giancarlo marta
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lunedì 28 gennaio 2019
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gianga
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Complimenti per la bella ed acuta recensione di Gianleo 67 che, nonostante l'ambiente di quegli anni - da lui non vissuto - centra in pieno l'analisi di molte inconguenze del film. Riserve che egli esprime in modo notevole e tanto più meritevoli se si pensa alla sua distanza da quegli ambienti lontan: che lo pongono fuori da qualsiasi faziosità, confermando così l'obiettività delle sue osservazioni. A differenza di tanti nostalgici, che dopo 50 anni sono ancora imbevuti di quella ideologia ormai stantìa, senza che questa sia EVAPORATA almeno un po', lasciando così un po' di spazio per la verità dei fatti. Veramente lucido !
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onufrio
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martedì 15 dicembre 2015
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il disprezzo per la propria vita
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Alvise è "costretto" a stare su di una sedia a rotelle, nonostante le numerose visite da illustri luminari, data la ricchezza della propria famiglia, nesssuno riesce a guarirlo, in quanto il problema è nella mente del giovane, egli stesso infatti ripudia il proprio stato di benessere e di "potere" del padre, però lo usa di fronte a parenti e servitù. Soltanto l'amata zia, interpretata da una bellissima Lisa Gastoni, può dare la pace al giovane ragazzo. Primo film del regista Salvatore Samperi, autore di pellicole altrettanto famose come "Malizia", in cui si mette ancora una volta in risalto il rapporto fra una donna matura ed un giovane ragazzo, affrontando comunque tematiche diverse, ma regalandoci quel tocco di erotismo che contraddistingue la firma di Samperi.
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Alvise è "costretto" a stare su di una sedia a rotelle, nonostante le numerose visite da illustri luminari, data la ricchezza della propria famiglia, nesssuno riesce a guarirlo, in quanto il problema è nella mente del giovane, egli stesso infatti ripudia il proprio stato di benessere e di "potere" del padre, però lo usa di fronte a parenti e servitù. Soltanto l'amata zia, interpretata da una bellissima Lisa Gastoni, può dare la pace al giovane ragazzo. Primo film del regista Salvatore Samperi, autore di pellicole altrettanto famose come "Malizia", in cui si mette ancora una volta in risalto il rapporto fra una donna matura ed un giovane ragazzo, affrontando comunque tematiche diverse, ma regalandoci quel tocco di erotismo che contraddistingue la firma di Samperi.
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fabio57
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venerdì 4 settembre 2015
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un cult
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Ottimo film di Samperi,che con grande maestria, dirige questo morboso e intrigante film.Il rapporto incestuoso è di per se materia di trasgressione,ma qui olre a questo si respira un'atmosfera di perversione,una tensione erotica intensa,il tutto sapientemente dosato, in un cocktal riuscito di grande erotismo e necrofilia.Eros e tanatos si avvicendano e si consumano in perfetto equilibrio.
Ottima la prova degli interpreti con una Lisa Gastoni conturbante, dal fascino raffinato ed elegante.
un cult
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ceppi
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mercoledì 18 giugno 2014
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film sull'incesto,non erotico, ma un'pò noioso.
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All'esordio nella regia, il padovano Salvatore Samperi, diventa noto con questo dramma-incestuoso di grande successo mondiale. Il film presenta alcune scene di nudità con la Gastoni e alcune di autoerotismo con Lou Castel e sempre la Gastoni, senza sfociare nell'eros esplicito. Il film uscì VM18 e suscito grande scalpore ma oggi fa ridere. Il film racconta di Alvise, ricco e svogliato ragazzo che finge una paralisi alle gambe per non ereditare il posto di lavoro del padre. Viene affidato alla cure della zia materna Lea, interpretata da una straordinaria Lisa Gastoni che vinse anche una Targa d'oro col David Donatello 1968, la quale sopporta tutti i comportamenti presuntuosi e arroganti del nipote (Lou Castel).
