LA REGOLA DEL GIOCO (USA, 2015) diretto da MICHAEL CUESTA. Interpretato da JEREMY RENNER, ROSEMARIE DEWITTE, BARRY PEPPER, MICHAEL SHEEN, ANDY GARCIA, RAY LIOTTA
Stati Uniti, anni ’80. La diffusione della droga ha una responsabilità interna: la CIA facilita il traffico dei salvadoregni per destinare i proventi al finanziamento dei Contras, movimento contro-insurrezionale del Paese che raggruppa elementi della vecchia guardia nazionale del deposto dittatore Anastasio Somoza regolarmente eletto. Questo diabolico traffico di cocaina è sconosciuto perfino alla stessa DEA. Stati Uniti, 1996. Gary Webb, reporter del San José Mercury News nonché vincitore con alcuni colleghi del Premio Pulitzer 1990 per il reportage sul terremoto di Loma Prieta, inciampa in quella storia sporca, raccoglie fatti e testimonianze segrete, li pubblica e vince infine il premio per il miglior giornalista dell’anno. Ma contemporaneamente si scatenano pure i mass media. Poi viene screditato, indagato e relegato alla cronaca dei cavalli morti per costipazione. La CIA mette in atto un’operazione di intimidazione e boicottaggio per isolarlo e ridurlo al silenzio. Inizia la sua discesa personale e professionale. Morirà solo e suicida (o forse no), mentre la CIA ammetterà la propria colpevolezza e quando l’America è impegnata a raccontare i percorsi orali di Bill Clinton e Monica Lewinsky. Non c’è tutto questo in La regola del gioco, ma c’è la solida e asciutta storia di un uomo piegato dagli eventi. Volenterosa spy story di chiacchiere e redazione, antispettacolare e di impianto televisivo, ricalca il modello anni ’70, ma mostra il lato amaro di quell’epica giornalistica che fin dall’epoca di Tutti gli uomini del presidente (1976) viene imbottita di eroismo e ottimismo. Che qui lasciano il passo a una riflessione importante sulla verità e le conseguenze che comporta. Il quadro psicologico del protagonista è efficace, per quanto avaro di chiaroscuri, il quadretto famigliare semplicistico, ma composto, e non mancano alcune intuizioni felici. Un cinema civile e umanista, dal fiato sinceramente corto, ma dalle idee chiare. La storia è vera e trae le sue origini dai libri Dark Alliance di Gary Webb e Kill the Messenger di Nick Schou. Un maestoso Renner – che ha anche prodotto il film – riesce a coprire le carenze del copione e a fare di Webb un indimenticabile, vero protagonista. Film di denuncia convenzionale ma efficiente e sobrio, corretto dalla prospettiva politica. Fa sorgere un dubbio già menzionato sopra: quell’estate (del 1996) nessuno prestò attenzione a questi fatti, tutti presi com’erano dallo scandalo Lewinsky. Sarà stato un caso?
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