melania
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sabato 5 aprile 2014
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emozionante
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Film molto bello,delicato,commovente.Fa pensare e riflettere soprattutto sul tema "cosa significa essere genitori".Il genitore è soprattuitto colui che stabilisce con il figlio un rapporto di amore e tenerezza,che sa perdonare e comprendere,che è presente nel corso della sua crescita.Genitore,quindi,può anche essere colui che non.ha messo al mondo il proprio figlio ma lo ha amato.Questo è il tema principale del film .Girato in Giappone,il film è pervaso da una grande dolcezza,le musiche di Bach sono perfette in tale contesto.Davvero bello!
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adelio
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domenica 2 novembre 2014
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nove mesi per cambiare la vita di un uomo
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Inaspettato spaccato di un Giappone “normale” che magari noi Europei, occidentali e materialisti, neanche immaginiamo sia così simile a noi (Città, Periferie, Abitudini, Classi sociali e quant’altro..). Conferma dell’esistenza di una cultura maschile incentrata, forse perché tramandata da secoli, sulla figura paterna (a scapito di quella femminile e materna).
La storia di uno scambio di neonati scoperto a distanza di 6 anni finisce per raccontare in realtà un confronto tra classi sociali e fra modelli educativi (che caratterizzano le 2 famiglie coinvolte).
Percepita sin dall’inizio del film la decisa posizione del regista che propende, senza tentennamenti, sull’assunto che i figli sono di chi li “cresce” si passa immediatamente ad osservare come le incomprensioni tra classe “Alta” del padre Architetto confligga con quella “Bassa” del padre Commerciante, cosìccome i 2 modelli educativi familiari mostrino stridenti differenze che sembra rendano impossibile lo scambio riparatore per riportare, in base al DNA, i figli nelle proprie “case”.
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Inaspettato spaccato di un Giappone “normale” che magari noi Europei, occidentali e materialisti, neanche immaginiamo sia così simile a noi (Città, Periferie, Abitudini, Classi sociali e quant’altro..). Conferma dell’esistenza di una cultura maschile incentrata, forse perché tramandata da secoli, sulla figura paterna (a scapito di quella femminile e materna).
La storia di uno scambio di neonati scoperto a distanza di 6 anni finisce per raccontare in realtà un confronto tra classi sociali e fra modelli educativi (che caratterizzano le 2 famiglie coinvolte).
Percepita sin dall’inizio del film la decisa posizione del regista che propende, senza tentennamenti, sull’assunto che i figli sono di chi li “cresce” si passa immediatamente ad osservare come le incomprensioni tra classe “Alta” del padre Architetto confligga con quella “Bassa” del padre Commerciante, cosìccome i 2 modelli educativi familiari mostrino stridenti differenze che sembra rendano impossibile lo scambio riparatore per riportare, in base al DNA, i figli nelle proprie “case”.
Un bellissimo linguaggio cinematografico proposto alla giapponese, i simbolismi usati, magari un poco didascalici, sono molto efficaci nella comunicazione:
•la High class vive in città, per “aria” nei grattacieli, dove vigono linee geometriche pulite, rettilinee, dove regna l’ordine, la misura ma anche una vita in “bianco e nero”;
•la Low class vive in periferia, per “terra”, sulla strada, dove regna il clamore dei centri commerciali, la confusione, il disordine ma dove la vita ha il sapore del “colore”.
La comunicazione non si ferma qui: appresa la notizia dell’errore che ha prodotto lo scambio di figli, le strade curvano decisamente, tutto curva dal rettilineo su cui si muoveva da tempo il tran tran quotidiano, quando la coppia affronta le proprie crisi ha sempre la notte buia come “fondale” dietro i vetri di casa, ma quando si ritrova a scambiare affetti ed emozioni lo sfondo è la luce...sono i ciliegi in fiore all’aperto…quando il padre resta con il figlio a far discorsi su come affrontare il futuro che lo aspetta, il regista ci mostra un torrente dall’acqua cristallina fluente (la vita) che lambisce una roccia monolitica inamovibile in mezzo all’alveo (i valori).