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All'esordio nella regia, il padovano Salvatore Samperi, diventa noto con questo dramma-incestuoso di grande successo mondiale. Il film presenta alcune scene di nudità con la Gastoni e alcune di autoerotismo con Lou Castel e sempre la Gastoni, senza sfociare nell'eros esplicito. Il film uscì VM18 e suscito grande scalpore ma oggi fa ridere. Il film racconta di Alvise, ricco e svogliato ragazzo che finge una paralisi alle gambe per non ereditare il posto di lavoro del padre. Viene affidato alla cure della zia materna Lea, interpretata da una straordinaria Lisa Gastoni che vinse anche una Targa d'oro col David Donatello 1968, la quale sopporta tutti i comportamenti presuntuosi e arroganti del nipote (Lou Castel). La donna è fidanzata col giornalista Stefano (Gabriele Ferzetti) che, al contrario dell'amante, odia il ragazzo e non ne sopporta i comportamenti e la sua presenza. Oltra ad essere "paralizzato", il ragazzo soffre di nervosi e si accanisce nervosamente contro tutti e tutto. La relazione di fidanzamento tra Lea e Stefano viene interrotta e spaccata quando Alvise e sua zia iniziano a baciarsi e toccarsi morbosamente le parti initme, consumando l'incesto in maniera "strettamente" platonica. La vita di Lea viene consumata nell'incesto e nelle violenze che subisce per opera del nipote. Inoltre, Alvise costringe Lea partecipare in strani giochetti del tipo "nascondino" a sfondo tragico. Il film si conclude quando Alvise chiede a sua zia di praticargli l'eutanasia . . . Film sessuofobo che cerca di stuzzicare il pubblico solo con scene erotiche da "serratura" in b/n (ad esempio, in una scena del film Alvise spia le gambe della zia e per vederle la vulva butta a terra un diabolik ecc. Il film è un'pò noioso, ma sono simpatiche e allegre le musiche di Ennio Morricone ed anche il cartone animato intitolato dai titoli di testa. All'epoca causò enorme scalpore, oggi fà ridere. Premio per miglior fotografia in b/n e un David Donatello (Targa d'oro) a Lisa Gastoni.
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gianleo67
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venerdì 1 giugno 2012
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eros e thanathos...in quel di padova
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Alvise, rampollo viziato e ribelle di una ricca famiglia di industriali veneti, finge una paraplegia per attrarre le attenzioni di genitori distratti. Finisce accudito in casa della bella e matura zia materna. Tra una nevrosi e l'altra il rapporto tra i due si fa sempre più morboso e malato. Epilogo tragico. Dramma psicologico giocato sul registro ironico di una di una poco convincente satira anti-sociale e su quello ancor meno riuscito di pruriginosa e iconoclasta commedia di costume. Gli elementi che vorrebbero definire il clima di contestazione sociale e politica (correva l'anno 1968!) paiono ingenuamente abbozzati in una cornice ideologica superficiale e spesso irritante, risolvendosi talvolta con ridicole soluzioni figurative (il plastico che riproduce un classico scenario di guerra in Vietnam, la demenziale contabilità degli 'offesi' sul campo, la reazionarietà retriva del falso intellettuale 'liberal' impegnato in un reportage sulla tragedia degli alluvionati, persino un primo piano di un ritratto di Stalin!).
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Alvise, rampollo viziato e ribelle di una ricca famiglia di industriali veneti, finge una paraplegia per attrarre le attenzioni di genitori distratti. Finisce accudito in casa della bella e matura zia materna. Tra una nevrosi e l'altra il rapporto tra i due si fa sempre più morboso e malato. Epilogo tragico. Dramma psicologico giocato sul registro ironico di una di una poco convincente satira anti-sociale e su quello ancor meno riuscito di pruriginosa e iconoclasta commedia di costume. Gli elementi che vorrebbero definire il clima di contestazione sociale e politica (correva l'anno 1968!) paiono ingenuamente abbozzati in una cornice ideologica superficiale e spesso irritante, risolvendosi talvolta con ridicole soluzioni figurative (il plastico che riproduce un classico scenario di guerra in Vietnam, la demenziale contabilità degli 'offesi' sul campo, la reazionarietà retriva del falso intellettuale 'liberal' impegnato in un reportage sulla tragedia degli alluvionati, persino un primo piano di un ritratto di Stalin!). Vale più come tragica messa a fuoco di una certa disgregazione dei valori sociali tradizionali (la famiglia, la repressione sessuale, il rigetto di convenzioni piccolo-borghesi) e più sul piano teorico che pratico. Un esordiente e acerbo (ancorchè abile) Samperi si cimenta con un soggetto difficile e dal fascino morboso, ma sbaglia sovente il registro e pare più interessante nel filmare il dettaglio di un disagio esistenziale attraverso la gestualità ed il linguaggio non verbale che nella insistita prolissità declamatoria di certe scene. Non giova alla causa nemmeno un ritmo frammentato e discontinuo (ancorchè sostenuto da una ossessiva litania fanciullesca del maestro Morricone), nè la scialba prova degli attori: un Lou Castel gigione e un pò sopra le righe ed una Lisa Gatoni di algida staticità. Di routine la prova del sempre bravo Ferzetti. Finale un pò fiacco, dove le pulsioni autodistruttive e la morbosità dell'incestuoso rapporto sado-masochistico tra i due protagonisti non raggiungono un climax di tragica credibilità. Una buona occasione mancata.
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