donni romani
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domenica 8 luglio 2012
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due solitudini alla deriva
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Premiatissimo al Sundance Festival del 2011, regia e protagonisti maschile e femminile, il film di Considine è un magnifico affresco dedicato al dolore, ritratto in ogni sua forma ed espressione. Joseph reagisce alle ferite della vita con rabbia e violenza, Hanna invece sopporta le umiliazioni e la furia del marito con fede e comprensione. L'incontro fra di due è di quelli destinati a cambiare entrambi, a renderli consapevoli dei propri errori e delle possibilità di redenzione o di espiazione. Personaggi fragili e dolenti, resi magistralmente da Mullan e Colman, esseri umani veri e sinceri, mai edulcorati e mai ammantati dal fascino del "maledetto" ma non per questo giudicati o condannati.
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Premiatissimo al Sundance Festival del 2011, regia e protagonisti maschile e femminile, il film di Considine è un magnifico affresco dedicato al dolore, ritratto in ogni sua forma ed espressione. Joseph reagisce alle ferite della vita con rabbia e violenza, Hanna invece sopporta le umiliazioni e la furia del marito con fede e comprensione. L'incontro fra di due è di quelli destinati a cambiare entrambi, a renderli consapevoli dei propri errori e delle possibilità di redenzione o di espiazione. Personaggi fragili e dolenti, resi magistralmente da Mullan e Colman, esseri umani veri e sinceri, mai edulcorati e mai ammantati dal fascino del "maledetto" ma non per questo giudicati o condannati. Sceneggiatura asciutta e piena di umanità, un sobborgo londinese degradato e violento che potrebbe essere il sobborgo di qualunque metropoli al mondo, due vite andate alla deriva ma non per questo destinate al naufragio, tutto questo raccolto in scene toccanti e piene di pathos, dove anche una sola frase può segnare un destino. E la scena del funerale di un amico di Joseph rasenta la perfezione per quanto è intensa e vibrante. Una curiosità: il titolo del film, apparentemente fuori contesto, verrà spiegato da Joseph a circa metà del film e ci dirà molto su quanto i rimpianti ed i sensi di colpa possano essere un fardello che vanifica ogni tentativo di riscattarsi.
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angelo umana
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mercoledì 17 ottobre 2012
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i modi in cui affondiamo
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Hannah implora il marito James al telefono di non farle ancora del male quando tornerà a casa, chiederà invece a Joseph “Mi terrai con te per favore?”. Invoca rispetto o tenerezza a due uomini, ognuno a loro modo preda di impulsi autodistruttivi, gente che si sta buttando via: il primo, geloso e violento, ha torturato e stuprato la moglie, senza quasi mai riservarle rispetto. Il secondo invece è vedovo da cinque anni di una donna che farebbe ancora fuggire da sé perché “La tratterei come un cane …ho fatto andar via l’amore da lei, piena di fiducia e di perdono verso tutti”, o perché “Non sono una bella persona” e “Nessuno è al sicuro con me".
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Hannah implora il marito James al telefono di non farle ancora del male quando tornerà a casa, chiederà invece a Joseph “Mi terrai con te per favore?”. Invoca rispetto o tenerezza a due uomini, ognuno a loro modo preda di impulsi autodistruttivi, gente che si sta buttando via: il primo, geloso e violento, ha torturato e stuprato la moglie, senza quasi mai riservarle rispetto. Il secondo invece è vedovo da cinque anni di una donna che farebbe ancora fuggire da sé perché “La tratterei come un cane …ho fatto andar via l’amore da lei, piena di fiducia e di perdono verso tutti”, o perché “Non sono una bella persona” e “Nessuno è al sicuro con me". Hannah lo ha conosciuto quando si è rifugiato nel suo negozio, preda delle sue intemperanze alcoliche, e per prima cosa ha pregato per lui, cosa che Joseph le chiederà di fare pure per l’amico che un tumore sta spegnendo. Le parole di fede di Hannah sanno di tenerezza verso i suoi simili, più che preghiere paiono parole di conforto che un essere umano sa dare. Interessanti dunque i tratti somiglianti tra la moglie defunta e questa nuova amica. Eppure Joseph è sprezzante verso la fede di lei: “Non voglio niente da quel cazzone” (Dio) oppure “Fai tante buone azioni e Dio non ti aggiusta gli organi interni” le dice quando questa gli comunica che non ha potuto essere mamma.
