salvo
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domenica 5 maggio 2013
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il volo, la maschera, lo specchio.
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Il volto è sicuramente il più enigmatico tra tutti quelli del maestro svedese.
In esso il regista pare sospeso tra il razionalismo, l'illuminismo e il positivismo dello scienziato Vergerus e le pratiche magiche dell'ipnotico Vogler.
Finendo per dipingere fedelmente quanto realmente avveniva nella vecchia Europa alla metà del secolo XIX°.
Non a caso Ingmar Bergman sceglie con cura l'ambientazione: lo fa proprio perché vuole descrivere l'atteggiamento mentale che anche le persone più colte all'epoca praticavano: da una parte propugnando le nuove discipline scientifiche, dall'altra strizzando l'occhio sia alla magia tradizionale, retaggio di anni più bui, sia alle nuove pratiche del mesmerismo.
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Il volto è sicuramente il più enigmatico tra tutti quelli del maestro svedese.
In esso il regista pare sospeso tra il razionalismo, l'illuminismo e il positivismo dello scienziato Vergerus e le pratiche magiche dell'ipnotico Vogler.
Finendo per dipingere fedelmente quanto realmente avveniva nella vecchia Europa alla metà del secolo XIX°.
Non a caso Ingmar Bergman sceglie con cura l'ambientazione: lo fa proprio perché vuole descrivere l'atteggiamento mentale che anche le persone più colte all'epoca praticavano: da una parte propugnando le nuove discipline scientifiche, dall'altra strizzando l'occhio sia alla magia tradizionale, retaggio di anni più bui, sia alle nuove pratiche del mesmerismo.
Vergerus, scientista e positivista, da una parte; Vogler, ipnotista e mesmerista, dall'altra, incarnano la posizione attendista e indecisa, in una parola baricentrica, di Ingmar Bergman.
Che, poi, è anche quella comune a molti intellettuali razionalisti di quell'epoca.
Il volto è un film fatto di momenti bui, sapientemente alternati a sprazzi di pura commedia.
Come avviene nel finale del film, ad esempio, con l'allegro carosello dei commedianti e delle guardie che si inseguono per gli scaloni del palazzo, su un sottofondo di musica brillante.
Il film ha diviso gli estimatori del cinema di Ingmar Bergman: alcuni di loro lo hanno preferito al Settimo sigillo e al Posto delle fragole. Io, nel mio piccolo, non sono fra questi.
Ingmar Bergman ha saputo continuare magistralmente nel suo divertissement fatto di dualismi e contrapposizioni.
Senza peraltro mai indicare dove sia la ragione, anzi sparigliando le carte; e senza nutrire l'ambizione di indicare da quale parte sia il bene e da quale il male, anzi certe volte, addirittura confondendoli.
Non si può sostenere che abbia saputo, ancora una volta, spiegarci cosa voglia dire desiderarsi, amare, sposarsi, congiungersi sessualmente, attrarsi magneticamente tra sessi diversi.
Ha raccontato l'amore nelle sue diverse sfaccettature: l'amore matrimoniale muto e devoto di Vogler e della sua consorte; il matrimonio bianco del console Egerman e della moglie, che dalla morte della figlia non giacciono più insieme; l'amore giovanile tra Simson e Sara; l'amore maturo tra Tubal e Sofia.
E' brillantemente riuscito a contrapporre l'essere all'apparire: come avverrà qualche anno dopo in Persona, anche qui la moglie del console scambia Vogler per il marito.
E' riuscito a giocare con gli specchi, coi volti e le loro espressioni, con le maschere: un gioco che peraltro gli è sempre congeniale quando adopera la... lanterna magica.
Ha preso in giro, ancora una volta, l'arte della recitazione e le professioni medico-scientifiche.
Si è posto una serie di interrogativi e poi, con la disinvoltura che gli è consueta, disattendere le risposte, anzi aspettare che lo spettatore se le cerchi da solo.
Ha anche cercato di filmare il momento supremo della morte; di fotografare l'attimo fuggente dell'ultimo passaggio dal quale è stato ossessionato per quasi tutta la sua vita.
E chi, meglio del dottor Vogler potrebbe raccogliere meglio questa eloquente, magistrale testimonianza tanatologica?
Ma nemmeno lui, il Genio di Uppsala, che ha passato tutta la sua attività cercare di cogliere l'attimo, di studiarne le cause, di indagarne le paure, è mai riuscito a svelare il segreto supremo; l'umano, insondabile mistero della vita e della morte.
Tanto meno ad arrivarci vicino.
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luca scial�
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martedì 13 agosto 2013
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esoterismo vs scienza
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Metà ottocento, Svezia. La compagnia dell'illusionista Vogler viene convocata nella casa del Console Egerman, al fine di esibirsi ed essere sottoposta all'analisi empirica del dottor Vergerus e della legge impersonificata dal Prefetto. Nello scetticismo generale si scatena un duello tra Scienza da un lato ed Esoterismo dall'altro. Nel mezzo la curiosità della servitù che, tra ingenuità e paura, sembra essere attratta dagli illusionisti.
Film misterioso di Bergman, sulla magia e sull'eterno scontro con la Scienza, che nell'epoca in cui è ambientato il film, viveva la sua massima convinzione di poter svelare ogni mistero della vita.
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Metà ottocento, Svezia. La compagnia dell'illusionista Vogler viene convocata nella casa del Console Egerman, al fine di esibirsi ed essere sottoposta all'analisi empirica del dottor Vergerus e della legge impersonificata dal Prefetto. Nello scetticismo generale si scatena un duello tra Scienza da un lato ed Esoterismo dall'altro. Nel mezzo la curiosità della servitù che, tra ingenuità e paura, sembra essere attratta dagli illusionisti.
Film misterioso di Bergman, sulla magia e sull'eterno scontro con la Scienza, che nell'epoca in cui è ambientato il film, viveva la sua massima convinzione di poter svelare ogni mistero della vita. Se a un passo dalla fine, l'illusionismo sembra aver miseramente perso, incassa un riscatto sul filo del rasoio. Il film vinse il Premio speciale della giuria.
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aldo marchioni
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domenica 15 gennaio 2017
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bergman
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Bergman. Potrebbe - e dovrebbe - bastare.
Onirico, senza dubbio. Leggo che è considerato "complesso". Può darsi, a me è sembrato perfino lineare.
Così come nella successiva Fontana della Vergine Ingmar Bergman avrebbe costruito un clima di violenza estrema senza mostrare una goccia di sangue, qui si crea un suspence incredibile, un horror ed una tensione senza fine nella scena della "resurrezione".
Come spesso in Bergman, il film inizia in modo "strano", quasi ingenuo, poi è un crescendo (penso al Settimo Sigillo, A Monica e il Desiderio, alla già nominata Fontana della Vergine), coinvolgente. Sempre, comunque, una bellissima sensazione quando si riaccende la luce in sala.
Grazie al Piccolo Cinema Paradiso di Brescia che offre l'opportunità di rivedere questi capolavori.
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