L'incipit (Non) ci mostra due figure maschili: la prima fa notare alla seconda che, nonostante uno stato psichico precario, potrebbe cercare di aprirsi al mondo. Ciò serve ad anticipare che in fondo, come cinque anni dopo "Buongiorno, notte", "La balia" è l'incontro di tanti ossimori (A parte il titolo, la realtà e il sogno, disumanità ed umanità in una stessa persona). Un incontro-scontro tra varie solitudini, o persino tra due donne ed i loro figli veri o presunti (Pensandoci bene, avolte, non c'è maggiore incontro-scontro di quello tra la madre ed il proprio figlio). In un opera dove l'ultima cosa che interessa a Bellocchio è stabilire chi abbia "Ragione" e chi "Torto" in delle vicende in divenire (Il rapporto che lega Annette e Mori), o forse già estinte (Il "Rapporto" tra l'uomo e la moglie), chi si insinua è la Sansa, in un mondo forse un pò abbozzato di ziette e mogli seminevrotiche: con delicati primi piani Bellocchio riprende il suo volto lieve, che (Davvero?) paradossalmente mette in crisi quella pesantezza matrimoniale.
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L'incipit (Non) ci mostra due figure maschili: la prima fa notare alla seconda che, nonostante uno stato psichico precario, potrebbe cercare di aprirsi al mondo. Ciò serve ad anticipare che in fondo, come cinque anni dopo "Buongiorno, notte", "La balia" è l'incontro di tanti ossimori (A parte il titolo, la realtà e il sogno, disumanità ed umanità in una stessa persona). Un incontro-scontro tra varie solitudini, o persino tra due donne ed i loro figli veri o presunti (Pensandoci bene, avolte, non c'è maggiore incontro-scontro di quello tra la madre ed il proprio figlio). In un opera dove l'ultima cosa che interessa a Bellocchio è stabilire chi abbia "Ragione" e chi "Torto" in delle vicende in divenire (Il rapporto che lega Annette e Mori), o forse già estinte (Il "Rapporto" tra l'uomo e la moglie), chi si insinua è la Sansa, in un mondo forse un pò abbozzato di ziette e mogli seminevrotiche: con delicati primi piani Bellocchio riprende il suo volto lieve, che (Davvero?) paradossalmente mette in crisi quella pesantezza matrimoniale. Mori è un medico che vive con piccole e grandi ipocrisie, sul piano personale e professionale, ma le prime tensioni significative forse si hanno al parco, dove gli zingari cercano di rubare il bambino.Per un attimo le due donne si scambiano i ruoli: la Bruni Tedeschi sembra lei una balia disintressata al bambino, la Sansa sembra la madre vera, che per la prima volta nel film cozza contro una diversità antropologica (Questa scena, come altre, è sottolineata da una lieve ma efficacee colonna sonora), ove prima la differenza riguardava il ruolo ( Con la Bruni Tedeschi), e successivamente quello culturale (Con Bentivoglio).
Ma basta poco per capire che questa lettura è addirittura riduttiva: come farà (Maluccio) nel suo pretenzioso "Regista di matrimoni", anche qui il rgista piacentino non rinuncia a connessioni tra il privato e la dimensione pubblica, tra sogno e concretezza (Il già menzionato parallelo con "Buongiorno, notte"), ma persino tra realtà e sogno. In fondo persino la scena citata aveva un che di onirico, ma Bellocchio va oltre: si guardi la scena, piuttosto ridondante in realtà, dove in una scena in bianco e nero alcune figure non precisate appendono manifesti, o quando la Sansa va in strada sconsolata, e sembra di assistere ad una manifestazione poltica modello "Quarto stato" di Volpedo. Ecco, nel raccomtare questo e contemporaneamente il rapporto complesso che si instaura tra i due protagonisti il regista è parzialmente rivoluzionario (Altro che "Cento passi" e "Pasolini, un delitto italiano"). Perché con poca retorica, non rinunciando ad un certo schematismo nei personaggi che dovrebbe essere assente in un cinema veramente "Progressista", mette in scena la dimensione privata come piccolo grande frammento della società, da essa non scisso, e perché il suo elogio della figura della Sansa non sa di politicamente corretto (L'ignorante migliore del colto), ma perché, più semplicemente, mostra l'insegnamento secondo una luce che farebbe comodo alle "Scuole" dei vari Lucchetti, un incontro tra diverse visioni, dove non ci si limita al (Troppo) sconfessato apprendimento mnemonico (Lo stesso Bentivoglio confessa: "Io non saprei cosa insegnare"), ma si elogia la bellezza delle intuizioni immediate, di cui nessuno dovrebbe perdere memoria.
Dal canto suo, la menzogna raccontata dalla Sansa serve a non idealizzare il personaggio, e creare l'ennesimo bellocchiano film nel film, dove si recitava in un'opera già di finzione. E il finale ci mostra un sincero elogio della "Semplicità" da parte di chi sia annoiava, magari troppo, in un mondo di parrucconi e ipocondriaci frustrati.
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