Cosa dire poi delle aspirazioni delle 2 “classi” a confronto: quella “bassa” gioca con i figli facendo volare aquiloni, guardando in alto...sognando (l’aspirazione), quella “alta” fa giocare i figli con le canne da pesca, guardando in basso...raccogliendo i frutti (la conservazione).
Pregevole risulta il percorso di crescita dell’Architetto che ha più strumenti culturali per farlo rispetto al Commerciante,...Lui ama ed educa il figlio come sa fare, come ha appreso, forse sbaglia ma… ad un certo punto si ravvede … scende a terra e riparte dai fondamentali per ricostruire..teme solo ci voglia troppo tempo (vedi scena del botanico nel bosco) ma ci prova …. e alla fine il padre ritrova suo figlio (non quello biologico …bensì quello cresciuto) entrambi alla fine di 2 percorsi…2 sentieri rispettivamente in salita ed in discesa che idealmente si ricongiungono riunendo la famiglia.
L’Architetto è il vero eroe di questa storia raccontata tanto delicatamente (come solo i giapponesi sanno fare)…è il vincitore..si libera anche del complesso vissuto con suo padre…ritrova una vera identità…grazie ai propri strumenti culturali raggiunge la felicità.
Questo cammino di cambiamento dura da Novembre ad Agosto…9 mesi…come la gestazione dell’uomo. Bel film.
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jacopo b98
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mercoledì 16 aprile 2014
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un film meraviglioso!
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Una ricca coppia di giapponesi scopre che il loro figlio Kaetà, di 6 anni, non è il loro bambino: è stato infatti scambiato nella culla con un altro bambino. La coppia fa perciò conoscenza con l’altra famiglia vittima della tragedia, di condizioni economiche decisamente meno agiate. Alle due famiglie si pone un interrogativo: è più importante un legame di sangue o è più importante il rapporto creatosi in sei anni con un bambino anche non proprio? Scritto e diretto dal giapponese Hirokazu, questo straordinario piccolo film è stato distribuito qui da noi probabilmente solo grazie alla vincita al Festival di Cannes del Premio della Giuria.
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Una ricca coppia di giapponesi scopre che il loro figlio Kaetà, di 6 anni, non è il loro bambino: è stato infatti scambiato nella culla con un altro bambino. La coppia fa perciò conoscenza con l’altra famiglia vittima della tragedia, di condizioni economiche decisamente meno agiate. Alle due famiglie si pone un interrogativo: è più importante un legame di sangue o è più importante il rapporto creatosi in sei anni con un bambino anche non proprio? Scritto e diretto dal giapponese Hirokazu, questo straordinario piccolo film è stato distribuito qui da noi probabilmente solo grazie alla vincita al Festival di Cannes del Premio della Giuria. Se ci sono state contestazioni riguardo alla Palma d’Oro data alla Vita di Adele, sull’assegnazione di questo premio nessuno ha avuto da ridire: Father and Son è infatti non solo un bel film, ma è uno di quei rari film a cui l’aggettivo meraviglioso calza a pennello. È un film perfetto sotto ogni punto di vista: dalla recitazione degli attori, alla perfetta sceneggiatura del regista, alla raffinata fotografia… Ma quello che conta di più è che Father and Son è un’opera commovente, di grande tristezza, ma che alla fine spesso strappa dei sinceri sorrisi: è infatti un’opera sincera e toccante sul rapporto padre figlio. Ma è soprattutto un inno all’infanzia, quel mondo meraviglioso, che spesso però è vittima delle controversie tra adulti, incapaci di capire i loro figli. Toccante, commovente, divertente, di dolcezza rara, questo film rimane nel cuore, in tutti i sensi! Da non perdere!
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melvin ii
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sabato 5 aprile 2014
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guida per essere padre.
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“Father and Son” è un film di Hirokazu Koreeda. Con Masaharu Fukuyama, Yôko Maki, Jun Kunimura, Machiko Ono, Kirin Kiki. Isao Natsuyagi, Lily Franky, Jun Fubuki, Megumi Morisaki.
