autore sovietico, che ne fa risaltare il carattere fortemente adrenalinico, accontentando così il grande pubblico.
Oltre alle peripezie varie che caratterizzano i film di questo tipo, Končalovskij riesce a tratteggiare in modo molto interessante il personaggio del protagonista, un antieroe tutt’altro che accattivante, interpretato stupendamente da un grande Jon Voight, che grazie ad un efficacissimo trucco risulta perfetto per la parte.
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Secondo film hollywoodiano del sovietico Andrej Končalovskij che si cimenta in un film d’azione con personaggi rudi e atmosfere aspre tra le nevi dell’Alaska, ma con anche la capacità di introdurre riflessioni impegnative per chi ha la capacità di coglierle.
Come classicamente avviene in opere di questo genere, anche questa pellicola presenta molte sequenze spettacolari, tecnicamente molto ben realizzate dall’autore sovietico, che ne fa risaltare il carattere fortemente adrenalinico, accontentando così il grande pubblico.
Oltre alle peripezie varie che caratterizzano i film di questo tipo, Končalovskij riesce a tratteggiare in modo molto interessante il personaggio del protagonista, un antieroe tutt’altro che accattivante, interpretato stupendamente da un grande Jon Voight, che grazie ad un efficacissimo trucco risulta perfetto per la parte. Rispetto a film di questo tipo l’elemento distonico e più pregevole è proprio questo personaggio tanto distante dal classico protagonista dei film d’azione hollywoodiani; lo spettatore non è portato a simpatizzare per lui, tuttavia l’indagine psicologica, eseguita in modo da non prevaricare la parte spettacolare della trama, ne rivela gradualmente lati umani che a tratti lo rivalutano parzialmente, benché il personaggio resti irrimediabilmente un violento e irrecuperabile criminale.
La natura contraddittoria del protagonista, il fatto che la pellicola sia ambientati per larghi tratti su un treno e che in più di un’occasione il personaggio di Voight sia definito una bestia, mi ha richiamato alla mente “La bestia umana” di Zola e conseguentemente “L'angelo del male” di Renoir, col mitico Jean Gabin, che è stata per l’appunto la versione cinematografica più nota del romanzo di Zola.
Del resto del cast si ricordano Eric Roberts, che bene interpreta il co-protagonista un personaggio molto presente sullo schermo ma poco definito e non molto interessante, e Rebecca De Mornay resa quasi irriconoscibile dal forte trucco che le sporca il viso.
Convincente l’ambientazione carceraria, volutamente a tinte forti, della prima parte della pellicola.
La sceneggiatura, che presente non pochi punti deboli, prende le mosse da un soggetto di Akira Kurosawa.
Finale indimenticabile.
I titoli di coda sono preceduti da una citazione molto suggestiva del “Riccardo III” di Shakespeare che insiste sulla tematica della bestialità e della malvagità dell’essere umano.
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antoniopagano
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martedì 6 febbraio 2018
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elicottero vs treno
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Andrej Koncalowskij riprende un soggetto di Akira Kurosawa e ne viene fuori un action movie con qualche pecca. Due detenuti, lo schizzato Manny (Jon Voight) ed il verboso Buck (Eric Roberts), evadono dal carcere di massima sicurezza di Stonehaven immerso nei ghiacci e nella bruma dell’Alaska. Quale mezzo migliore di un treno per allontanarsi il più possibile e in fretta? Del resto, sarà pur vero che un viaggio in treno è sempre un’evasione. Infatti i due montano clandestinamente su un treno formato da quattro locomotori diesel in composizione. Il diavolo ci mette la coda perché il macchinista, ignaro e sfortunato, viene colto da infarto: poco prima di morire aziona il freno di emergenza che, però, va in avaria.
