gurthang
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sabato 1 gennaio 2022
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mortalmente noioso, totalmente implausibile
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Oggi la moda radical-chic è quella di fare film lentissimi, mutistici, con una splendida scenografia e velleità intellettualeggianti dietro cui riposa la ferrea subordinazione al regime devozionale politicamente corretto.
Questo film si inserisce perfettamente in questa tendenza: noia mortale, mutismo assoluto, scene che si ripetono senza interruzione per un ora e mezzo, decisioni del personaggio totalmente impalusibili (una ragazza in bilico fra la vita e la morte sopravvive a giorni di spostamenti e capitomboli nel gelo polare??? Dove sono finiti la radio e il transponder dell'elicottero? Gli elicotteristi non hanno lanciato l'allarme prima di precipitare? Ecc.
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Oggi la moda radical-chic è quella di fare film lentissimi, mutistici, con una splendida scenografia e velleità intellettualeggianti dietro cui riposa la ferrea subordinazione al regime devozionale politicamente corretto.
Questo film si inserisce perfettamente in questa tendenza: noia mortale, mutismo assoluto, scene che si ripetono senza interruzione per un ora e mezzo, decisioni del personaggio totalmente impalusibili (una ragazza in bilico fra la vita e la morte sopravvive a giorni di spostamenti e capitomboli nel gelo polare??? Dove sono finiti la radio e il transponder dell'elicottero? Gli elicotteristi non hanno lanciato l'allarme prima di precipitare? Ecc. ecc. ecc.) e - peggio di tutto il resto messo insieme - la celebrazione di disvalori umanitari (conditi con un pizzico di antirazzismo).
Da appendere agli spaventapasseri assieme al resto dell'arte degenerata.
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carloalberto
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mercoledì 27 gennaio 2021
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la noia potè più che il freddo
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Joe Penna, un giovane regista brasiliano, si cimenta, al suo esordio, nel genere non facile dei film di sopravvivenza. Infatti, l’impresa si rivela più che ardua, non solo perché il budget a disposizione è risicato, ma anche perché il plot non si basa su una storia vera, il che priva il film della forza drammatica di cui necessiterebbe per destare un minimo di empatia nello spettatore, ed infine si basa sulla recitazione dell’unico protagonista, Mads Mikkelsen, che, con tutto il rispetto per la professionalità dell’attore, che non si discute, non è paragonabile a Liam Neeson, che, in un film analogo, The Grey, regge tutta la pellicola quasi esclusivamente sulle sue spalle.
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Joe Penna, un giovane regista brasiliano, si cimenta, al suo esordio, nel genere non facile dei film di sopravvivenza. Infatti, l’impresa si rivela più che ardua, non solo perché il budget a disposizione è risicato, ma anche perché il plot non si basa su una storia vera, il che priva il film della forza drammatica di cui necessiterebbe per destare un minimo di empatia nello spettatore, ed infine si basa sulla recitazione dell’unico protagonista, Mads Mikkelsen, che, con tutto il rispetto per la professionalità dell’attore, che non si discute, non è paragonabile a Liam Neeson, che, in un film analogo, The Grey, regge tutta la pellicola quasi esclusivamente sulle sue spalle.
Il ritmo è molto lento e per la prima mezz’ora non succede nulla. Il sopravvissuto ad un disastro aereo, poco più di un monoplano, si muove avanti e indietro, lungo interminabili distese di ghiaccio, cercando un punto buono da dove inviare messaggi di soccorso via radio oppure per dedicarsi alla pesca di qualche trota.
Poi finalmente accade qualcosa. Un elicottero che dovrebbe venire in aiuto del nostro eroe, a causa di un’improvvisa tempesta di neve, precipita davanti all’esterrefatto Mikkelsen. Altra superstite, ma ancora più laconica del protagonista, poiché, ferita gravemente, non dirà, per tutta la durata del film, nemmeno una parola.
Spoilerare un film che si definisce di sopravvivenza è paradossale perché già si sa come finisce. Altrimenti si chiamerebbe di soprammorienza. Quindi il lieto fine è assicurato, ma quanto ci ha fatto penare il regista per farci arrivare al the end senza che la palpebra calasse. Alla monotonia dei paesaggi, ovviamente all’artico invariabilmente bianchi, si aggiunge la ripetizione ossessiva e monocorde delle azioni del superstite e l’assoluta mancanza di dialoghi non aiuta a tenere desta l’attenzione. Una piccola scossa la dà, provvidenziale, l’attacco dell’orso polare, ma è un attimo e poi tutto torna nel soporifero tran tran di un’avventura che non coinvolge minimamente e di cui si aspetta con ansia che finisca, sia per il bene del quasi assiderato Mikkelsen, sia per quello degli spettatori sopraffatti ormai dal torpore.
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