swanz
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venerdì 2 maggio 2008
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l'anormale normalità
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Tutte le recensioni che ho letto (a parte quelle di scopo pubblicitario) stroncano spietatamente il film sottolineandone la lentezza e l'assenza di momenti topici quali arresto e processo e via dicendo. In realtà, proprio il livido realismo, l'imperturturbabilità della messa in scena e la scelta di evitare i cliché del genere (cosa che non avviene, ad esempio, nei film dedicato a Ted Bundy o a Roberto Succo cui per certi versi si può accostare questa pellicola) sono il punto di forza di un film lento ma raffinato, che nulla concede allo psicologismo spicciolo o allo splatter. Dahmer ne esce come una figura verosimile, per certi versi anche banale. Il finale, in cui si il giovane Dahmer si allontana di spalle verso una vita di solitudine e sangue, poco prima della didascalia che ci illustra la sua morte avvenuta in carcere, è a suo modo raggelante.
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Tutte le recensioni che ho letto (a parte quelle di scopo pubblicitario) stroncano spietatamente il film sottolineandone la lentezza e l'assenza di momenti topici quali arresto e processo e via dicendo. In realtà, proprio il livido realismo, l'imperturturbabilità della messa in scena e la scelta di evitare i cliché del genere (cosa che non avviene, ad esempio, nei film dedicato a Ted Bundy o a Roberto Succo cui per certi versi si può accostare questa pellicola) sono il punto di forza di un film lento ma raffinato, che nulla concede allo psicologismo spicciolo o allo splatter. Dahmer ne esce come una figura verosimile, per certi versi anche banale. Il finale, in cui si il giovane Dahmer si allontana di spalle verso una vita di solitudine e sangue, poco prima della didascalia che ci illustra la sua morte avvenuta in carcere, è a suo modo raggelante. Senza forzare i paragoni, c'è qualcosa di quell'Henry - pioggia di sangue che costituisce uno degli apici dei film dedicati alla figura del serial killer. L'effetto assolutamente normale che dà l'anormalità. Inutile lodare la superba interpretazione del protagonista.
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(di mahrja)
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ilaskywalker
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martedì 11 gennaio 2011
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una crudeltà che non si concede
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Il regista David Jacobson affronta con pacatezza la vita dell'assassino Jeffrey Dahmer. Il film si snoda in flash personali un po' sommari: tutto inizia con l'incontro e la seduzione di un ragazzo, e successivamente di altri due ragazzi.
Trama semplice immersa in un continuo alternarsi di momenti di fragilità (nelle sequenze del passato in cui il personaggio è ancora acerbo - momento adolescenziale) ad altri di totale sicurezza (età adulta); si ha però la sensazione di non cogliere appieno la sua psicologia, di non vedere il concreto di cui è davvero capace, dato il sacrificio di ogni componente splatter della pellicola: c'è il non-visto, c'è del sangue, si intuisce cosa accade fuori scena.
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Il regista David Jacobson affronta con pacatezza la vita dell'assassino Jeffrey Dahmer. Il film si snoda in flash personali un po' sommari: tutto inizia con l'incontro e la seduzione di un ragazzo, e successivamente di altri due ragazzi.
Trama semplice immersa in un continuo alternarsi di momenti di fragilità (nelle sequenze del passato in cui il personaggio è ancora acerbo - momento adolescenziale) ad altri di totale sicurezza (età adulta); si ha però la sensazione di non cogliere appieno la sua psicologia, di non vedere il concreto di cui è davvero capace, dato il sacrificio di ogni componente splatter della pellicola: c'è il non-visto, c'è del sangue, si intuisce cosa accade fuori scena. Non a caso è tutto implicitamente pervaso dal colore rosso: le luci, le poltrone, le pareti della casa, gli indumenti delle vittime.
