dario
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domenica 21 agosto 2011
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melodrammone
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Il guaio sta nell'impostazione. Che è legata ala compassione e al presunto coraggio borghese di scendere nelle strade: è questa la chiave del neorealismo italiano, tutto velletario e realmente estraneo alle vicende nelle quali si va ad imbarcare. Le vicende ne escono a pezzi, sovraccariche di un moralismo da sacrestia (non per niente c'è di mezzo Testori). Le persone, che non si vogliono conoscere, vengono travestite da personaggi patetici e improbabili. Le esagerazioni danneggiano tutto. Pessima, poi, l'idea di affidare a Visconti - un dandy a volte insopportabile - l'operazione (Visconti è bravo in Senso, tema a lui congeniale) .
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Il guaio sta nell'impostazione. Che è legata ala compassione e al presunto coraggio borghese di scendere nelle strade: è questa la chiave del neorealismo italiano, tutto velletario e realmente estraneo alle vicende nelle quali si va ad imbarcare. Le vicende ne escono a pezzi, sovraccariche di un moralismo da sacrestia (non per niente c'è di mezzo Testori). Le persone, che non si vogliono conoscere, vengono travestite da personaggi patetici e improbabili. Le esagerazioni danneggiano tutto. Pessima, poi, l'idea di affidare a Visconti - un dandy a volte insopportabile - l'operazione (Visconti è bravo in Senso, tema a lui congeniale) . Recitazione sopra le righe, inevitabilmente, ma accettabile quella della Paxinou, che riesce grande sempre e comunque. Gran lavoro di scenografia, sceneggiatura, invece, tirata via. Virtuosismo registico a forte tinte.
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il cinefilo
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martedì 8 febbraio 2011
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il capolavoro di luchino visconti
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La storia è quella di una famiglia lucana emigrata a Milano in cerca di una vita migliore ma in cui,soprattutto a causa di uno dei fratelli chiamato Simone,l'unità dei fratelli rischia seriamente di finire nel baratro.
Luchino Visconti racconta un grande dramma familiare(ambientato sullo sfondo tematico della pesante divisione sociale che separa le città del Nord da quelle del meridione)con la sua consueta,affascinante e intensa(a volte ai limiti della sopportabilità)durezza psicologica con i quali descrive e contemporaneamente analizza le figure dei vari fratelli protagonisti(si va dall'ingenuità di Rocco alla profonda decadenza di Simone che sfocerà addirittura nell'omicidio)mettendo in risalto anche la loro fiera appartenenza alle terre del Sud dalle quali sono stati costretti a fuggire e nei quali avrebbero aspirato a tornare non appena la situazione sarebbe finalmente diventata propizia per una vita vera.
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La storia è quella di una famiglia lucana emigrata a Milano in cerca di una vita migliore ma in cui,soprattutto a causa di uno dei fratelli chiamato Simone,l'unità dei fratelli rischia seriamente di finire nel baratro.
Luchino Visconti racconta un grande dramma familiare(ambientato sullo sfondo tematico della pesante divisione sociale che separa le città del Nord da quelle del meridione)con la sua consueta,affascinante e intensa(a volte ai limiti della sopportabilità)durezza psicologica con i quali descrive e contemporaneamente analizza le figure dei vari fratelli protagonisti(si va dall'ingenuità di Rocco alla profonda decadenza di Simone che sfocerà addirittura nell'omicidio)mettendo in risalto anche la loro fiera appartenenza alle terre del Sud dalle quali sono stati costretti a fuggire e nei quali avrebbero aspirato a tornare non appena la situazione sarebbe finalmente diventata propizia per una vita vera.
Milano appare alla famiglia di Lucano sia come la"terra promessa"che come un universo sconosciuto in cui è praticamente impossibile riscoprire le proprie radici natie amplificando quindi la dimensione tragica della storia facendoci scoprire una realtà che,al giorno d'oggi,si tende molto spesso a dimenticare...lo reputo perciò il miglior film della carriera di Luchino Visconti.
