des esseintes
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giovedì 13 ottobre 2016
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dilemma nelle tragedie giapponesi
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Un grande film, forse con qualche questione lasciata in sospeso, magari il "bel ragazzo" avrebbe dovuto mostrare un maggior contrasto nella coesistenza di modi femminei e inaudite capacità di combattente ma è uno splendido jidageki assolutamente da non perdere.
Bello lo studio psicologico dei retropensieri in un groviglio drammatico che è dolorosamente vietato rivelare agli altri ma anche a sé stessi di amore, amicizia, rivolta, senso del dovere, potere e individualità. marziale virilità, femminile eleganza e dolcezza.
Il punto molto sottile del racconto è che l' anima femminile (quella degli uomini, nel film le donne appaiono degli esseri totalmente sottomessi in sostanza privi di una vera anima - punto di vista del regista) non implica minimamente debolezza ma una cosa molto più pericolosa e cioè: potenziale ribellione.
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Un grande film, forse con qualche questione lasciata in sospeso, magari il "bel ragazzo" avrebbe dovuto mostrare un maggior contrasto nella coesistenza di modi femminei e inaudite capacità di combattente ma è uno splendido jidageki assolutamente da non perdere.
Bello lo studio psicologico dei retropensieri in un groviglio drammatico che è dolorosamente vietato rivelare agli altri ma anche a sé stessi di amore, amicizia, rivolta, senso del dovere, potere e individualità. marziale virilità, femminile eleganza e dolcezza.
Il punto molto sottile del racconto è che l' anima femminile (quella degli uomini, nel film le donne appaiono degli esseri totalmente sottomessi in sostanza privi di una vera anima - punto di vista del regista) non implica minimamente debolezza ma una cosa molto più pericolosa e cioè: potenziale ribellione.
La possibilità di riconoscere e coltivare la parte femminile dell'anima del maschio è vista con sospetto dal potere ma addirittura con odio da chi è stato inibito di questa capacità con la violenza coercitiva dell'educazione, della scuola, della famiglia, delle consuetudini sociali.
Non racconto tutto anche se varrebbe la pena di approfondire.
Mi limito a segnalare che questo è il senso dell'inspiegabile gesto puramente simbolico dell'ufficiale in seconda che improvvisamente, a tragedia ormai compiuta, alza la katana contro un giovane ciliegio in fiore e con un solo colpo chirurgico lo spezza in due. Così, senza motivo. O forse "con" un motivo molto preciso.
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paola di giuseppe
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mercoledì 27 ottobre 2010
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l’omosessualità al tempo dei samurai
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Oshima,iconoclasta e provocatore per vocazione e impegno artistico,racconta una storia di amore/amori omosessuali, ambientandola addirittura in una scuola di samurai nel Giappone feudale,la Shinsen-gumi,dove,nel 1865,si reclutano guerrieri per mantenere la pace a Kyoto.
Il comandante Kondo e il tenente Hijikata (Beat Takeshi) osservano i duelli contro il loro uomo migliore,Okita,per selezionare i candidati.
Questi sono tutti rozzi e da scartare,tranne due fuoriclasse, abilissimi e imbattibili,Tashiro e Kano, quest’ultimo immediato polo di attrazione visiva nel suo splendido kimono bianco.
“E questo ragazzo chi sarebbe?”chiede Kondo mentre un primo piano sul suo viso lo ritrae come folgorato appena appare Kano in una delle inquadrature di solenne e perfetta geometria del film,fotografia nitida,luminosa, scenografia di precisione calligrafica.
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Oshima,iconoclasta e provocatore per vocazione e impegno artistico,racconta una storia di amore/amori omosessuali, ambientandola addirittura in una scuola di samurai nel Giappone feudale,la Shinsen-gumi,dove,nel 1865,si reclutano guerrieri per mantenere la pace a Kyoto.
Il comandante Kondo e il tenente Hijikata (Beat Takeshi) osservano i duelli contro il loro uomo migliore,Okita,per selezionare i candidati.
Questi sono tutti rozzi e da scartare,tranne due fuoriclasse, abilissimi e imbattibili,Tashiro e Kano, quest’ultimo immediato polo di attrazione visiva nel suo splendido kimono bianco.
“E questo ragazzo chi sarebbe?”chiede Kondo mentre un primo piano sul suo viso lo ritrae come folgorato appena appare Kano in una delle inquadrature di solenne e perfetta geometria del film,fotografia nitida,luminosa, scenografia di precisione calligrafica.
