C'era una volta. - un Re! - diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno...
Così inizia uno dei più famosi quanto immortali capolavori della nostra infanzia che ci ha aperto ad un mondo fantastico, di balocchi, di fate turchine, di sogni che diventano realtà. Pinocchio: chi non conosce la sua storia? Chi non è rimasto affascinato nella lettura del classico collodiano per eccellenza e dalla trasposizione animata che ne fece la Walt Disney negli anni ’40 dove veniva ritratto un Pinocchio “alla tirolese”? Avventurarsi in un film di Pinocchio è pericoloso e lo dimostra il fatto che in sessant’anni solo tre pellicole in tema sono uscite: il già citato Walt Disney, la versione di Comencini (del medesimo periodo) e quella del pestifero Benigni nel 2002.
Enzo D’Alo’ aveva in mente questa idea da tempo ma non riusciva a identificare e proporre un modo personale di intendere il classico di Collodi; quando poi Benigni nel 2002 ne propose la sua versione, D’Alo’ (che aveva ultimato i dettagli della produzione) si “ritirò” quasi timorosamente non sentendosi ancora pronto. Dalla visione del Pinocchio di Benigni, il regista napoletano rielaborò i concetti essenziali,rilesse più e più volte la versione originale ma introdusse anche aspetti poco conosciuti (l’infanzia di Geppetto, il suo carattere determinato e sognatore, la rivisitazione della figura della Fata Turchina di cui il burattino si innamora dichiarando di volerla sposare) e soprattutto contestualizzando l’avventura del burattino in un ambiente geografico ben definito fatto di colli e declivi, di sconfinate pianure cui si oppongono cittadine con portali e chiese medioevali baroccheggianti. Il paesaggio della campagna senese realizzato con cura attenta dei particolari e con uno stile inconfondibile frutto del connubio con l’illustratore Lorenzo Mattotti non possono lasciare indifferenti lo spettatore che, sin dalle prime inquadrature, capisce di essere dinanzi a un prodotto fresco e degno di nota, a un’esplosione di fantasia e di colori che a tratti rendono le bugie di Pinocchio ancora più visionarie e intriganti.
Così, quello che di primo acchito potrebbe essere inteso come deja-vu , nel film d’animazione di D’Alo’ diviene divertissment di buona fattura ed eccellente livello grafico con musiche azzeccate e ben accordate composte per l’occasione dal grande Lucio Dalla (sigh) alla sua ultima realizzazione che nella figura del Pescatore verde fornirà un interessante cammeo in sala doppiaggio mai come in questa occasione in gran galà. Partecipazioni di attori come Maurizio Micheli (Gatto), Pino Quartullo (carabiniere), Rocco Papaleo (un Mangiafoco sotto tono) ed eccellenti doppiatori tra i quali figura la coppia padre-figlio (anche nella vita reale) Caprio, Carlo Valli (Grillo), Giorgio Lopez (Alidoro), rendono il nuovo film d’animazione molto curato dal punto di vista artistico. Per una volta tanto, onore al doppiaggio che non risente dell’incapacità al sync, delicata nei film d’animazione e che in alcune precedenti pellicole americane (vedi Ortone e il mondo dei chi, Le avventure del topino Desperaux) era quasi costante.
La trama ripercorre aspetti noti della storia di Pinocchio, si presenta innovativa pur non nascondendo cenni di venatura classica che la rendono fedele all’originale: dopo l’infanzia di Geppetto, viene mostrata “la genesi” del burattino, il suo maldestro tentativo di andare a scuola e di recarsi invece al teatrino di Mangiafoco, l’incontro con il Gatto e la Volpe (femnina? doppiata per l’occasione da una convincente Affatato,moglie di D’Alo’), il furto delle monete d’oro, l’arresto, la fuga, l’incontro con Lucignolo, il paese dei Balocchi, la mitica pancia della balena col ritrovo dell’adorato Geppetto, la fuga e la trasformazione a bambino. E’ un Pinocchio,quello di D’Alo’ specchio delle nostre esistenze spensierate, maldestre, combina guai, indolenti ma con spirito sacrificio permeate da una venata spensieratezza di fondo. Un piacere per grandi e piccini, un film che l’eterno “bambino” Lucio ha contaminato con sapienti musiche. L’estro della fantasia ha poi reso il resto più facile.
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