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nalipa
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venerdì 8 ottobre 2010
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bellissimo
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Storia, semplicemente storia.
Chi ama il cinema non può non vedere questo c a p o l a v o r o!!!
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dario
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mercoledì 8 settembre 2010
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melodrammone
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L'abilità registica spiega il voto, tutto sommato alto, per quanto mi riguarda. La storia: è troppo cupa, melodrammatica per forza, con impeti sanguigni e compiacimenti letterari, tipici del cosiddetto neoralismo (in realtà un'operazione borghese, con tante lacrime di plastica). Gli attori si adeguano al triste andazzo, si lasciano andare ad una specie di fato che deprime tutto quanto. Datato lo stile di Visconti, tutto fuoco e fiamme, quanto povero di fantasia e di umanità vera. Una cosa trascinata, monocorde, rigida come un manichino. Grande bianco e nero, e buon ritmo, ma proprio niente altro. Lungo e insopportabile, alla fine.
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g. romagna
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mercoledì 1 settembre 2010
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rocco e i suoi fratelli
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Una famiglia di contadini lucani, madre e cinque figli (Vincenzo, Rocco, Simone, Ciro e il piccolo Luca) si trasferisce a Milano per cercare lavoro. Il padre è morto diversi anni fa. La vita è dura sin dal principio, perchè trovare occupazione non è facile. Vincenzo, che già abitava a Milano, si sposa con Ginetta e ha un figlio; Rocco, il più buono, parte da soldato; Ciro trova lavoro all'Alfa Romeo e Simone, dedito al pugilato, si perde tra le braccia della prostituta Nadia. La sua vita si tinge sempre più di torbido; alcool, sigarette ed affari loschi lo inducono ad abbandonare lo sport proprio mentre è Rocco che si avvia ad emergere nella medesima disciplina. Il rapporto tra Simone e Nadia si rompe, ed è Rocco ad avvicinarsi a lei.
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Una famiglia di contadini lucani, madre e cinque figli (Vincenzo, Rocco, Simone, Ciro e il piccolo Luca) si trasferisce a Milano per cercare lavoro. Il padre è morto diversi anni fa. La vita è dura sin dal principio, perchè trovare occupazione non è facile. Vincenzo, che già abitava a Milano, si sposa con Ginetta e ha un figlio; Rocco, il più buono, parte da soldato; Ciro trova lavoro all'Alfa Romeo e Simone, dedito al pugilato, si perde tra le braccia della prostituta Nadia. La sua vita si tinge sempre più di torbido; alcool, sigarette ed affari loschi lo inducono ad abbandonare lo sport proprio mentre è Rocco che si avvia ad emergere nella medesima disciplina. Il rapporto tra Simone e Nadia si rompe, ed è Rocco ad avvicinarsi a lei. I due si amano, in maniera pura e sincera. Simone lo scopre e, non potendolo tollerare, afferma la sua volontà di possesso stuprando la ragazza davanti a Rocco, il quale, sentendosi colpevole, la lascia e la dirige tra le braccia del fratello, secondo lui più bisognoso del suo affetto. Nadia, un po' per sottomissione ed un po' per ripicca, agisce così come le è stato detto ed accompagna Simone nel suo cammino di autodistruzione. Tra i due si giunge di nuovo a rottura in prossimità di un nuovo arresto per il ragazzo. Costui, non volendosi rassegnare alla prospettiva, la reincontra proprio nel giorno in cui Rocco sta ottenendo un grande trionfo pugilistico. La resa dei conti sarà drammatica... Splendido e commovente affresco del meridione migrante entro il quale Visconti dipinge una vicenda dalle forti tinte dostoevskijane: se in Rocco emergono infatti tutti i caratteri dei "buoni" per antonomasia verso tutti, senza se e senza ma, del grande romanziere russo, dall'Alesa Karamazov al principe Myskin passando per il Dmitrij redento che afferma, così come il protagonista di questa pellicola, di volersi sobbarcare sulle spalle tutti i peccati degli altri, in Simone vediamo incarnato quel vizio e quella disperazione che culminano nel dramma a sfondo edipico. Ciro è il ragazzo onesto e razionale, che non si arrende al male, allo sfascio, e fa di tutto per professare quotidianamente la propria rettitudine. Vincenzo è sinonimo di equilibrio, di stabilità, della realizzazione di quel poco che i migranti desideravano - e desiderano tuttora - nei propri viaggi verso un domani migliore, e il piccolo Luca è la speranza di mantenere vive le proprie radici, l'attaccamento alla propria terra natìa da cui si è stati brutalmente sradicati verso una nuova dimensione, perchè al "paese" si è poveri, ci si spacca la schiena quotidianamente nei campi, ma almeno si è "tutti insieme", uniti, lontani da quegli abissi di perdizione della dimensione metropolitana che tuttavia, come sconsolatamente ammette Ciro, stanno contagiando anche la campagna, perchè il mondo sta cambiando e tutti vogliono che sia così. Un grande film con interpretazioni straordinarie di Alain Delon (Rocco), Annie Girardot (Nadia) e, soprattutto, Renato Salvatori (Simone).
