"INto the Blood", forse il peggior film di Stockwell, è assolutamente pletorico: inutili i "duplicati", le riprese di scene già viste(anche quelle del passato dell'affascinante, bisogna ammetterlo, donna karateta e comunque esperta di arti marziali, Gina Carano, vera protagonista del film, anche per la sostanziale assenza scenica degli altri/delle altre interpreti, con dei flash-back rozzi, pur se volutamente), tanto più inutili le"sospensioni", ossia i momenti di stanca della ricerca, quando Gina(Ava nel film)cerca il marito, le cui tracce non ritrova, dopo l'incidente"sportivo"; ancora più pletoriche, però, le scene della parte finale, quando "si scopre-si è anzi ormai scoperta-la verità", invero molto facilmente prevedibile, per non dire che è già intuibile anche dal titolo-che si trascinano e trascinano gli spettatori fino a uno stracco e "strascicato" finale.
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"INto the Blood", forse il peggior film di Stockwell, è assolutamente pletorico: inutili i "duplicati", le riprese di scene già viste(anche quelle del passato dell'affascinante, bisogna ammetterlo, donna karateta e comunque esperta di arti marziali, Gina Carano, vera protagonista del film, anche per la sostanziale assenza scenica degli altri/delle altre interpreti, con dei flash-back rozzi, pur se volutamente), tanto più inutili le"sospensioni", ossia i momenti di stanca della ricerca, quando Gina(Ava nel film)cerca il marito, le cui tracce non ritrova, dopo l'incidente"sportivo"; ancora più pletoriche, però, le scene della parte finale, quando "si scopre-si è anzi ormai scoperta-la verità", invero molto facilmente prevedibile, per non dire che è già intuibile anche dal titolo-che si trascinano e trascinano gli spettatori fino a uno stracco e "strascicato" finale. UN film che è d'azione, ma vorrebbe avere la presunzione di denunciare una realtà, biosgna dirlo, ossia il dominio satrapico di personaggi mafiosi in certe isole e anche in certi stati caraibici e in genere latinoamericani(in Africa ci sono realtà ancora peggiori, ma ciò non consola né deve affatto consolare, ci mancherebbe), che rimane sospeso anche a un elemento psicanalitico("l'ombra del padre"nel passato di Ava)che non riesce valorizzare. Dunque, tra mancata denuncia sociale e azione(meglio sviluppata nella prima parte e poi, ma solo a sprazzi, per intervalla historiae, nella parte centrale e finale), traumi in questo caso fecondi, almeno per l'economia della narrazione, un film mancato, che si fonda sul personaggio Gina Carano, ma anche qui non riesce ad andare a fondo, perdendosi"per li rami", senza voler fare(o riuscire a fare, appunto, come ventilato da quanto scritto sopra) dell'eroina-amazzone(amatissima anche proprio archetipicamente anche da vari maschi, oltre che dalle donne per altri motivi), un archetipo come potevano essere il compianto Bruce Lee, Arnold Schwarzenegger, Jackie Chan e tanti altri...Un discorso sospeso, ma, diciamo anche con franchezza, un film pletorico e, per osare di più(ma appare necessario)francamente inutile. Ancora una volta, per non ripetere cose già dette e scritte, un breve spot, in certi casi, vale di più di un film intero... El Gato
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