Sin Seņas Particulares

Un film di Fernanda Valadez. Con Mercedes Hernández, David Illescas, Juan Jesús Varela Titolo originale Sin Seņas Particulares. Drammatico, durata 95 min. - Messico, Spagna 2020. MYMONETRO Sin Seņas Particulares * * * 1/2 - valutazione media: 3,78 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Identificazione delle caratteristiche

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sabato 21 novembre 2020

Si tratta di una sorta di thriller sociale, di una vera e propria "identificazione delle caratteristiche" come suggerisce la traduzione letterale. Una identificazione che la regista, Fernanda Valadez, ci fa seguire e anche, a tratti, sbagliare pensando di avere sempre i giusti dettagli davanti, i giusti oggetti che ci porteranno, invece, in strade sempre pių profonde e inaspettate. Si inizia infatti con l'identificazione attraverso un album di "foto" che non raccoglie i soliti ricordi, i visi delle persone amate o semplicemnete i bei momenti da ricordare. In questo caso, l'immagine del solito album di foto perde il suo consueto significato per diventare un album degli orrori: non serve a ricordare le cose belle, ma a ritrovare "pezzi" di qualcosa che č andato perso e che non si vorrebbe ritrovare tra quelle pagine.
Non si vorrebbe, ma se si trova la foto di un viso o di un oggetto familiare, allora si avviano le preghiere come cantilene, come forma di dolore condiviso ma anche come dolore che č diventato un'abitudine e anche la preghiera ha il tono di una delle tante cantilene che ormai fanno parte della routine e quasi ci si abitua a una normalitā che in realtā non lo č. Le madri coinvolte ricordano i momenti che hanno preceduto la partenza dei loro figli, momenti che vanno a inserirsi dentro il vero album dei ricordi, quello che tutti riempiamo non per "identificare" le persone amate, ma per riviverle gioiosamente attraverso quelle immagini. Sono madri giovani che hanno i segni di persone che danno l'idea di aver vissuto pių della loro reale etā: anche parlando dei loro figli ricordano "quando erano piccoli, come erano felici", ma in realtā si parla ancora di quei bambini perchč alcuni non sono neppure maggiorenni.
Ed č proprio li che la regista ci fa entrare in un'altra dimensione, la dimensione della ricerca di quei bambini, attraverso oggetti, luoghi e percorsi da adulti. Fa questo attraverso una madre che in realtā č LA madre, la portavoce di tutte le voci. Una donna che ha un corpo diviso: durante tutto il film, fin da quando parte verso l'ignoto, la sua faccia č quasi arresa con un'espressione ferma, ma il suo corpo invece si muove, non sa ancora dove ma si muove verso quei luoghi che la accoglieranno e sconsoleranno allo stesso tempo. Questa doppia sensazione di arresa e tenacia si evince tutta in una stessa donna, una stessa madre, attraversata dai dolori di tutte le donne che porta dentro di sč cercando veritā per tutte loro che, invece, arrese, fanno con lei un viaggio che forse giā sanno dove porterā. Per questo, al ritrovamento di comune oggetto come una sacca non riesce nemmeno a rispondere alle domande che gli fanno sul nome del figlio perchč non vuole arrendersi al pensiero che quella sacca sia da sola per un motivo orribile. E, allora, non pronunciare quel nome, la aiuta a proseguire per il viaggio, a non ammettere la sua morte.
Viaggio che farā non da sola: la regista, infatti, consapevole del bisogno di avere la doppia prospettiva per capire veramente questa dura realtā, ci fa viaggiare come madri e poi come figli, con Miguel. Lei, madre di tutti i figli scomparsi, mai tornati, uccisi e, lui, figlio di tutte quelle madri ancora in attesa che vedono in lui la speranza che qualcosa cambi: "di spalle somigli a mio figlio".."tutti ci somigliamo di spalle". Forse č proprio qui che capiamo quanto il corpo deve andare avanti per trovare veritā, anche dure ma pur sempre veritā, ma quanto in realtā quel viso sapeva giā tutto ancor prima di partire e per questo rassegnato.
Un film con pochi dialoghi ma significativi e con tante parole sui visi e sulle espressioni facciali, parole che fanno rumore e che urlano pių di tutto. Questo viene fuori con maggior forza sopratutto nel momento in cui vediamo la condivisione di spazi, tempi e silenzi dei due protagonisti: poche parole ma tanto dolore da condividere e tanta forza nel cercare, l'uno nell'altro, la veritā che dā scopo al loro viaggio. Si cerca una persona diversa, ma si cerca lo stesso dolore. Ed č per questo che tutti i soggetti incontrati concorrono, senza a volte palesarsi, nella ricerca e nell'accettazione di quel dolore: dolore che forse tutte quelle persone hanno rinunciato a disvelare e che, tramite, questa madre, ricercano per sentirsi, forse, meno in colpa, per non aver avuto il coraggio di mettersi in cammino.
Verso la fine si comprende in una sola frase il perchč tutte quelle madri, tutti quei padri e tutti quei figli hanno rinunciato e accettato di vivere una realtā cosė ingiusta ma sempre pių reale. La madre non piange durante tutta la ricerca della veritā facendosi guidare dal pensiero del figlio vivo, ma quando lo ritrova la sua faccia finalmente piange: piange non di gioia perchč č vivo, ma perchč lo č in quel modo. Allora quell'immagine davanti al fuoco di carnefice carnevalesco prende le sembianze di quel figlio tanto cercato e immaginato attraverso una sacca.
E, ancora una volta, senza parole, ma con un viso carico di significato, aspetta che il figlio dica qualcosa, qualcosa che non le faccia invidiare tutte quelle madri che hanno pianto di fronte alle pagine di quell'album ma che forse hanno mantenuto un ricordo sereno.
Cosė la frase che unisce viso e corpo, dove tutto finalmente e dolorosamente č riunito nel fermarsi e arrendersi, č l'unica frase che spiega perchč la vita non puō essere vissuta cosė, non puō portare a vivere e ad accettare certe realtā per quanto tutte quelle facce siano arrese.
"Non preoccuparti, ti manderō dei soldi".

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