Anche i titoli di testa che mostrano il processo produttivo di una fabbrica di cioccolato anticipano in modo subliminale la smania e l'attitudine al "cibarsi" del protagonista, che qui vi lavora.
Insomma una storia che 'suggerisce', ma che non si concede.
Il finale è un po' inconcludente, e nel complesso giusto epilogo di una presentazione insolita per un serial killer tra i più classici.
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luca scialo
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mercoledì 29 dicembre 2021
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film poco riuscito su un violento serial killer
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Il film narra le crudeltà di Jeffrey Dahmer, serial killer americano "operativo" tra la fine degli anni '70 ed inizio anni '90. Omosessuale represso, sfogava il suo impulso uccidendo le sue vittime dopo averle adescate e rese innocue con droghe inserite in bibite. Sarà poi ucciso in carcere due anni dopo la sua condanna. La pellicola però non racconta quasi nulla della sua storia, concentrandosi più su alcune vittime, ma non dice nulla su come e quando è stato arrestato. L'operazione è riuscita soprattutto per quanto concerne la psicoanalisi del protagonista.
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osservatore
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sabato 6 febbraio 2021
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occasione persa
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Un film atipico sulla storia di un vero serial killer: il cannibale di Milwauke. Il taglio risulta particolare in quanto si privilegia unicamente lo sguardo del serial killer e si decide di non raccontare la storia in maniera cronologica e lineare ma soltanto attraverso alcuni flash. L'idea in sè non è male ma rimane troppo nel guado. Concentrandosi soltanto su alcuni episodi dando spazio all'azione, ai fatti e alle vicende si cerca (ma è davvero così?) di definire il profilo dell'assassino. Il problema è che nonostante gli episodi narranti siano probabilmente decisivi non si riesce da essi a conoscere o comprendere molto. Non si ostenta sull'atrocità dei delitti (in fondo viene mostrato poco) ma nemmeno sul processo che ha portato a tali eventi tragici.
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Un film atipico sulla storia di un vero serial killer: il cannibale di Milwauke. Il taglio risulta particolare in quanto si privilegia unicamente lo sguardo del serial killer e si decide di non raccontare la storia in maniera cronologica e lineare ma soltanto attraverso alcuni flash. L'idea in sè non è male ma rimane troppo nel guado. Concentrandosi soltanto su alcuni episodi dando spazio all'azione, ai fatti e alle vicende si cerca (ma è davvero così?) di definire il profilo dell'assassino. Il problema è che nonostante gli episodi narranti siano probabilmente decisivi non si riesce da essi a conoscere o comprendere molto. Non si ostenta sull'atrocità dei delitti (in fondo viene mostrato poco) ma nemmeno sul processo che ha portato a tali eventi tragici. Non c'è una vera introspezione psicologica. Si intuisce il suo travaglio interiore per la sua omosessualità repressa, si scorge la sua solitudine, la sua difficoltà nei rapporti interpersonali, la relazione con i suoi genitori. Uno dei principali problemi della pellicola è che è poco disturbante, rimane un pò fredda e non si riesce nè pienamente ad odiare nè essere realmente terrorizzati dalla follia omicida di Dahmer, ma neanche provare una insopportabile identificazione o comprensione per le sue azioni come in quei film in cui gli atti efferati sembrano essere quasi "spiegati" se non giustificati da gravi traumi subiti. Si rimane nel guado non sapendo che strada prendere. L'interpretazione del protagonista è comunque buona. Da notare che leggendo la vera storia, la sceneggiatura appare abbastanza ma non del tutto realistica nel raccontare la vicenda. Insomma, il film non affonda il colpo. Peccato.
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giulia
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giovedì 23 agosto 2007
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il film più inutile della storia
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Quando si ha della materia prima così promettente e polposa, è difficile immaginare che invece verrà utilizzata talmente male da produrre non un flop, ma un GIGANTESCO flop, definizione che può riassumere appieno i 101 di "Dahmer, il cannibale di Milwaukee".
