Non si sevizia un paperino

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Un film di Lucio Fulci. Con Irene Papas, Florinda Bolkan, Barbara Bouchet, Marc Porel, Tomas Milian.
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Poliziesco, durata 110 min. - Italia 1972. MYMONETRO Non si sevizia un paperino * * * - - valutazione media: 3,08 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

"Un terrorista del genere"...e della critica! Valutazione 4 stelle su cinque

di Francisco Goya


Feedback: 200 | altri commenti e recensioni di Francisco Goya
lunedì 30 dicembre 2013

"Non si possono dare tre stellette a un film di Fulci": è la frase pronunciata da uno (ma pensata da molti) dei critici cinematografici italiani del secolo andato. E questa austerità reazionaria, questo disprezzo quasi censorio sono stati cifra caratterizzante di tanta intellighenzia critica nei confronti delle opere del Maestro, senza salvarne nessuna dal limbo del trash all'italiana. Con le dovute cautele, questo è lo stesso atteggiamento con cui molta critica ipocrita bandiva i film di Pier Paolo Pasolini, ad esempio quel gioiello intitolato "La ricotta", considerandoli oltraggiosi, irreligiosi, immorali. Ammesse le distanze siderali tra i due cineasti, questa analogia serve solo ad evidenziare gli errori spesso commessi ( e spesso taciuti) da quelle autorità culturali che potevano permettersi il lusso di giudicare pubblicamente opere altrui in modo sprezzante e presuntuoso, e persino di ottenere seguito, facendo nascere dei luoghi comuni. Uno di questi è che Lucio Fulci sia stato capace solo di produrre roba di "serie B", magari celando un eufemismo. Un altro grande maestro che ha dovuto fare i conti con questo stato di cose fu Mario Bava: molti dei suoi film sono stati dimenticati, mentre in America sarebbero diventati dei cult di risonanza mondiale.
Ma le nuove generazioni hanno dato torto a gran parte di questa critica salottiera, in cui spesso e volentieri il termine "critica" coincideva col sinonimo di disapprovazione, e non con quello di analisi. Le nuove generazioni dell'horror e del thriller amano Lucio Fulci, terrorista e magistrale artigiano dei generi; se proprio si ha bisogno di grandi nomi, anche se non servirebbero, si annoveri tra i giovani che lo hanno riscoperto e rivalutato un pazzoide un po' attempato come Quentin Tarantino. 
Questa recensione non è finalizzata a smascherare nessuno, tanto meno ad assurgere al ruolo di "critica della critica" ma, senza nulla togliere all'autorevolezza dei recensori, per così dire, ufficiali, sarebbe necessario rimuovere completamente autocompiacimento e cliché,  e questo alone di sadismo obbligato contro una personalità del cinema italiano che ha dato tanto e ricevuto poco ( spesso francesi, tedeschi, ma anche oltreoceano, hanno visto meglio di noi italiani, adottando quelle personalità che noi abbiamo abbandonato per molto tempo a causa della nostra cecità). 
Lucio Fulci diceva di essere un terrorista dei generi (aggiungerei un regista sui generis, sgangherato, artaudiano, parossistico, geniale). Diceva che amava mettere quella bomba che faceva deflagrare il genere sino a deformarlo, a farlo diventare qualcosa di non categorizzabile e fortemente personale. Ora è diventato anche un terrorista della critica, implosa in se stessa dopo la sua resurrezione. Non ci sono fini apologetici, ma si guardi e si riguardi con attenzione "Non si sevizia un paperino", "Sette note in nero", "L'Aldilà" o anche qualcos'altro fin troppo presto cestinato come "La casa nel tempo", magari andando oltre le lacune oggettive, che pure esistono; magari pensando ad altri problemi oggettivi che attanagliavano il Maestro, come budget risibili, poca fiducia nelle sue capacità, disistima preventiva.
Un solo rimando al film: basta la scena del barbaro e straziante assassinio di Florinda Bolkan, sulle note di "Quei giorni insieme a te" di Ornella Vanoni, a far capire che ci si trova davanti a un grande film, meritevole di tre, magari anche di quattro stellette, qualora le stellette fossero davvero in grado di restituire simbolicamente il valore di un film.

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