Nella periferia di una qualsiasi grande città inglese (o irlandese?, così potrebbe sembrare da una sciarpa bianco-verde che salta fuori come simbolo di fratellanza durante il post-funerale) si svolgono le vicende violente e piene di tensione di “Tyrannosaur”. Film scritto e diretto da Paddy Considine, ma molto ben scritto e diretto, oltreché ottimamente interpretato da ogni componente del cast. Le riprese fanno sentire di far parte di quella comunità disgregata, di esserci dentro, le scene crude sono troppo verosimili per rendersi conto poi che siamo di fronte a pure e veritiere interpretazioni. C’è pure il contorno di xenofobia tipico di occidentali degradati, che ancora si professano “celti”.
Si indovina che Joseph, colui che dice di sé cose terribili, spera in fondo in qualcosa che migliori la sua vita, se si è avvicinato a Hannah, “l’unica a sorridermi”, o se conserva l’amicizia di Tommy, il bambino vicino di casa che gioca per strada col pupazzo che gli regalò papà, che non vediamo perché ora al suo posto c'è un patrigno, padrone di un cane terribile e ringhioso come lui. La festicciola dopo il funerale dell’amico morto di cancro è uno dei pochi momenti di speranza del film, riconciliazione di animi. Joseph è per quasi tutti i 91 minuti del film un 50-60enne alla deriva, disabituato ad avere qualcuno per casa o anche solo accanto, incapace di credere che qualcuno possa volergli bene, critico e recriminante verso quasi tutto. Ad Hannah dice ad esempio “non hai mai mangiato merda, non sai com’è là fuori”, crede che lei se ne stia tranquilla e protetta nello stile di vita della dignitosa zona di Manors Estate, mentre il viso di lei ci rimanda ai drammi casalinghi che sta vivendo. Qualcosa di meglio infatti avverrà e l’andatura di Joseph - che abbiamo vista barcollante sotto l’effetto dell’alcol, poi scoordinata e violenta quando era armato di cattivi propositi o scoraggiato da “Tutto quello che sta marcendo nella mia testa” – diverrà alla fine ordinata, diretta verso una destinazione concreta, col vestito blu e perfino la cravatta in tono.
Tanti i riferimenti, non so quanto volontari, alle periferie degradate o alle vite disagiate di Ken Loach, che di fronte a questo film di Considine sembrano perfino descrizioni addolcite, e tante le associazioni di idee con altri film. A beneficio del ricordo: In “Scarface” c’è Al Pacino eroe maledetto che, in un ristorante, si addita ad esempio negativo che permette agli altri ospiti di sentirsi normali, educati e perbene, nei loro vestiti eleganti; in questo film Joseph scrive ad Hannah, in merito ad una sua brutta vendetta, “Tutti lo pensano ma solo io lo faccio”. In “Gran Torino” si ritrova nel personaggio di Eastwood la stessa rabbia o intolleranza che ha Joseph verso i soprusi o ciò che non trova regolare secondo i suoi canoni. Nel recente “Paradies: Glaube” di Ulrich Seidl, la protagonista si rivolta contro la croce che ha tanto adorato, così come Hannah nella disperazione fa con un’immagine di Gesù Cristo: la fede insieme artefice dei nostri successi e responsabile dei nostri fallimenti? Eppure “siamo solo noi”, in tutti i modi in cui sappiamo affondare.