“Father and Son” ha ricevuto il Premio della Giuria all’ultimo Festival di Cannes.
Quanto conta il legame di sangue?
Se l’istinto materno scatta, quasi sempre, quando una donna ha in braccio per la prima volta il suo bambino per un uomo è più complicato.
Diventare padre è un cambiamento che spaventa e mette ansia l’uomo d’oggi
La mia generazione ha avuto un rapporto spesso conflittuale con il proprio padre.
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“Father and Son” è un film di Hirokazu Koreeda. Con Masaharu Fukuyama, Yôko Maki, Jun Kunimura, Machiko Ono, Kirin Kiki. Isao Natsuyagi, Lily Franky, Jun Fubuki, Megumi Morisaki.
“Father and Son” ha ricevuto il Premio della Giuria all’ultimo Festival di Cannes.
Quanto conta il legame di sangue?
Se l’istinto materno scatta, quasi sempre, quando una donna ha in braccio per la prima volta il suo bambino per un uomo è più complicato.
Diventare padre è un cambiamento che spaventa e mette ansia l’uomo d’oggi
La mia generazione ha avuto un rapporto spesso conflittuale con il proprio padre.
La mancanza di comunicazione con il padre porta ad incomprensioni e a distanze siderali che poi portano i figli a loro volta a diventare riluttanti padri
Crescere un figlio è complicato, snervante e quasi soffocante.
Il film ambientato in Giappone, racconta la vita tranquilla e serena di una famiglia composta da padre,madre e dal loro figlio di sei anni fino a quando improvvisamente arriva la sconvolgente notizia dall’ospedale che alla nascita ci fu uno scambio di bambini.
Il protagonista è Nonomiya Ryota un professionista di successo, dedito solo al lavoro ed incapace d’esternare i propri sentimenti e molto rigido ed esigente con il proprio figlio.
La notizia stravolge l’esistenza del protagonista e della moglie Mirodi.
Saranno chiamati a scegliere tra il legame di sangue e l’affetto costruito in sei anni con il figlio Keita.
Ryota dovrà guardarsi dentro e scoprire cosa significa essere veramente padre, dopo aver fatto pace con il proprio passato.
Il tema seppure delicato e angoscioso viene raccontato dal regista con garbo e calore.
Lo spettatore segue con interesse e coinvolgimento il travaglio delle due coppie.
Interessante come il regista mette in risalto da una parte i dubbi dei genitori e dall’altra come invece i figli abbiano chiaro fin da subito quale sia la scelta più “giusta” e naturale.
Il pubblico in sala si divide, probabilmente non esistendo la soluzione ideale.
La sceneggiatura originale e ben scritta con il finale dà la sua riposta, emozionando comunque lo spettatore.
I dialoghi sono ben costruiti e trasmettano bene l’idea del travaglio esistenziale dei protagonisti.
Tutto il cast è degno di menzione per il talento dimostrato per rappresentare personaggi non facili.
“Father and son” è un film consigliato a tutti quei uomini, già padri o prossimi ad esserlo che non credono d’avere l’istinto paterno dentro di loro Magari li aiuterà a cambiare la prospettiva.
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adelio
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domenica 2 novembre 2014
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9 mesi per cambiare la vita di un uomo
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Inaspettato spaccato di un Giappone “normale” che magari noi Europei, occidentali e materialisti, neanche immaginiamo sia così simile a noi (Città, Periferie, Abitudini, Classi sociali e quant’altro..). Conferma dell’esistenza di una cultura maschile incentrata, forse perché tramandata da secoli, sulla figura paterna (a scapito di quella femminile e materna). La storia di uno scambio di neonati scoperto a distanza di 6 anni finisce per raccontare in realtà un confronto tra classi sociali e fra modelli educativi (che caratterizzano le 2 famiglie coinvolte).
