In un'era antica e selvaggia, il giovane Conan viene iniziato dal padre (un fabbro) ai misteri dell'Acciaio e al culto di Crom, Dio depositario dei segret del metallo.
Ma poco dopo il villaggio di Conan viene attaccato da un'orda di predoni, che uccidono gli uomini e le donne e schiavizzano i bambini. Conan, unico superstite della sua famiglia, diventa così prima uno schiavo legato ad una macina (estate e inverno, con qualsiasi clima, crescerà spingendo per anni quell'argano), poi iniziato ai combattimenti fra gladiatori. Diventato forte e potente verrà addestrato dai migliori maestri di scherma dell'oriente, per diventare una macchina da guerra inarrestabile. Ma una sera il suo stesso aguzzino, ebbro per il vino o forse roso dal rimorso, decide di liberarlo e per Conan inizia la vera avventura, quella della libertà.
La libertà permette a Conan (interpretato da un allora sconosciuto Schwarzeneggher, che con questo film sarebbe stato lanciato ad Hollywood) di conoscere l'amicizia (incontra Subotai, che da allora sarà il suo inseparabile compagno) e l'amore (una donna di nome Valeria, una ladra). E, soprattutto, riaffiora il desiderio di vendetta verso i carnefici dei suoi genitori. Carnefici che appartengono ad una setta di adoratori del serpente, che fa capo a Thulsa Doom (un enigmatico James Earl Jones). Dopo molte peripezie in cui Conan viene torturato, conosce un mago che lo aiuterà moltissimo e deve sopportare atroci supplizzi e perdite, si giunge alla battaglia finale.
Subotai e Conan affronteranno, in un tempio antico, la cavalleria di Thulsa. Conan, brandendo una spada di acciaio trovata in un seplocro (e che egli intende come dono di Crom) riuscirà a riscattare tutti gli anni di schiavitù e a vendicare gloriosamente i propri cari defunti. Per lui si avvia l'età in cui sarà libero non solo fisicamente, ma avrà anche chiuso tutti i conti col passato e potrà guardare avanti, al futuro, senza più incubi.
Il film è pregevole e si ricorda per molti motivi: in primis la colonna sonora, epica e con una cadenza marziale e "ancestrale"; per l'interpretazione di Arnold, scultoreo e possente guerriero arcaico in cerca di vendetta, e della Bergman (che per questo vinse il Golden Globe!), per le inquadrature (stupenda la sequenza iniziale con la forgiatura della spada e la battaglia nel tempio) e anche perchè, seppur la storia non sempre riesca a raggiungere un tono epico sufficiente, comunque ci riporta ad un mondo selvaggio e barbaro, in cui ciò che conta oltre all'acciaio e alla forza delle spade sono i sentimenti veri e i legami profondi tra le persone. Legami che possono essere più forti del metallo e della morte.
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