Jeffrey Dahmer è stato, probabilmente assieme a Ted Bundy ed Ed Gein, uno dei più truculenti serial killer della storia e, partendo da questo, ci si sarebbe aspettati un thriller-horror davvero degno di questo nome, qualcosa di impatto e violenza simili a quelli di Hostel. E invece davanti a cosa ci troviamo? Davanti a 101 minuti di puro nulla, dove non succede assolutamente niente, dove non si fa che chiacchierare e chiacchierare e il serial killer in questione non fa che offrirci la perenne faccia angelica di Renner, senza mai onorare la sua sanguinosa fama.
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Quando si ha della materia prima così promettente e polposa, è difficile immaginare che invece verrà utilizzata talmente male da produrre non un flop, ma un GIGANTESCO flop, definizione che può riassumere appieno i 101 di "Dahmer, il cannibale di Milwaukee".
Jeffrey Dahmer è stato, probabilmente assieme a Ted Bundy ed Ed Gein, uno dei più truculenti serial killer della storia e, partendo da questo, ci si sarebbe aspettati un thriller-horror davvero degno di questo nome, qualcosa di impatto e violenza simili a quelli di Hostel. E invece davanti a cosa ci troviamo? Davanti a 101 minuti di puro nulla, dove non succede assolutamente niente, dove non si fa che chiacchierare e chiacchierare e il serial killer in questione non fa che offrirci la perenne faccia angelica di Renner, senza mai onorare la sua sanguinosa fama. Un film basato sulla noia e su una regia piatta, come del resto l'organizzazione della trama e come l'interpretazione degli attori.
Vige il mistero sul come si sia potuto commettere l'errore di girare questo film e ancora più incomprensibile è stato definirlo "il film che ha sconvolto l'America". Qua di sconvolgente non c'è proprio niente, se non l'incapacità e l'incompetenza che sono state dimostrate nel portare avanti questa pellicola.
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giulia
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giovedì 23 agosto 2007
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il film più inutile della storia
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Jeffrey Dahmer è stato, probabilmente assieme a Ted Bundy ed Ed Gein, uno dei più truculenti serial killer della storia e, partendo da questo, ci si sarebbe aspettati un thriller-horror davvero degno di questo nome, qualcosa di impatto e violenza simili a quelli di Hostel. E invece davanti a cosa ci troviamo? Davanti a 101 minuti di puro nulla, dove non succede assolutamente niente, dove non si fa che chiacchierare e chiacchierare e il serial killer in questione non fa che offrirci la perenne faccia angelica di Renner, senza mai onorare la sua sanguinosa fama.
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Quando si ha della materia prima così promettente e polposa, è difficile immaginare che invece verrà utilizzata talmente male da produrre non un flop, ma un GIGANTESCO flop, definizione che può riassumere appieno i 101 di "Dahmer, il cannibale di Milwaukee".
Jeffrey Dahmer è stato, probabilmente assieme a Ted Bundy ed Ed Gein, uno dei più truculenti serial killer della storia e, partendo da questo, ci si sarebbe aspettati un thriller-horror davvero degno di questo nome, qualcosa di impatto e violenza simili a quelli di Hostel. E invece davanti a cosa ci troviamo? Davanti a 101 minuti di puro nulla, dove non succede assolutamente niente, dove non si fa che chiacchierare e chiacchierare e il serial killer in questione non fa che offrirci la perenne faccia angelica di Renner, senza mai onorare la sua sanguinosa fama. Un film basato sulla noia e su una regia piatta, come del resto l'organizzazione della trama e come l'interpretazione degli attori.
Vige il mistero sul come si sia potuto commettere l'errore di girare questo film e ancora più incomprensibile è stato definirlo "il film che ha sconvolto l'America". Qua di sconvolgente non c'è proprio niente, se non l'incapacità e l'incompetenza che sono state dimostrate nel portare avanti questa pellicola.
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