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francesco2
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lunedì 9 agosto 2010
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sono un eretico? sì!
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Sì, a costo di essere eretico, dico che questo presunto capolavoro non mi è piaciuto più di tanto. Ma insomma... davvero tutte le madri, anche quelle degli anni'60, sono angeli del focolare buoni e devoti ai figli? Davvero è così plausibile trovare un fratello che si sacrifichi fino a quel punto per l'altro dopo ciò che era successo? Da un lato era sangue del suo sangue, dall'altro però erano avvenute cose gravi. Rocco poi è interpretato da un giovanissimo Delon,che ne fa un personaggio ancora più stereotipato con le sue fattezze angeliche. Se il messaggio di Visconti era fornire un'idea di famiglia che resiste nonostante le difficoltà, forse proprio per questo, persino in un "Impianto" di questo genere, tendente al melodramma, bisognava coglierne i risvolti più provocatori, e non affidarsi così tanto a scene "parlate" ( Si pensi al -Praticamente- monologo che uno dei protagonisti "recita" con una ragazza sulla condizione dei meridionali, nel secondo tempo del film).
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Sì, a costo di essere eretico, dico che questo presunto capolavoro non mi è piaciuto più di tanto. Ma insomma... davvero tutte le madri, anche quelle degli anni'60, sono angeli del focolare buoni e devoti ai figli? Davvero è così plausibile trovare un fratello che si sacrifichi fino a quel punto per l'altro dopo ciò che era successo? Da un lato era sangue del suo sangue, dall'altro però erano avvenute cose gravi. Rocco poi è interpretato da un giovanissimo Delon,che ne fa un personaggio ancora più stereotipato con le sue fattezze angeliche. Se il messaggio di Visconti era fornire un'idea di famiglia che resiste nonostante le difficoltà, forse proprio per questo, persino in un "Impianto" di questo genere, tendente al melodramma, bisognava coglierne i risvolti più provocatori, e non affidarsi così tanto a scene "parlate" ( Si pensi al -Praticamente- monologo che uno dei protagonisti "recita" con una ragazza sulla condizione dei meridionali, nel secondo tempo del film).
Più interessanti mi sembrano semmai la figura di Simone e quella del personaggio interpretato dalla Girardot, ben scritto, doppiato e recitato. Quanto al film "Di suo", prescindendo dai giudizi sulle interpretazioni, un risvolto interessante è l'idea del "furto" che i personaggi compiono a danno dell'altro. Vediamo perché.