La decadenza dei personaggi – o della realtà di tante nostre vite - è suggellata dalle parole dell’ultima canzone della colonna sonora: “Eravamo sprecati figliolo, eravamo sprecati tutti sul tragitto dalla discoteca fino al nostro vialetto … e in tutti i modi in cui affondiamo”. E' il miglior film del 2011, best director, best actor e best actress al Sundance Film Festival, se vi par poco!
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riccardo tavani
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domenica 11 novembre 2012
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la bestia e la preghiera
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In questo film il regista ricorre magistralmente a uno dei più sperimentati meccanismi narrativi cinematografici. Ovvero quello che ci presenta il protagonista come un gran figlio di puttana, una carogna, ma con un fondo caratteriale di qualità umana che man mano la vicenda farà emergere. Un tratto del carattere che lo distingue e lo stacca dallo sfondo ambientale malvagio nel quale si muove. Tale personaggio è qui Joseph, dall'età indeterminata tra i cinquanta e i sessant'anni, vedovo, che sopravvive di sussidio pensionistico o di disoccupazione, e abita in una periferia urbana degradata.
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In questo film il regista ricorre magistralmente a uno dei più sperimentati meccanismi narrativi cinematografici. Ovvero quello che ci presenta il protagonista come un gran figlio di puttana, una carogna, ma con un fondo caratteriale di qualità umana che man mano la vicenda farà emergere. Un tratto del carattere che lo distingue e lo stacca dallo sfondo ambientale malvagio nel quale si muove. Tale personaggio è qui Joseph, dall'età indeterminata tra i cinquanta e i sessant'anni, vedovo, che sopravvive di sussidio pensionistico o di disoccupazione, e abita in una periferia urbana degradata. Joseph ha in corpo tanta di quella rabbia e violenza incontrollata da spargerla ad ogni occasione ferocemente attorno a sé, contro chiunque gli capiti fortuitamente a tiro. Una bestia veramente pericolosa che azzanna alla gola al primo scalpiccio di passi o schiarirsi della voce, capace anche di prendere a calci il suo fedele e mansueto cane, fino ad ammazzarlo, solo per sfogarsi. Una bestia destinata, però, a ricevere sanguinose bastonature da quelli che lui ha massacrato di botte, i quali si coalizzano in gruppo per beccarlo e pestarlo a dovere mentre la notte rientra a casa abitualmente ubriaco. Gli unici umani che Joseph rispetta sono un suo amico che sta morendo di cancro e Samuel, un ragazzino che abita dirimpetto a lui. La madre mette sempre fuori di casa suo figlio quando deve fare l'amore con Bod, il suo amante. Questo Bod possiede un cane da difesa personale, la ferocia animale del quale, però, impallidisce di fronte a quella umana di Joseph. In questo livido tran tran quotidiano, succede una mattina che Joseph, sconvolto dalla sua follia devastatrice, vada a rifugiarsi in un negozio di vecchi abiti, libri e altri oggetti usati. Il negozio è gestito a fini di carità cristiana da Hannah, una donna sulla quarantina, senza figli, intensamente credente in Dio. Hannah vive con suo marito James in un quartiere e in una situazione sociale, culturale, residenziale completamente diversa da quella abietta di Joseph. Pure l'incontro tra la mitezza sofferta della donna e la brutalità dei selciati periferici che si trascina dietro l'uomo, farà emergere che la violenza, il sopruso spietato si nascondono dietro ogni facciata, anche la più rispettabile, perché sono frutto di una mentalità, di un'atmosfera maschile di fondo, alla quale una donna è sempre esposta, senza alcuna possibilità di difesa certa. E non solo la donna, ma anche ogni altro essere più debole, umano o animale che esso sia. È proprio da questo fondo di bestialità magmatica originaria che si stacca, o tenta disperatamente di staccarsi la figura del protagonista. Il regista, però, attenendosi a una chiave drasticamente realistica, non ci offre nessuna facile e illusoria via d'uscita. Quella chiave è infatti anche una preziosa chiave stilistica, che rende il film implacabilmente efficace, denso di significati e riflessioni. La lotta di Joseph contro se stesso è infatti proprio di questa natura: dare una forma, un ordine, uno stile ai suoi gesti, pensieri, emozioni e pulsioni, In una scena di Jurassic Park, il Tirannosauro, avvicinandosi all'auto di due fidanzatini che si baciano, fa crepare i vetri dei finestrini solo con la vibrazione sul terreno dei suoi pesanti passi. Il Tirannosauro in noi sa fare molto di peggio.