Kano ha 18 anni,lunghi capelli da adolescente,è un efebo a tutti gli effetti e primi piani e dettagli del suo viso ne esaltano i lineamenti androgini,lo sguardo tra dolce e spietato,il suo destino di oscuro oggetto del desiderio è segnato fin dalle prime sequenze.
Inoltre,Kano “non si è mai giaciuto con una donna”,la voce circola da subito fra i samurai accovacciati a bere sakè tra un duello e l’altro,e la ferrea regola della scuola,di cui Oshima snocciola con divertita ironia varie clausole in decorativi ideogrammi,non prevede l’omosessualità come colpa,insomma non si rischia la decapitazione come,ad esempio,se si chiedono soldi in prestito.
Infatti, proprio una trasgressione del genere vedrà impegnato da subito Kano,come prova iniziatica,a dare il taglio netto alla testa di un collega con la sua katana.Il comandante l’ha nominato suo assistente personale e questo compito è un onore.
Lo scatenamento di pulsioni erotiche da parte di più samurai e l’intrecciarsi di rivalità nella scuola non sembrano neppure sfiorare il bellissimo,che pure offre senza problemi il suo corpo alle attenzioni di alcuni compagni.
La sua sessualità è vissuta con assoluta naturalezza,il primato di combattente elegante e perfetto resta intatto,ma la sua bellezza è fatale,sovverte l’ordine gerarchico,mette in crisi il sistema di potere, diventa necessario gestirla in qualche modo.
Una possibile soluzione è portarlo a Kyoto, nel quartiere delle geishe, e rimettere ordine fra le parti, ma l’esperimento si rivelerà fallimentare.
Il tenente Hijijata, un Kitano della migliore specie,ironico, essenziale nei gesti e nelle parole,è l’osservatore esterno del fenomeno che sta colpendo la scuola facendola traballare.
E’ infatti riprovevole che un samurai possa uscire dagli schemi di una sessualità istituzionalizzata, “un samurai può essere distrutto dall’amore per gli uomini” dice Hijijata.
Bisogna eliminare l’elemento di disturbo, ma non è Kano, che resta un simbolo astratto,il demone che annulla i freni inibitori, colpevole è chi non ha resistito al suo fascino,chi ha sovvertito l’ordine,chi mette in discussione i ruoli.
L’epilogo, in una notte di blu profondo,con tagli di luce come acciao, è il momento della verità.
Il duello fra Kano e l’omicida che ha ucciso il rivale in amore è ora concluso, l’ordine è ripristinato, un albero di pesco spicca come una nuvola rosa nella notte blu, Beat Takeshi estrae la katana e……il finale è sorprendente
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nihil
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venerdì 29 giugno 2007
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bello!
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niente da dire a parte: bello. davvero. complimenti, oshima!!
e poi.. ah takeshi, sei davvero troppo simpatico!!!!
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andrea calculli
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martedì 19 settembre 2006
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oshima ritorna con classe
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Oshima ritorna. E lo fa in grande stile. L'epoca del film è una delle più affascinanti e interessanti che la storia ricordi: la fine del Giappone feudale e dell'era Tokugawa e l'inizio del Giappone moderno che nel giro di 40 anni sarà in grado di ridurre il gap rispetto ai concorrenti industrializzati. In quel tempo il giappone si trovava diviso tra ottusi isolazionisti, contrari all'apertura del giappone agli scambi internazionali (Perry aveva attaccato nel '53) e coloro che invece vedevano come inevitabile e auspicabile una nuova era. I primi erano formati dall'Imperatore, che non contava nulla ormai da vari secoli e dai Daymio, i signori feudatari, difesi dai samurai, che pensavano di vedere ridimensionato il loro status; i secondi erano cappeggiati da colui che deteneva il controllo del potere al posto dell'imperatore, lo Shogun.
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Oshima ritorna. E lo fa in grande stile. L'epoca del film è una delle più affascinanti e interessanti che la storia ricordi: la fine del Giappone feudale e dell'era Tokugawa e l'inizio del Giappone moderno che nel giro di 40 anni sarà in grado di ridurre il gap rispetto ai concorrenti industrializzati. In quel tempo il giappone si trovava diviso tra ottusi isolazionisti, contrari all'apertura del giappone agli scambi internazionali (Perry aveva attaccato nel '53) e coloro che invece vedevano come inevitabile e auspicabile una nuova era. I primi erano formati dall'Imperatore, che non contava nulla ormai da vari secoli e dai Daymio, i signori feudatari, difesi dai samurai, che pensavano di vedere ridimensionato il loro status; i secondi erano cappeggiati da colui che deteneva il controllo del potere al posto dell'imperatore, lo Shogun.