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Andrej Koncalowskij riprende un soggetto di Akira Kurosawa e ne viene fuori un action movie con qualche pecca. Due detenuti, lo schizzato Manny (Jon Voight) ed il verboso Buck (Eric Roberts), evadono dal carcere di massima sicurezza di Stonehaven immerso nei ghiacci e nella bruma dell’Alaska. Quale mezzo migliore di un treno per allontanarsi il più possibile e in fretta? Del resto, sarà pur vero che un viaggio in treno è sempre un’evasione. Infatti i due montano clandestinamente su un treno formato da quattro locomotori diesel in composizione. Il diavolo ci mette la coda perché il macchinista, ignaro e sfortunato, viene colto da infarto: poco prima di morire aziona il freno di emergenza che, però, va in avaria. Il treno scappa via prendendo sempre più velocità. Non ci sono sistemi automatici di protezione della marcia e, comunque, i freni sono già saltati. La “centrale” può solo azionare scambi a distanza per istradare il treno ma non può fare nulla per fermarlo se non deviarlo verso un binario morto per farlo schiantare prima che faccia una strage. Naturalmente tutto ciò non impedisce al folle direttore del carcere Ranken (John P. Ryan) di dare la caccia in elicottero ai due evasi. Neve e nebbia dall’inizio alla fine. Insomma, siamo proprio nei guai.
I personaggi sono forzosamente caratterizzati e il loro stucchevole gergo da uomini duri è abusato (“Ho una gran voglia di spappolarti il cervello”, “Quello che non mi uccide mi rende forte”, “Il mondo non è più come una volta, amico”, “Tieni gli occhi bene aperti e chiudi il becco”, “Ho tutto il tempo che voglio”). Le inquadrature in campo lungo sono monotone. La fotografia è priva di luce, nelle riprese esterne, presumibilmente perché vorrebbe rappresentare una natura ostile e oppressiva e ci riesce, quasi una continuazione del carcere dal quale i due protagonisti sono riusciti ad evadere.
Il finale, in termini di tecnica ferroviaria, è piuttosto puerile. Infine, nell’ultima inquadratura compare una citazione di Shakespeare, peraltro spesa male: lo scambio di battute tra Lady Anne (“No beast so fierce but knows some touch of pity”) e Richard (“But I know none, and therefore am non beast”) nel Riccardo III scaturisce da personaggi molto più complessi coinvolti in tutt’altro tratteggio narrativo. Questo tentativo non riuscito di dare un “perché” alla storia aggiunge pochezza ad un film che non rilascia emozioni.
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mon56
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sabato 19 febbraio 2011
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spassoso
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Inguardabile, a meno che non si valutino gli involontari risvolti comici. Da ridere, infatti, sia le scene riguardanti l'evasione, sia la serie infinita di disavventure - degne del miglior fantozzi - sul treno. Per non parlare degli esilaranti personaggi: il direttore del carcere!! Il cattivone che si redime uccidendosi con lui!!! la donna, a cui il giovane evaso dice per prima cosa "ci facciamo una bella scopata"; che il cattivone insulta e mena; che i geni alla stazione trattano come fosse l'ultima rimbambita sulla faccia della terra; e lei che fa? Dopo 6 minuti - e ribadisco 6 - si butta fra le braccia del bel giovinastro, già bell'e cotta!!!!!
Forse che, oltre a essere totalmente idiota, sia anche un film un po' maschilista.
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Inguardabile, a meno che non si valutino gli involontari risvolti comici. Da ridere, infatti, sia le scene riguardanti l'evasione, sia la serie infinita di disavventure - degne del miglior fantozzi - sul treno. Per non parlare degli esilaranti personaggi: il direttore del carcere!! Il cattivone che si redime uccidendosi con lui!!! la donna, a cui il giovane evaso dice per prima cosa "ci facciamo una bella scopata"; che il cattivone insulta e mena; che i geni alla stazione trattano come fosse l'ultima rimbambita sulla faccia della terra; e lei che fa? Dopo 6 minuti - e ribadisco 6 - si butta fra le braccia del bel giovinastro, già bell'e cotta!!!!!
Forse che, oltre a essere totalmente idiota, sia anche un film un po' maschilista...?
Dimenticavo: il treno poteva essere semplicemente fermato, senza danni a persone o cose, dopo tre minuti. E ci saremmo risparmiati il film.
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[+] bah
(di giangibari)
[ - ] bah
[+] già, forse tu sai volare ...
(di vic fontaine)
[ - ] già, forse tu sai volare ...
[+] mah!
(di contrammiraglio)
[ - ] mah!
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