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venerdì 23 settembre 2016
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un film italiano diverso!
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Ho visto il film alla rassegna Venezia a Roma. Temevo fosse un film pesante ma ero stata incuriosita da quello che avevo letto e devo dire che ne sono rimasta molto colpita. E' un film atipico per essere italiano, dove generalmente c'è la classica famigliola borghese con problemi economici ma che vive in case da sogno. Nel film "Caffè", invece, si vuole raccontare un mondo un po' più grande, non solo quello italiano, ma anche quello che apparentemente più lontano ma che ci riguarda con altrettanta urgenza. Tre storie legate dal tema del caffè ci raccontano le difficoltà e le sfide che ci troviamo a vivere in questo momento storico.
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Ho visto il film alla rassegna Venezia a Roma. Temevo fosse un film pesante ma ero stata incuriosita da quello che avevo letto e devo dire che ne sono rimasta molto colpita. E' un film atipico per essere italiano, dove generalmente c'è la classica famigliola borghese con problemi economici ma che vive in case da sogno. Nel film "Caffè", invece, si vuole raccontare un mondo un po' più grande, non solo quello italiano, ma anche quello che apparentemente più lontano ma che ci riguarda con altrettanta urgenza. Tre storie legate dal tema del caffè ci raccontano le difficoltà e le sfide che ci troviamo a vivere in questo momento storico. In Italia la crisi economica con la conseguente impossibilità per una giovane coppia ad immaginare un futuro migliore; in Belgio lo scontro razziale tra un ragazzo di periferia e un immigrato di origine arabe; in Cina l'inquinamento che sta distruggendo il paese. Tutto questo raccontato con toni intimi, partendo da storie apparentemente piccole, incidenti di percorso quasi quotidiani, ma che via via diventano più grandi e che assumono un valore più importante, simbolico, richiamandoci a prendere delle decisioni che non possono essere rimandate. Questo credo che sia l'aspetto che mi è piaciuto maggiormente di questo film. Non si chiamano in causa in modo palese e banale i grandi ideali, ma si vive insieme ai personaggi, al loro stesso livello, le indicisioni, le difficoltà che questi si trovano ad affrontare. E il messaggio finale del film è che sta a noi cambiare quello che non ci piace, è alla nostra portata, non è necessario essere eroi.
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gabrike
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venerdì 23 settembre 2016
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finalmente
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Venezia 2016. Si fa zigzag nel programma ufficiale italiano alla cerca (vana) di qualcosa di nuovo. Sorpresa. "Caffè" - per essere un film italiano - è un'operazione coraggiosa, diversa, per molti versi "incredibile". Un film indipendente e generato qui da noi ma che respira il mondo. La fotografia evocativa (l'ormai confermato Vladan Radovic che surfa da Anime Nere a Smetto quando voglio a La Pazza gioia!) e una regia nervosa ci portano dalle valli lussureggianti del sud della Cina alle strade in fiamme di un Belgio prigioniero dei conflitti etnici, dai kebabbari di una Trieste patria del caffè di qualità (come l'Italia è patria di tante eccellenze) alla disperazione sociale dei giovani italiani che cercano un luogo al mondo dove poter dire "Io valgo qualcosa" o anche solo "Io esisto".
