Senza nulla togliere al film in sé, bisogna dire che molto del fascino di "Quattro mosche di velluto grigio" è dovuto all'estrema difficoltà di reperimento. Causa problemi vari con la casa di produzione, non ha mai avuto passaggi regolari in televisione, né è uscito in vhs (figuriamoci in dvd). Semplicemente, "Quattro mosche" non esisteva, se non nei ricordi di chi l'aveva visto all'epoca (ne ho sentito parlare per la prima volta da mia mamma, che ha visto tutti i primi film di Argento al cinema negli anni '70): ma, negli anni '80-'90, niente da fare, il film sembrava introvabile. Poi, inizia l'era Internet: riesco così a trovare, su EBay, un dvd ricavato da una videocassetta francese, qualità audio e video sufficienti, addirittura con un extra (la confessione finale, originariamente più lunga e particolareggiata che non nel montaggio definitivo). Posso dire, quindi, di essere tra coloro che vantano, nella propria videoteca, una vera rarità (ma su EBay qualche inserzione ogni tanto compare, anche a prezzi non proibitivi!).
Detto questo, nella prima trilogia argentiana, quella degli animali (la seconda, quella delle Madri, che sta per essere completata, dopo "Suspiria" e "Inferno"),"Quattro mosche" è meglio de "Il gatto a nove code" ma peggio dell' "Uccello dalle piume di cristallo". L'impianto è sempre quello del giallo-thriller, con qualche scena veramente da ricordare (esistono sempre, in ogni film di Argento): qui, tanto per citarne due, molto buona è la sequenza dell'inseguimento nel teatro (molto caro al regista, il sipario purpureo: tutti ricordano "Profondo rosso",la cui scena iniziale -la conferenza di Helga- è proprio ambientata in un teatro, e, trent'anni dopo, "Non ho sonno", con la rappresentazione del "Lago dei cigni"). Addirittura sublime, e qui buona parte del merito va alla musica di Morricone che la sottolinea, la scena in cui viene rivelata l'identità del maniaco (o, meglio, l'identità si rivela da sola). Sul piano narrativo, Argento costruisce una buona storia di follia e ossessioni, avvalendosi anche di valide prove di recitazione: il migliore, senza dubbio, Marielle nella parte del detective gay (una figura che riesce ad accattivarsi le simpatie, nella sua omosessualità triste e delusa e nella sua intelligenza disincantata, che lo porterà a scoprire la verità). Neppure Mimsy Farmer "passava per caso". Inverosimile, ma geniale, l'idea delle quattro mosche (cioè dell'ultima immagine rimasta impressa sulla retina prima di morire). Ora non resta che chiedersi: perché proprio quattro?
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