"Men at Work"(1990, di Emilio Estévez, titolo italiano giocato sul simil-parodico, "Il giallo del bidone giallo"), opera para-grottesca, dove tutti"sembran matti"(e difatti il protagonista , che non è tale, si presenta spesso come"frenologo", termine che ormai nessuno psichiatra o neuroscienziato userebbe più)e dove l'assurdo la fa da padrone incontrastato, si gioca su una trama esile, dove un uomo politico, corrotto, viene ucciso per malversazioni legate agli scarichi tossici e due"scoppiati""operatori ecologici"(vulgo spazzini)ci rimettono molto del loro tempo e sono costretti a mettersi in gioco, come la "ex"del morto, come una sorta di super-sorvegliante dei due, come una coppia di"cops", come due sicari, come il mandante dell'omicidio etc. Colpisce la serialità, colpisce la volontà di far ridere basando tutto sull'assurdità dei comportamenti umani, dove, appunto, è l'irrazionalità a guidare le danze, in maniera incontrastata, diremmo , senza alcuna remissione. Siamo lontani, in realtà, dalle prove, ormai lontane, dei vari Mel Brooks, Gene Wilder, Marty Feldman, ma anche da film come"ANimal House", nato dalla collaborazione tra John Belushi e l'attore John Belushi, ma, certo, erano altri tempi(1978), anche rispetto a questo comunque ormai lontano 199O, nella quale Emilio Estévez firma regia e soggetto, nella quale Charlie Sheen(cognome vero: Estévez, essendo il fratello di Emilio)è un co-protagonista, dove Leslie Hope e Ketih David, ma anche vari altri completano il"quadro". Da vedere senza chiedergli alcuna"logica narrativa", alcuna coerenza nello sviluppo sequenziale degli eventi, ma guardano al puro, spesso(non sempre)assicurato"divertimento", El Gato
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