Il signore delle formiche

Una storia che, se non fosse tristemente vera, sembrerebbe una metafora costruita ad arte. Il distacco e l'oggettività con cui il professore osserva le dinamiche sociali delle formiche rimanda alla ricostruzione dei rituali vuoti del processo, dei pranzi di famiglia, della provincia bigotta e benpensante. La fotografia, attenta ed accurata, suggerisce l'idea di altrettanti terrari, nella rigorosa simmetria della piazza desolata come nella monumentalità delle aule e dei cortili del Palazzaccio. Suggestive anche le scenografie del centro culturale della torre, con tutta l'intensità di un'utopia culturale e sociale. La storia si sviluppa secondo un'andamento sinusoidale, con un susseguirsi di sequenze d'intensità crescente, per cui il ritmo narrativo e la tensione emotiva rimangono sostenuti. L'approccio apparentemente distaccato ed oggettivo conduce invece ad una silenziosa empatia, per la figura dignitosa e dolente della madre, per la parabola spezzata del giovane Ettore, per il coinvolgimento schietto e coraggioso del giornalista e per la protesta inascoltata dei giovani. Il tutto si scontra però con l'immobilismo di una società sessista e prevenuta, da destra come da sinistra. Il film esprime una critica feroce a chi, dalle parrocchie agli organi di stampa, contribuisce all'asservimento e al mantenimento del pregiudizio sociale. Su tutto, lo sguardo analitico, poetico e un po' stralunato del professor Brabanti, il suo silenzio ostinato, nella prima parte del processo, a difesa di un'utopia prestata al silenzioso ecosistema delle formiche.