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Venezia 2016. Si fa zigzag nel programma ufficiale italiano alla cerca (vana) di qualcosa di nuovo. Sorpresa. "Caffè" - per essere un film italiano - è un'operazione coraggiosa, diversa, per molti versi "incredibile". Un film indipendente e generato qui da noi ma che respira il mondo. La fotografia evocativa (l'ormai confermato Vladan Radovic che surfa da Anime Nere a Smetto quando voglio a La Pazza gioia!) e una regia nervosa ci portano dalle valli lussureggianti del sud della Cina alle strade in fiamme di un Belgio prigioniero dei conflitti etnici, dai kebabbari di una Trieste patria del caffè di qualità (come l'Italia è patria di tante eccellenze) alla disperazione sociale dei giovani italiani che cercano un luogo al mondo dove poter dire "Io valgo qualcosa" o anche solo "Io esisto". E' un viaggio struggente che si colora dei diversi sapori del caffè, come dice la splendida artista cinese durante una delle scene più suggestive del film: l'amaro delle delusioni che si vivono quotidianamente; l'aspro del conflitto, della voglia e necessità di lottare, di andare avanti, di non mollare; il tono finale profumato, perché "La vita è bella" e preziosa nonostante tutto. Il film ha il pregio di combinare questi diversi sapori fra loro: il dramma sociale, il genere e - qua e là, perché no - anche un sorriso: un po' come l'indimenticabile "Rosso come il cielo", film precedente del regista, purtroppo bistrattato in Italia (ma la nostra nazionale distrazione è ben nota). Una sfida davvero non facile. Sicuramente il regista si rifà a vette ambizione e difficili da raggiungere come l'Inarritu di Babel, Crash, tutti i film multilayer dove diversi destini si intrecciano in una comunanza temporale. Ma ben venga il coraggio di uscire dalle famose "due camere e cucina" e portare i nostri talenti nel mondo globale. Quello vero, con i quale - che ci piaccia o no - saremo costretti a confrontarci in questo nuovo secolo ancora così confuso.
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marcofi
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venerdì 23 settembre 2016
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film coraggioso, molto bello
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Sono stato a vederlo al cinema Farnese all'interno della rassegna "Venezia a Roma". Caffé è un film molto ben girato, con un cast di altissimo livello. Mi hanno sorpreso soprattutto le ambientazioni, così varie e così affascinanti. Le tre vicende, cinese, italiana e belga, si intrecciano con grande armonia. Il film procede in modo misterioso, entri nelle storie lentamente, ma da un certo punto in poi ti coinvolge in vortice emotivo. Un progetto così ambizioso di un film italiano va sicuramente premiato. Da vedere assolutamente.
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lunatu
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sabato 24 settembre 2016
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un esperimento pienamente riuscito!
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Ho visto il film alla rassegna "Venezia a Roma" e ne sono rimasta positivamente colpita. Finalmente una novità fra tanti film che hanno un sapore di déjà vu. La trama incrocia sapientemente tre storie che si svolgono in tre mondi completamente diversi: Cina, Belgio (ma qui troviamo anche un protagonista proveniente dal mondo islamico) e Italia; tutte legate dal filo conduttore del Caffé , affrontando tematiche di grande attualità. Le storie si incrociano e si collegano con ritmo pieno di suspense. Eccellente il cast, in cui spiccano un adorabile Ennio Fantastichini nelle vesti di un balordo, il tunisino Hichem Yacoubi e il giovane belga Arne De Tremerie, una vera rivelazione.
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Ho visto il film alla rassegna "Venezia a Roma" e ne sono rimasta positivamente colpita. Finalmente una novità fra tanti film che hanno un sapore di déjà vu. La trama incrocia sapientemente tre storie che si svolgono in tre mondi completamente diversi: Cina, Belgio (ma qui troviamo anche un protagonista proveniente dal mondo islamico) e Italia; tutte legate dal filo conduttore del Caffé , affrontando tematiche di grande attualità. Le storie si incrociano e si collegano con ritmo pieno di suspense. Eccellente il cast, in cui spiccano un adorabile Ennio Fantastichini nelle vesti di un balordo, il tunisino Hichem Yacoubi e il giovane belga Arne De Tremerie, una vera rivelazione. Cristiano Bortone, regista e produttore , è riuscito per la prima volta ad unire in coproduzione Italia, Belgio e Cina, un esempio che speriamo apra una nuova strada. Assolutamente da vedere.
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ennio
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mercoledì 6 giugno 2018
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polpettone ideologizzato e molto prevedibile
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C'è tutto l'armamentario di una certa èlite radical-chic in questo film. I protagonisti hanno poco di comune, sono minoranze, casi strani della società, insomma i beniamini di queste èlite. La gente comune appare solo di sfuggita, senza caratteri, senza visibilità.
C'è la giovane con rasta e orecchino al naso, che da brava anticonformista reclama la "libertà" di abortire. Salvo poi diventare bionda e allineata una volta diventata mamma. Il messaggio è che l'aborto in fondo è bello e fantasioso, la maternità è banale.
C'è l'immigrato buono, saggio e generoso, ingiustamente derubato e malmenato da gente del nord becera e razzista.
