In un improbabile medioevo il volgare Bertoldo (Ugo Tognazzi) entra nelle grazie di re Alboino per essersi dimostrato scaltro e saggio. Se a questo aggiungiamo il fatto che per la sua battuta sempre pronta il re lo trova pure divertente, non ci vorrà molto prima ch’egli lo desideri al proprio fianco come consigliere. Inizia così per il villano una serie di bizzarre avventure.
Forte della positiva esperienza nel 1966 con L’armata Brancaleone, e con il suo sequel nel 1970, Monicelli tenta nuovamente di ridicolizzare il medioevo ispirandosi alla novella di Giulio Cesare Croce, arricchendola, come è scritto nei titoli di coda, rubacchiando qua e là da molti altri autori (tra i quali Aristofane, Esopo, Apuleio, Boccaccio, Machiavelli e i Fratelli Grimm). Nonostante le premesse, Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno non è un film che lascia il segno. “Brancaleone è lontano” citando il Morandini. L’intrattenimento è discreto e lo sberleffo ai Secoli bui è molto leggero. Tuttavia la pellicola non ha solo note negative.
Gli episodi narrati fanno sicuramente sorridere e niente di più, ma sono raccontati con una freschezza e con una abbondanza di particolari come solo la vecchia scuola della commedia all’italiana sapeva fare. Punti forti del film sono sicuramente le musiche di Nicola Piovani, i costumi e le scenografie visivamente accattivanti, e la galleria di singolari personaggi che popolano questa sgangherata commedia in costume.
Oltre al sempre bravo Ugo Tognazzi, qui reso brutto e triviale come non mai, degni di nota sono senz’altro Lello Arena, nel ruolo dell’irascibile re Alboino, e naturalmente Alberto Sordi, qui in uno dei suoi ruoli più bizzarri e grotteschi: fra Cipolla. Arena stupisce nel dimostrare fermezza e padronanza nell’affrontare il difficile ruolo di un personaggio che al contrario non ha nessuna delle due virtù, passando repentinamente dall’ira funesta all’ilarità sguaiata. Per quanto riguarda l’Albertone nazionale ogni complimento è quasi scontato: persino quando si ritrova a vestire i panni di un personaggio dall’importanza quasi marginale all’interno della storia, Sordi si fa riconoscere. Egli riesce a conferire maggior dimensione ad un personaggio altrimenti fiducioso d’essere simpatico e ricordato quasi solo grazie alla reiterazione di un buffo tormentone linguistico. Inoltre gli dà quel personale tocco di autenticità passando dalla farsa mascherata da solennità alla vigliaccheria tipicamente sordiana.
Il divertimento del film rimane statico per la maggior parte della sua durata, salvo poi nei pressi del finale in cui si impenna leggermente regalando scene esilaranti (una per tutte: il tentativo fallimentare di fra Cipolla di far ridere re Alboino). Per diversi elementi si potrebbe dire che la pellicola si imparenta con un altro film che Monicelli girerà tre anni dopo: I Picari. Bellissimi costumi, attori bravissimi, ottimo accompagnamento musicale ed eccellente ricostruzione. Ma all’interno di questa confezione impeccabile vi troviamo un regalo che non ne vale la minuziosa impacchettatura: un film dalla durata eccessiva per un intrattenimento così modesto. L’unica sostanziale differenza è che ne I Picari nemmeno le partecipazioni amichevoli dei grandi attori chiamati all’appello contribuiscono a risollevare le sorti del film (le interpretazioni di Vittorio Gassman e Nino Manfredi contano davvero poco). In conclusione, si potrebbe tentare di salvare questo film affermando che (e vale anche per I Picari) se non si fosse deciso di farlo durare due ore, forse sarebbe stato molto più godibile nonostante le pesanti mancanze che comporta.
[+] lascia un commento a il brandani »
[ - ] lascia un commento a il brandani »
|