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Inaspettato spaccato di un Giappone “normale” che magari noi Europei, occidentali e materialisti, neanche immaginiamo sia così simile a noi (Città, Periferie, Abitudini, Classi sociali e quant’altro..). Conferma dell’esistenza di una cultura maschile incentrata, forse perché tramandata da secoli, sulla figura paterna (a scapito di quella femminile e materna). La storia di uno scambio di neonati scoperto a distanza di 6 anni finisce per raccontare in realtà un confronto tra classi sociali e fra modelli educativi (che caratterizzano le 2 famiglie coinvolte). Percepita sin dall’inizio del film la decisa posizione del regista che propende, senza tentennamenti, sull’assunto che i figli sono di chi li “cresce” si passa immediatamente ad osservare come le incomprensioni tra classe “Alta” del padre Architetto confligga con quella “Bassa” del padre Commerciante, cosìccome i 2 modelli educativi familiari mostrino stridenti differenze che sembra rendano impossibile lo scambio riparatore per riportare, in base al DNA, i figli nelle proprie “case”. Un bellissimo linguaggio cinematografico proposto alla giapponese, i simbolismi usati, magari un poco didascalici, sono molto efficaci nella comunicazione: •la High class vive in città, per “aria” nei grattacieli, dove vigono linee geometriche pulite, rettilinee, dove regna l’ordine, la misura ma anche una vita in “bianco e nero”; •la Low class vive in periferia, per “terra”, sulla strada, dove regna il clamore dei centri commerciali, la confusione, il disordine ma dove la vita ha il sapore del “colore”. La comunicazione non si ferma qui: appresa la notizia dell’errore che ha prodotto lo scambio di figli, le strade curvano decisamente, tutto curva dal rettilineo su cui si muoveva da tempo il tran tran quotidiano, quando la coppia affronta le proprie crisi ha sempre la notte buia come “fondale” dietro i vetri di casa, ma quando si ritrova a scambiare affetti ed emozioni lo sfondo è la luce...sono i ciliegi in fiore all’aperto…quando il padre resta con il figlio a far discorsi su come affrontare il futuro che lo aspetta, il regista ci mostra un torrente dall’acqua cristallina fluente (la vita) che lambisce una roccia monolitica inamovibile in mezzo all’alveo (i valori). Cosa dire poi delle aspirazioni delle 2 “classi” a confronto: quella “bassa” gioca con i figli facendo volare aquiloni, guardando in alto...sognando (l’aspirazione), quella “alta” fa giocare i figli con le canne da pesca, guardando in basso...raccogliendo i frutti (la conservazione). Pregevole risulta il percorso di crescita dell’Architetto che ha più strumenti culturali per farlo rispetto al Commerciante,...Lui ama ed educa il figlio come sa fare, come ha appreso, forse sbaglia ma… ad un certo punto si ravvede … scende a terra e riparte dai fondamentali per ricostruire..teme solo ci voglia troppo tempo (vedi scena del botanico nel bosco) ma ci prova …. e alla fine il padre ritrova suo figlio (non quello biologico …bensì quello cresciuto) entrambi alla fine di 2 percorsi…2 sentieri rispettivamente in salita ed in discesa che idealmente si ricongiungono riunendo la famiglia. L’Architetto è il vero eroe di questa storia raccontata tanto delicatamente (come solo i giapponesi sanno fare)…è il vincitore..si libera anche del complesso vissuto con suo padre…ritrova una vera identità…grazie ai propri strumenti culturali raggiunge la felicità. Questo cammino di cambiamento dura da Novembre ad Agosto…9 mesi…come la gestazione dell’uomo. Bel film.
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chiarialessandro
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domenica 20 aprile 2014
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le ragioni del sangue. le ragioni del cuore
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Il fatto che un argomento sia stato usato (o, addirittura, abusato) non è una buona discriminante dal punto di vista cinematografico e questa pellicola è a dimostrazione concreta della validità di tale affermazione: l’argomento della trama consiste infatti nello scambio di figli tra coppie ma, pur essendo già stato trattato da altri, Koreeda è riuscito a realizzare quello che oserei definire un piccolo cult il cui pregio principale consiste nei dialoghi, che ci accompagnano senza fretta in una progressiva conoscenza del modo di pensare, vivere ed agire dei personaggi, creando così un percorso logico attraverso cui la vicenda si sviluppa in modo consequenziale sino all’epilogo finale e permettendoci di capire i percorsi psicologici che determinano atteggiamenti e comportamenti di adulti e bambini.