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filippo catani
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mercoledì 16 ottobre 2013
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vite disperate
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Un uomo non riesce a fare a meno nè della birra nè soprattutto della violenza che sfoga contro tutto e tutti e pure contro se stesso. Dopo aver addirittura ucciso il proprio amato cane e aver causato una rissa in un pub, l'uomo trova rifugio in un negozio di abbigliamento. Quì farà la conoscenza con la titolare; una donna devota che cercherà di offrire all'uomo il suo aiuto ma che vive lei stessa una situazione disperata.
Vite disperate che finiscono per incontrarsi in questo film duro e spigoloso come il suo protagonista, un uomo che vive di sola violenza e che ha un amico che sta morendo di cancro e il bimbo suo vicino di casa come uniche "compagnie".
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Un uomo non riesce a fare a meno nè della birra nè soprattutto della violenza che sfoga contro tutto e tutti e pure contro se stesso. Dopo aver addirittura ucciso il proprio amato cane e aver causato una rissa in un pub, l'uomo trova rifugio in un negozio di abbigliamento. Quì farà la conoscenza con la titolare; una donna devota che cercherà di offrire all'uomo il suo aiuto ma che vive lei stessa una situazione disperata.
Vite disperate che finiscono per incontrarsi in questo film duro e spigoloso come il suo protagonista, un uomo che vive di sola violenza e che ha un amico che sta morendo di cancro e il bimbo suo vicino di casa come uniche "compagnie". Non se la passa certo meglio la negoziante che cerca di trarre la forza per andare avanti nella vita dalla fede in Dio che viene però messa a dura prova dalle violenze e umiliazioni che subisce dal marito (la scena in cui lui le piscia addosso senza che lei batta cicglio è agghiacciante). Personaggi quindi alla deriva che popolano non solo i quartieri più poveri ma che spesso si nascondono dietro le perfette villette a schiera delle sorridenti famiglie borghesi. L'uomo e la donna proveranno allora a stringere una sorta di rapporto che non si può nemmeno definire per cercare di uscire dai rispettivi incubi ma come purtroppo troppo spesso accade in queste storie difficilmente si arriva a una conclusione consolatoria. Così anche la fede che era il baluardo della donna finisce con l'incrinarsi e in un periodo dove si parla del femminicidio è terribile vedere una donna sola in cerca di aiuto con il viso tumefatto che dubita che qualcuno creda a tutti i soprusi che ha dovuto sopportare. Insomma un film cupo (del resto come l'atmosfera in cui si girano le scene) che colpisce forte lo spettatore. Complimenti al regista Considine per il coraggio dimostrato nel raccontare una storia del genere e anche al cast al completo dove i tre protagonisti principali si calano tragicamente alla perfezione nelle parti. Infine una menzione anche alla bella seppur dolente colonna sonora.
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sisma
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lunedì 5 novembre 2012
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il male a propria difesa!
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Due protagonisti e due cambiamenti radicali, due prospettive iniziali e due rovesciamenti inevitabili causati dalle contingenze. Il male che si erge a proteggere il protagonista maschile del film, avvinto da una rabbia irriflessa che sfocia nella violenza, trova il suo opposto nella protagonista femminile, fervente laica votata a lenire tramite la preghiera le sofferenze del prossimo. L'esperienza quotidiana rafforza la sensibilità della protagonista femminile e la aiuta a percepire i dolori che attanagliano le altre persone. Per questo motivo riesce a comprendere l'uomo che è piombato nella sua vita quasi fosse stato mandato da Dio perché gli si dia conforto e lo si comprenda.