E Oshima ci offre uno sguardo all'interno di un celebre gruppo di samurai, gli Shinsengumi, che mantenevano la sicurezza nella città di Kyoto.
Vi è un'aria funeraria, pesante e grigia per tutto il film, l'atmosfera che si respirava nel Giappone in quell'epoca di fine; tutti hanno l'impressione che ormai la modernità sta per entrare e invadere il loro paese; i samurai stessi lo sanno, sono consapevoli di combattere per una causa inevitabilmene persa e usano la spada non per difendersi dal nemico o attaccare il nemico, ma per difendere loro stessi, il loro onore.
All'interno della scuola Shinsengumi arriva un giovane, un novizio di nome Kano, dalla bellezza efebica e conturbante che sconvolge quell'ambiente, fatto di regole, disciplina, virilità, harakiri. Tutti sono diversamente coinvolti e rimangono investiti da quel nuovo arrivo: chi nel pensiero, con gelosia e diffidenza, chi nei fatti, lasciandosi attrarre da quel giovane dai "capelli lunghi". Tra combattimenti di spade, allenamenti coi bastoni, scenografie stupende, inquadrature affascinanti e anche un pizzico di estetismo che non guasta, il film approda al finale bellissimo e allo stesso tempo non perfettamente comprensibile, che si lascia a più di un'interpretazione: Kitano, che nel film ricopre il ruolo di un samurai di alto grado, recide un bianchissimo mandorlo in fiore con un colpo di spada. E' simbolo della bellezza di Kano che nasconde malvagità e che deve essere eliminata perchè ha distrutto la scuola? E' sinonimo della fine di un'epoca e dell'impotenza dei samurai? E' l'occidente che con la rapidità di un colpo di spada investe il Giappone, paese incontaminato come quel mandorlo? Forse tutto insieme. Consapevoli che lo spettatore occidentale non è in grado di comprendere fino in fondo un'opera così complessa e così diversa dai propri canoni, non si può far altro che ringraziare Oshima per essere tornato. Delizioso.
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saverio
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mercoledì 20 ottobre 2004
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bellissimo!
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Kyoto 1865, due anni prima della fine dell'epoca dei samurai e dell'inizio della modernizzazione del Giappone. In un tempio buddista dell’antica città imperiale si reclutano giovani aspiranti samurai. Tra tutti si fa notare il giovanissimo Sozaburo Kano, attraente e coraggioso schermitore. Come l’ospite inatteso di Teorema di Pasolini, l’enigmatico Kano provoca turbamento e scompiglio all'interno della comunità di samurai mettendo in crisi l'ordine e la rigida disciplina (Gohatto) di una casta ormai in declino.
Autore di pellicole anticonformiste e “scandalose” (ma sempre d’autore), da Racconto crudele della giovinezza (1960) a La cerimonia (1971), da L’impero dei sensi (1976) a Furyo (1982), alle soglie dei settant’anni Oshima ritorna al cinema dopo una lunga malattia adattando due racconti di Ryotaro Shiba.
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Kyoto 1865, due anni prima della fine dell'epoca dei samurai e dell'inizio della modernizzazione del Giappone. In un tempio buddista dell’antica città imperiale si reclutano giovani aspiranti samurai. Tra tutti si fa notare il giovanissimo Sozaburo Kano, attraente e coraggioso schermitore. Come l’ospite inatteso di Teorema di Pasolini, l’enigmatico Kano provoca turbamento e scompiglio all'interno della comunità di samurai mettendo in crisi l'ordine e la rigida disciplina (Gohatto) di una casta ormai in declino.
Autore di pellicole anticonformiste e “scandalose” (ma sempre d’autore), da Racconto crudele della giovinezza (1960) a La cerimonia (1971), da L’impero dei sensi (1976) a Furyo (1982), alle soglie dei settant’anni Oshima ritorna al cinema dopo una lunga malattia adattando due racconti di Ryotaro Shiba. Si ritrovano i temi e i contrasti di sempre: amore e morte, bellezza e violenza, tradimento e redenzione, desiderio e potere, ma questa volta l’aggressione formale e l’anarchia contenutistica hanno lasciato il posto ad una visione raggelata, estremamente stilizzata, resa ancora più ipnotica e suggestiva dalla bellissima musica di Ryuichi Sakamoto. Alcune pagine, come la struggente sequenza finale, onirica e metaforica, sono di una intensità lirica e di una perfezione figurativa a cui è davvero impossibile non cedere.
(Saverio Salamino)
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