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Il fatto che un argomento sia stato usato (o, addirittura, abusato) non è una buona discriminante dal punto di vista cinematografico e questa pellicola è a dimostrazione concreta della validità di tale affermazione: l’argomento della trama consiste infatti nello scambio di figli tra coppie ma, pur essendo già stato trattato da altri, Koreeda è riuscito a realizzare quello che oserei definire un piccolo cult il cui pregio principale consiste nei dialoghi, che ci accompagnano senza fretta in una progressiva conoscenza del modo di pensare, vivere ed agire dei personaggi, creando così un percorso logico attraverso cui la vicenda si sviluppa in modo consequenziale sino all’epilogo finale e permettendoci di capire i percorsi psicologici che determinano atteggiamenti e comportamenti di adulti e bambini. Strabiliante la semplicità e la profondità con cui vengono mostrati due mondi e due modi quasi diametralmente opposti di intendere la vita e l’educazione dei figli. Illuminante esempio di cinema che riesce a coniugare la bellezza formale con il fardello di una vagonata di domande su quelli che nella vita quotidiana dovrebbero rappresentare i valori dominanti. Movimenti di macchina lenti e misurati come tutta la cultura che permea l’opera. Regia che probabilmente spinge in modo intenzionale verso una interpretazione leggermente sotto tono al fine di privilegiare la storia, la narrazione ed i contenuti rispetto agli attori .
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stefanocapasso
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domenica 11 maggio 2014
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sulla costruzione dell'identità
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Father and Son film giapponese di Hirokazu Koreeda attraverso l’analisi del rapporto tra genitori e figli sviluppa un percorso di piu ampio respiro verso il significato dell’identità.
Due coppie vengono informate dopo 6 anni che alla nascita i loro rispettivi figli sono stati scambiati per un errore del personale dell’ospedale. Comincia un grosso conflitto con la struttura dell’ospedale, tra le coppie sull’ opportunità di riscambiarsi i figli e individuale, soprattutto per Nonomiya che è certamente il personaggio più complesso tra i 4 delle due coppie. E’ lui il padre inquieto non contento del figlio, Keita, professionista che ha costruito una brillante carriera ma dalla vita affettiva difficile.
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Father and Son film giapponese di Hirokazu Koreeda attraverso l’analisi del rapporto tra genitori e figli sviluppa un percorso di piu ampio respiro verso il significato dell’identità.
Due coppie vengono informate dopo 6 anni che alla nascita i loro rispettivi figli sono stati scambiati per un errore del personale dell’ospedale. Comincia un grosso conflitto con la struttura dell’ospedale, tra le coppie sull’ opportunità di riscambiarsi i figli e individuale, soprattutto per Nonomiya che è certamente il personaggio più complesso tra i 4 delle due coppie. E’ lui il padre inquieto non contento del figlio, Keita, professionista che ha costruito una brillante carriera ma dalla vita affettiva difficile.
Dopo un periodo di prova arrivano al momento dello scambio. E’ ancora Nonomiya che attraverso un percorso di rielaborazione della propria storia personale metterà in moto il cambiamento che porterà ad una nuova risistemazione delle due famiglie
Partendo dalla indagine che Nonomiya compie sull’importanza del legame “di sangue”, e in sostanza sul chi possa essere definito il padre vero, quello biologico o quello che fa crescere un bambino, il film sviluppa e allarga il discorso al significato dell’identità dell’individuo. Cosa incide nella formazione di una persona, il lascito ereditario, la cultura di provenienza, quella acquisita, il senso di appartenenza. Tutti tasselli che partono dal riconoscimento. Riconoscere le proprie radici e accettarle, in alternativa allo scegliere i modelli identitari precostituiti che non rispondono alle reali necessità personali.
E’ un film dalle atmosfere sottili, che racconta in modo delicato emozioni che colpiscono e lasciano il segno, affrontando temi di importanza primaria.