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Due protagonisti e due cambiamenti radicali, due prospettive iniziali e due rovesciamenti inevitabili causati dalle contingenze. Il male che si erge a proteggere il protagonista maschile del film, avvinto da una rabbia irriflessa che sfocia nella violenza, trova il suo opposto nella protagonista femminile, fervente laica votata a lenire tramite la preghiera le sofferenze del prossimo. L'esperienza quotidiana rafforza la sensibilità della protagonista femminile e la aiuta a percepire i dolori che attanagliano le altre persone. Per questo motivo riesce a comprendere l'uomo che è piombato nella sua vita quasi fosse stato mandato da Dio perché gli si dia conforto e lo si comprenda. L'esperienza quotidiana teribile che vive senza opporre resistenza arriverà a un parossismo di sopportazione che la porterà tuttavia a disattendere il suo compito spirituale che dovrebbe assolvere nelle vesti di guida per il prossimo verso la ricerca del bene. Questo comportamento ribaltato cambierà anche l'attitudine violenta del protagonista maschile del film conducendolo verso una comprensione intima di se stesso e della sua indole. Lo porterà a comprendere perciò quanto sia inutile fare del male, quanto i confini tra il bene e il male siano labili e facilmente valicabili, se anche chi si professa dispensatore del bene non riesce a frenare gli allettamenti del male. Dal bene la protagonista femminile giungerà al male, suo malgrado arrendendosi alle proprie debolezze di essere umano. Il protagonista maschile sarà guidato inevitabilmente a sondare le radici di questo cambiamanto, riflettendo sul male che lo circonda e su quanto il male possa essere potente nei confronti della debolezza delle persone, un percorso edificante che lo porterà a cambiare radicalmente.
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noia1
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giovedì 15 maggio 2014
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bello ma doloroso.
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Un vecchio frustrato e cinico arrabbiato con il mondo intero fa la conoscenza di una donna che lo apre al mondo di Dio, lui non è interessato alla religione ma la dolcezza della nuova conoscenza lo cambierà.
Film struggente, le sensazioni e gli stati d’animo dei protagonisti bucano lo schermo e rendono in maniera estremamente credibile le vite di due persone sole e abbandonate come abbandonata è l’Inghilterra che li soffoca. Un mondo cinico come cinico è il protagonista, un mondo che non ripaga dei sacrifici come non è ripagata la bontà della sua povera amica, un mondo dove non resta altro che agire e rischiare di passare dalla parte del torto perché per alcuni non c’è la possibilità di avere pace e sono costretti a rischiare perché a volte un po’ di crudeltà distingue l’eroe dal mediocre.
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Un vecchio frustrato e cinico arrabbiato con il mondo intero fa la conoscenza di una donna che lo apre al mondo di Dio, lui non è interessato alla religione ma la dolcezza della nuova conoscenza lo cambierà.
Film struggente, le sensazioni e gli stati d’animo dei protagonisti bucano lo schermo e rendono in maniera estremamente credibile le vite di due persone sole e abbandonate come abbandonata è l’Inghilterra che li soffoca. Un mondo cinico come cinico è il protagonista, un mondo che non ripaga dei sacrifici come non è ripagata la bontà della sua povera amica, un mondo dove non resta altro che agire e rischiare di passare dalla parte del torto perché per alcuni non c’è la possibilità di avere pace e sono costretti a rischiare perché a volte un po’ di crudeltà distingue l’eroe dal mediocre.
Bellissime anche le inquadrature che regalano alle scene la drammaticità o lo stile e, a seconda che la situazione lo richieda, entrambi si abbattono sullo spettatore.
Analisi di vite dolorose, forse troppo vero, forse poco rassicurante, sicuramente non si resta indifferenti soprattutto perché tutto accade tra le mura di casa, il vecchio se la prende con il mondo intero ma il male che veramente affligge le varie persone accade quando nessuno può guardare ed è ciò che forse frustra veramente.
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