Spesso si "Impossessano" di ciò che appartiene agli altri: valga per la camicia trafugata (Momentaneamente) da Simone. Qua Visconti ci azzecca in tutti i sensi: prima, quando il giovane si impossessa dell'indumento, dà il senso della "Nefandezza" dell 'azione tramite un commento sonoro adeguato, poi ritorna sul "Rubare" quando il personaggio torna al negozio: nel momento in cui restituisce la camicia RUBA (All'inizio, per la verità) il bacio della proprietaria. Dunque ritorna sul luogo del delitto continuando a rubare, nel momento in cui restituisce il....maltolto. Andando avanti, una visione tremendamente misogina(Ma allora non sarebbe stata così strana, forse) è che Rocco ha "rubato" la Girardot al fratello: nella violenta colluttazione tra i due, il secondo consuma la sua vendetta nel momento in cui passa un treno. Usare violenza nei confronti di Rocco è un modo per rifarsi(?) della violenza (Ma davvero?) subita. Né manca il risvolto economico, ovviamente, anzi man mano che la narrazione procede i soldi che non appartengono a Simone sono la causa del litigio con un altro personaggio; "Vuoto", nel senso che non possiede più nulla(I soldi, la carriera), l'uomo forse tenta di rifarsi riappropriandosi dei ciò che gli "apparteneva", la Girardot. Quando costei (Forse un pò irrealisticamente, dato il personaggio) gli "spalanca" il proprio corpo, non può che farlo suo, insieme all'anima dell'amata, impedendole di vivere ancora.Ora è sua, come l'oggetto del "Contendere" in un baratto.
In un impeto (Realistico?) di amore fraterno, però, Rocco cerca di "fare sua" la carriera del fratello, non più RUBANDO ma cercando di calarsi nei suoi panni. Sotto sotto, forse, è proprio questa un'altra lettura del film: che quando cerchiamo di non essere noi stessi, dobbiamo farlo solo per venire incontro a noi e agli altri.
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dario
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sabato 7 agosto 2010
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melodramma bulimico
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Grande bianco e nero, cinema visivo di classe, ma vicenda melodrammatica oltre la sopportazione. Gioco realistico di intellettuali annoiati e presuntuosi, fortemente coinvolti in velleità di bassa letteratura (il peggior Zola, per intenderci, al quale Testori - suo il soggetto di base - sembra ispirarsi in modo particolare, passionale sino all'ossessione). Film troppo lungo e troppo compiaciuto nelle scene "malate", modesta analisi di un ambiente semplice e complesso allo stesso tempo: eccessiva superficialità e inviolabile senso di appartenenza a paternalistici censori, animati di degnazione più che di comprensione e virtuosa compassione. Visconti pesce fuor d'acqua.
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Grande bianco e nero, cinema visivo di classe, ma vicenda melodrammatica oltre la sopportazione. Gioco realistico di intellettuali annoiati e presuntuosi, fortemente coinvolti in velleità di bassa letteratura (il peggior Zola, per intenderci, al quale Testori - suo il soggetto di base - sembra ispirarsi in modo particolare, passionale sino all'ossessione). Film troppo lungo e troppo compiaciuto nelle scene "malate", modesta analisi di un ambiente semplice e complesso allo stesso tempo: eccessiva superficialità e inviolabile senso di appartenenza a paternalistici censori, animati di degnazione più che di comprensione e virtuosa compassione. Visconti pesce fuor d'acqua. Si salva spettacolarmente per la sua naturale bravura cinematografica.
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[+] bravissimo
(di francesco2)
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federer85
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domenica 16 maggio 2010
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il migliore
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A mio avviso, il miglior film italiano di tutti i tempi assieme a ladri di biciclette.
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loewe
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mercoledì 6 maggio 2009
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immenso
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la scena dell'uccisione di Nadia all'Idrosacalo, è davvero la scena di morte piu' bella del cinema di tutti i tempi, al pari di Marlon Brando nel Padrino e di Anna Magnani in Roma città aperta. Quando potremo rivedere tanta bellezza?....
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ethan
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venerdì 13 febbraio 2009
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titolo sbagliato!
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A mio modo di vedere, siccome, l'aristocratico regista Luchino Visconti, NON piaceva il proletariato; il titolo del film avrebbe dovuto essere: "Terroni" a Milano.
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