The Handsome Suit

Il cuoco Takuro (Tsukaji Muga) è un 'brutto anatroccolo', tanto impacciato con le donne quanto bravo ai fornelli. Ingenuamente convinto di essere un gran simpaticone, trascorre le giornate con i clienti affezionati del coloratissimo ristorante in gestione, tra l'abitudine di mettersi il dito nel naso - e stimolare riflessioni esistenziali - e il sogno di riuscire ad essere un giorno felice. Assume la giovane e bella Hiroko (Kitagawa Keiko) e se ne innamora perdutamente ma il suo corteggiamento goffo e grossolano allontana la ragazza dal locale. Poco dopo, a coprire il posto vacante di cameriera, si presenta Hone (Oshima Miyuki), inguaribilmente nerd, cicciotella e imbranata come Takuro. Ma le maggiori preoccupazioni del protagonista sono rivolte altrove: due bizzarri mentori gli regalano un vestito magico, capace di trasformarlo nel bellissimo Annin (Tanihara Shosuke), modello richiestissimo dello star system giapponese. Fino a metà giornata è l' 'ugly' Taruko, la sera diventa il meraviglioso Annin. Uno sdoppiamento di facciata che non andrà avanti molto a lungo.
È meglio essere belli e superficiali tutta la vita o apprezzare le piccole gioie di ogni giorno, curandosi dello spirito e trascurando i gingilli dell'apparenza? La domanda è banale, la risposta scontata. Ma il film del giapponese Hanabusa Tsutomu non va sottovalutato per questo motivo; la leggerezza del tema è solo un pretesto per cercare nuove strade da percorrere, soprattutto dal punto di vista stilistico.
L'elemento magico (il vestito prodigioso che cambia l'aspetto delle persone) è la geniale trovata degli autori, introdotta come insolito viatico per chi è nato bruttino e vorrebbe guardarsi allo specchio con più serenità. L'originalità dell'espediente sta quindi nell'ironia con il quale viene presentato, a cominciare dal buffo tutone bianco per finire alle battute serrate che danno ritmo e colore alla sequenza della trasformazione.
Il rischio di scadere in una pacchiana saga di immagini pop è sempre in gioco ma la sceneggiatura brillante di Suzuki Osamu riporta tutte le facilonerie visuali ad un equilibrio retto sulla coppia dei due alter ego (soprattutto della star televisiva Tanihara Shosuke) e a una capacità di tenere alta l'attenzione dello spettatore, distribuendo con sapienza gesti e parole amorevoli che celebrano la semplicità della vita.
Le disavventure del fumettistico Takuro sono le tappe di una storia di formazione che, come in una favola, comprende ostacoli da superare, personaggi buoni da amare e antagonisti da mettere in fuga. In questo modo la vicenda rappresenta le fragilità di un eroe ordinario, andando ad aggiungersi ai 'nerd' del cinema di Wes Anderson, e alla televisiva America Ferrera di Ugly Betty. Alla fine tutto va come dovrebbe andare, la giustizia trionfa e i sorrisi si sprecano. Ma la vita continua e l'imprevedibilità del finale strizza l'occhio a chi guarda. La felicità non dura per sempre, la serenità forse sì. 