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antonietta dambrosio
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sabato 1 novembre 2014
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essere padre
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Siamo negli occhi di un bambino di sei anni sin dalla prima scena, occhi che non chiedono, sanno aspettare, che ci conducono negli abissi di un cuore assetato. Keyta aspetta suo padre, una sua carezza, una parola, un sorriso che somigli ad un riconoscimento, un segno che lo faccia sentire bravo.
Ryota (Masaharu Fukuyama) è un architetto di successo che ha lavorato sodo per raggiungere un'alta posizione sociale, ed impone a Keyta un freddo rigore educativo privo di affetto nell'attesa dei successi che possano renderlo orgoglioso, gode delle sue certezze, della "casa che sembra un albergo", di un lavoro che lo gratifica, dell'amore servile di sua moglie Midori (Machiko Ono) che si incrina solo a seguito di una telefonata che cambia la loro vita.
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Siamo negli occhi di un bambino di sei anni sin dalla prima scena, occhi che non chiedono, sanno aspettare, che ci conducono negli abissi di un cuore assetato. Keyta aspetta suo padre, una sua carezza, una parola, un sorriso che somigli ad un riconoscimento, un segno che lo faccia sentire bravo.
Ryota (Masaharu Fukuyama) è un architetto di successo che ha lavorato sodo per raggiungere un'alta posizione sociale, ed impone a Keyta un freddo rigore educativo privo di affetto nell'attesa dei successi che possano renderlo orgoglioso, gode delle sue certezze, della "casa che sembra un albergo", di un lavoro che lo gratifica, dell'amore servile di sua moglie Midori (Machiko Ono) che si incrina solo a seguito di una telefonata che cambia la loro vita.
E' la telefonata dall'ospedale dove sei anni prima è nato Keyta che colloca Ryota su un terreno scomodo nel quale per la prima volta si pone ad osservare da una prospettiva nuova il suo modo di essere padre, e gli impone una scelta terribile. Quell'ospedale di provincia, scelto da Midori, comunica che sono stati vittime di uno scambio di neonati e Keyta è il figlio biologico dell'umile elettricista Yudai e di Yukari, cameriera in un modesto ristorante, la coppia che sta crescendo il loro vero figlio Ryusei con altri due bambini in una condizione sociale meno agiata. Le due famiglie si incontrano ed emergono contrasti culturali e sociali, ma soprattutto emergono i contrasti umani.
Keyta aspetta, ingoia il disprezzo di suo padre, cattura la sua presenza rubando degli scatti che lo ritraggono lontano, distratto ed assente, finchè non incontra mani che lo accarezzano, braccia che lo stringono mentre le sue rimango inerti. Incontra Yudai, l'uomo che ha il suo stesso sangue, che si confonde con lui nei giochi, non perché gli riconosce lo stesso sangue, ma solo perché quello è il suo modo di amare.
La mano lieve di Kore-eda Hirokazu lascia che Ryota si muova lentamente nella sua pellicola a ritmo di una splendida colonna sonora che seguirà ogni mutazione dell'animo, concedendogli la possibilità di misurarsi con il tempo vissuto, ripercorrendo anche la sua esperienza di figlio, e di spostarsi fino ad osservare la sua vita con gli occhi di Keyta. Scrive e ci racconta del cammino parallelo di un padre ed un figlio, distanti, che si chiude ad imbuto fino a farli incontrare. L'emozione segue il passo della crescita umana di Ryota, e i nostri occhi si spostano nei suoi. (Antonietta D'Ambrosio)
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filippo catani
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martedì 6 dicembre 2016
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un tremendo dramma familiare
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La vita di due coppie giapponesi viene sconvolta dalla notizia che i loro figli vennero scambiati alla nascita in ospedale. A loro ora spetterà la decisione se effettuare lo scambio dei bambini o lasciare le cose come stanno.
Un dramma profondo che tocca le corde del cuore. Una scelta impossibile da prendere con leggerezza ma soprattutto quale sarebbe quella migliore? Lasciare le cose come stanno o ripristinare la natura? Fra l'altro le due coppie non potrebbero essere più diverse specialmente nelle figure dei padri: uno ligio al dovere e l'altro sempre pronto allo scherzo e stralunato. Ed è proprio il rapporto padri figli il secondo cardine attorno al quale ruota la pellicola.
