luca scial�
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martedì 23 dicembre 2014
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olmi ancora sul mondo del lavoro
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Dopo l'esordio con Il tempo si è fermato, Olmi ritorna sul mondo del lavoro con questa pellicola. Se nel precedente lavoro ci ha descritto la solidarietà tra lavoratori che si trovano nella stessa situazione isolata e difficile su una montagna, qui ci parla della classe impiegatizia. Quella più cinica e calcolatrice nella Milano caotica del boom economico. Lo fa attraverso le vicende del giovane Domenico Cantoni che si affaccia per la prima volta nel mondo del lavoro finendo in una grossa azienda. Conosce la bella Antonietta, di cui si infatua ma che viene assunta in un altro reparto.
Un film rilassante, lineare, delicato ma non noioso. Si riscontra anche qualche tocco allegro e allegorico.
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Dopo l'esordio con Il tempo si è fermato, Olmi ritorna sul mondo del lavoro con questa pellicola. Se nel precedente lavoro ci ha descritto la solidarietà tra lavoratori che si trovano nella stessa situazione isolata e difficile su una montagna, qui ci parla della classe impiegatizia. Quella più cinica e calcolatrice nella Milano caotica del boom economico. Lo fa attraverso le vicende del giovane Domenico Cantoni che si affaccia per la prima volta nel mondo del lavoro finendo in una grossa azienda. Conosce la bella Antonietta, di cui si infatua ma che viene assunta in un altro reparto.
Un film rilassante, lineare, delicato ma non noioso. Si riscontra anche qualche tocco allegro e allegorico. Spesso Olmi nella sua carriera si occupera di vicende legate al mondo del lavoro, senza pretese intellettuali nè forzatamente vicine alle classi operaie.
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stefanocapasso
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venerdì 28 settembre 2018
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speranze e delusioni della modernità
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Domenico vive a Meda con famiglia, ha lasciato la scuola e vive nella cascina con la famiglia in attesa di un lavoro. Grazie ad una conoscenza del padre può sostenere un colloquio a Milano che gli darà modo di diventare fattorino. Durante le prive incontra Magalie, giovane ragazza che verrà assunta dall’azienda. Ma proprio dopo essere stati assunti sarà più difficile l’incontro tra i due
Ermanno Olmi parte dagli stilemi del neorealismo, usa attori non professionisti, dialetto e riprese in strada. Ma la strada non è più quella di 15 anni prima, ora l’industrializzazione cambia le città e i costumi degli abitanti.
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Domenico vive a Meda con famiglia, ha lasciato la scuola e vive nella cascina con la famiglia in attesa di un lavoro. Grazie ad una conoscenza del padre può sostenere un colloquio a Milano che gli darà modo di diventare fattorino. Durante le prive incontra Magalie, giovane ragazza che verrà assunta dall’azienda. Ma proprio dopo essere stati assunti sarà più difficile l’incontro tra i due
Ermanno Olmi parte dagli stilemi del neorealismo, usa attori non professionisti, dialetto e riprese in strada. Ma la strada non è più quella di 15 anni prima, ora l’industrializzazione cambia le città e i costumi degli abitanti. Quella dei due protagonisti è la traiettoria tipica delle persone normali di fronte alla modernità. Scombussolate, cercano di trovare nuovi equilibri, e per qualcuno sarà più facile che per altri. Pur usando dialoghi scarni e semplici possiamo entrare completamente nella psicologia e nello stato emotivo del protagonista, condividendone le speranze e le delusioni.
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carloalberto
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martedì 18 maggio 2021
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un documento in forma poetica
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Con lo stile neorealistico di Ladri di biciclette di De Sica o del primo Fellini, quello dei Vitelloni e del Bidone, ed un approccio quasi documentaristico, con i dialoghi per strada in presa diretta che si mescolano ai rumori della strada e quasi ne sono sommersi, Olmi gira un film denso di poesia a testimonianza imperitura di un’epoca di angosciose trasformazioni sociali che coinvolsero soprattutto gli immigrati al settentrione. Il protagonista, impersonato da un giovane attore che ha la faccia innocente ed i pudori di un borgataro pasoliniano, è l’immigrato di seconda generazione, figlio di quei contadini che lasciarono la terra, intesa come luogo di identità storica e geografica, per abitare l’anonimo hinterland della Milano produttiva e già caotica di traffico degli anni ‘60, felice di essere arruolato nelle fila del nascente modello capitalistico italiano come impiegato nella grande azienda del nord e sebbene destinato all’abbrutimento di un lavoro monotono e senza gratificazioni e ad una vita di pendolare, si ritiene fortunato perché con i primi soldi guadagnati potrà comprare una motocicletta “in società” con il padre ed aspirare all’impermeabile alla moda che la madre non può permettersi di comprargli per il suo primo giorno di travet.
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Con lo stile neorealistico di Ladri di biciclette di De Sica o del primo Fellini, quello dei Vitelloni e del Bidone, ed un approccio quasi documentaristico, con i dialoghi per strada in presa diretta che si mescolano ai rumori della strada e quasi ne sono sommersi, Olmi gira un film denso di poesia a testimonianza imperitura di un’epoca di angosciose trasformazioni sociali che coinvolsero soprattutto gli immigrati al settentrione. Il protagonista, impersonato da un giovane attore che ha la faccia innocente ed i pudori di un borgataro pasoliniano, è l’immigrato di seconda generazione, figlio di quei contadini che lasciarono la terra, intesa come luogo di identità storica e geografica, per abitare l’anonimo hinterland della Milano produttiva e già caotica di traffico degli anni ‘60, felice di essere arruolato nelle fila del nascente modello capitalistico italiano come impiegato nella grande azienda del nord e sebbene destinato all’abbrutimento di un lavoro monotono e senza gratificazioni e ad una vita di pendolare, si ritiene fortunato perché con i primi soldi guadagnati potrà comprare una motocicletta “in società” con il padre ed aspirare all’impermeabile alla moda che la madre non può permettersi di comprargli per il suo primo giorno di travet. Olmi con garbata ironia descrive il mondo impiegatizio che sarà fonte di ispirazione, anni dopo, per i film di Paolo Villaggio, ma il suo sguardo non è sarcastico come quello del comico genovese ma trasuda amore per un popolo sradicato dalla sua terra, da quel mondo perduto per sempre che descriverà vent’anni dopo nel L’albero degli zoccoli.
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