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C'è tutto l'armamentario di una certa èlite radical-chic in questo film. I protagonisti hanno poco di comune, sono minoranze, casi strani della società, insomma i beniamini di queste èlite. La gente comune appare solo di sfuggita, senza caratteri, senza visibilità.
C'è la giovane con rasta e orecchino al naso, che da brava anticonformista reclama la "libertà" di abortire. Salvo poi diventare bionda e allineata una volta diventata mamma. Il messaggio è che l'aborto in fondo è bello e fantasioso, la maternità è banale.
C'è l'immigrato buono, saggio e generoso, ingiustamente derubato e malmenato da gente del nord becera e razzista. Con l'aggiunta del solito poliziotto prevenuto contro gli arabi.
Ci sono imprenditori, o meglio "padroni", del tutto insensibili a ciò che non è guadagno duro e puro.
C'è un film già visto molte altre volte, che imita generi (intreccio di storie alla Altman? si vola alto), che imita imitazioni. Il tutto al servizio dell'ideologìa, con un rassemblement di luoghi comuni e retorica da "film giudicato di interesse culturale". Quindi, inevitabilmente, senza creatività e fantasia.
Per il resto il film è guardabile, gli attori accettabili, ma nulla più.
Un solo appunto alla regìa: manca l'omosessuale ingiustamente discriminato. La prossima volta non dimenticatelo mi raccomando!
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flyanto
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martedì 18 ottobre 2016
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tre storie all'insegna del caffè
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La bevanda del caffè è il tema conduttore dell'omonimo film di Cristiano Bortone. Diviso in tre spaccati ambientati rispettivamente in Italia, Belgio e Cina, "Caffè" racconta tre storie distinte che hanno come protagonista un ragazzo italiano, un immigrato iracheno ed un giovane manager cinese. Il primo, essendo stato licenziato dal bar dove lavorava, decide con la propria compagna di trasferirsi a Trieste e cercare un nuovo lavoro presso una ditta di caffè. Qui verrà coinvolto da alcuni colleghi in un furto al fine di poter guadagnare di più e soprattutto in maniera più veloce.
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La bevanda del caffè è il tema conduttore dell'omonimo film di Cristiano Bortone. Diviso in tre spaccati ambientati rispettivamente in Italia, Belgio e Cina, "Caffè" racconta tre storie distinte che hanno come protagonista un ragazzo italiano, un immigrato iracheno ed un giovane manager cinese. Il primo, essendo stato licenziato dal bar dove lavorava, decide con la propria compagna di trasferirsi a Trieste e cercare un nuovo lavoro presso una ditta di caffè. Qui verrà coinvolto da alcuni colleghi in un furto al fine di poter guadagnare di più e soprattutto in maniera più veloce. Il secondo protagonista è un padre di famiglia iracheno, immigrato ad Anversa, che svolge la mansione di modesto gioielliere. Un giorno, durante una manifestazione, viene derubato nella sua bottega e tra i gli oggetti di valore gli viene sottratta anche un' antica e preziosa caffettiera intarsiata in argento. Riuscito a scoprire l'identità del suo ladro, gli si reca a casa al fine di farsi restituire il tanto amato oggetto. Infine, il terzo protagonista, è un giovane manager il quale lavora presso la fiorente industria chimica del futuro suocero. Ritornato nel suo territorio natale al fine di risolvere un problema legato alla suddetta industria, qui egli ritrova le proprie radici da cui anni prima si era allontanato e, decidendo di cambiare per sempre stile di vita, vi si stanzierà dedicandosi alla coltura del caffè.
Tre storie molto differenti tra loro, non solo per ambientazione ma anche per contenuto: il caffè è, ripeto, l'unico elemento che le accomuna ed intorno a cui si dispiegano le vicende dei protagonisti alternandosi di volta in volta sullo schermo. Bortone le presenta in maniera lucida e precisa, a tratti anche un poco violenta od addirittura poetica. Nel complesso il film risulta sicuramente riuscito ma per impostazione e trama in sè non si discosta da molte altre pellicole precedenti divise in diversi spaccati. Il finale, poi, date le premesse di alcune vicende, appare un pò troppo edulcorato o prevedibile.
In ogni caso, un film interessante.
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