matteobettini15gennaio
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sabato 5 agosto 2017
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"so chi sei e cos'hai fatto.."
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'I saw what tou did' (che significa "so cos'hai fatto" ed è il titolo originale de "Gli occhi degli altri", un film giallo diretto da un veterano del genere, il regista statunitense William Castle, specializzatosi poi negli B-movies, realizzati cmq in maniera molto dignitosa) è un film particolare. Lo si comprende fin dal prologo, quando cioè una adolescente, Libby Mannering (interpretata dall'esordiente Andi Garrett), telefona ad una sua amica, Kit Austin (Sarah Lane, anch'essa per la prima volta sul grande schermo: entrambe se la cavarono ottimamente). Nel momento in cui, durante la primissima sequenza, Libby digita il numero di Kit, si apre una "finestra" a forma di occhio; quando Kit risponde, sullo schermo compare un secondo occhio a inquadrare la stessa Kit (di qui il titolo italiano).
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'I saw what tou did' (che significa "so cos'hai fatto" ed è il titolo originale de "Gli occhi degli altri", un film giallo diretto da un veterano del genere, il regista statunitense William Castle, specializzatosi poi negli B-movies, realizzati cmq in maniera molto dignitosa) è un film particolare. Lo si comprende fin dal prologo, quando cioè una adolescente, Libby Mannering (interpretata dall'esordiente Andi Garrett), telefona ad una sua amica, Kit Austin (Sarah Lane, anch'essa per la prima volta sul grande schermo: entrambe se la cavarono ottimamente). Nel momento in cui, durante la primissima sequenza, Libby digita il numero di Kit, si apre una "finestra" a forma di occhio; quando Kit risponde, sullo schermo compare un secondo occhio a inquadrare la stessa Kit (di qui il titolo italiano). Così, dalla conversazione tra le due, si viene a sapere che i genitori di Libby saranno assenti per tutta la notte, a causa di un incontro di lavoro, e non saranno di ritorno che al mattino seguente. I genitori di Libby (e della sua sorellina Tess, interpretata dalla simpaticissima da Sharyl Locke, reduce da un'influenza e in convalescenza), Dave e Ellie Mannering (interpretati rispettivamente da Leif Ericsson e Patricia Breslin) decidono cmq di partire (sarebbe dovuta arrivare una baby-sitter per Tess ma si è improvvisamente ammalata). Lasciando le tre scatenate ragazzine sole in una grande casa in campagna (con tanto di capra e pony!). Le quali, per divertirsi e ingannare il tempo, iniziano a fare una serie di scherzi telefonici: scelgono un nome a caso sull'elenco del telefono dicendo, a chi risponde, "So chi sei e so cos'hai fatto". Se non che, in una di queste telefonate, il Destino vuole che telefonino proprio ad un uomo (tale Steve Marak, vale a dire l'attore John Ireland, sempre molto efficace in ruoli simili) cha ha appena ucciso la moglie. E che, per una serie di fortuite coincidenze, crede di essere stato smascherato. Di lì in avanti la suspense aumenta, grazie anche alla presenza di Joan Crawford (che qui veste i panni di una vicina di casa di Steve e che è follemente innamorata di lui): grazie a lei (anche se, e qui scrivo una riflessione personale, la Crawford non mi ha mai detto più di tanto..), il livello generale aumenta, innegabilmente. E si assiste a incessanti colpi di scena, dopo un altro omicidio (sarà proprio la Crawford a morire, sempre per mano di Steve) e dopo altre circostanze tutte da godere. Per quanto riguarda la trama mi fermo qui. Ma "Gli occhi degli altri" è un film da vedere, almeno una volta nella vita. Sia per la bravura degli interpreti (a proposito, questo è l'ultimo film che la Crawford girò negli USA); sia per l'abilità del regista; sia per l'ambientazione quasi sempre "notturna" di cui la pellicola è permeata; e, anche, per la simpatia che gli stessi attori sono stati in grado di trasmettere, pur essendo "Gli occhi degli altri" un film sicuramente giallo. Bianco e nero da favola.
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ralphscott
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venerdì 3 agosto 2018
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un toy boy pericoloso per l'arzilla joan
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Un thriller scorrevole,originale e fresco. Anche questa volta il buon Castel gira un horror a basso costo,impreziosito e permeato da momenti di humor che mi ricordano Hitchcock. La presenza ingombrante della diva Crawford,una rapace seduttrice in ghingheri a dispetto dei suoi,seppur maestosi,sessant'anni,è perfettamente armonizzata in una storiella dove l'innocente giocosità dei bambini trova in un ottimo John Ireland,il killer che non ti aspetti,il giusto contrasto. Un piccolo esempio di come si poteva fare cinema con pochi ingredienti. Oggi,forse,senza sesso e con troppa ironia,sarebbe improponibile.
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