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La vita di due coppie giapponesi viene sconvolta dalla notizia che i loro figli vennero scambiati alla nascita in ospedale. A loro ora spetterà la decisione se effettuare lo scambio dei bambini o lasciare le cose come stanno.
Un dramma profondo che tocca le corde del cuore. Una scelta impossibile da prendere con leggerezza ma soprattutto quale sarebbe quella migliore? Lasciare le cose come stanno o ripristinare la natura? Fra l'altro le due coppie non potrebbero essere più diverse specialmente nelle figure dei padri: uno ligio al dovere e l'altro sempre pronto allo scherzo e stralunato. Ed è proprio il rapporto padri figli il secondo cardine attorno al quale ruota la pellicola. Insomma un complesso mosaico da rimettere in piedi per un film commovente e tosto che affronta uno degli incubi peggiori dell'essere genitori.
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flyanto
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mercoledì 16 aprile 2014
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il serio problema della paternità sorto in seguito
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Film basato sulla scoperta da parte di una coppia dello sbaglio commesso dall'ospedale al momento della nascita del proprio figlio sei anni prima e della sua conseguente sostituzione con un altro neonato nato lo stesso giorno. Un fatto sconvolgente che ovviamente metterà in crisi e getterà nel panico seriamente i due giovani genitori che sino a quel momento hanno amato e cresciuto un bambino creduto proprio. Ma lo sbaglio coinvolgerà anche un'altra coppia di giovani genitori che vivranno le stesse problematiche della prima coppia, sebbene con reazioni ed una prospettiva diverse ad affrontare il problema. Entrambe le famiglie, dopo numerosi dubbi, incertezze e titubanze riusciranno a risolvere la questione nella maniera più sensata e soprattutto più confacente ed ottimale per il bene dei propri figli.
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Film basato sulla scoperta da parte di una coppia dello sbaglio commesso dall'ospedale al momento della nascita del proprio figlio sei anni prima e della sua conseguente sostituzione con un altro neonato nato lo stesso giorno. Un fatto sconvolgente che ovviamente metterà in crisi e getterà nel panico seriamente i due giovani genitori che sino a quel momento hanno amato e cresciuto un bambino creduto proprio. Ma lo sbaglio coinvolgerà anche un'altra coppia di giovani genitori che vivranno le stesse problematiche della prima coppia, sebbene con reazioni ed una prospettiva diverse ad affrontare il problema. Entrambe le famiglie, dopo numerosi dubbi, incertezze e titubanze riusciranno a risolvere la questione nella maniera più sensata e soprattutto più confacente ed ottimale per il bene dei propri figli.
Questa pellicola affronta in maniera dettagliata e profonda il delicato e serio problema della paternità: se questa cioè sia determinata dai legami del sangue oppure da quelli affettivi che si consolidano via via nel tempo tra i vari componenti di una famiglia. Infatti entrambe le coppie a cui è stato sostituito il proprio figlio biologico con quello dell'altra, sono confuse, sconvolte e contrarie all'idea di lasciare e soprattutto sostituire, come se fossero dei semplici oggetti, il figlio creduto loro ed allevato come tale con quello naturale. Insomma, la difficoltà presentata in maniera misurata in questo film è proprio la lotta interna dei sentimenti che non cancella affatto l'affetto e l'amore e la complicità sviluppatesi nel corso degli anni di crescita insieme al figlio allevato come proprio ed il sorgere nel frattempo di sentimenti nuovi nei confronti del bambino biologicamente proprio.
Molto credibili risultano tutti i quattro attori che interpretano i componenti delle due famiglie, peraltro assai diverse tra loro per estrazione sociale ed educazione, nonchè i bambini che esprimono molto efficacemente lo spaesamento e la confusione provati di fronte ad una realtà per loro poco comprensibile e sicuramente assai più grande di loro.
Interessante e toccante allo stesso tempo.
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