La guerra di Mario |
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Un film di Antonio Capuano.
Con Marco Grieco, Valeria Golino, Andrea Renzi, Anita Caprioli, Rosaria De Cicco.
continua»
Drammatico,
durata 100 min.
- Italia 2005.
uscita venerdì 3 marzo 2006.
MYMONETRO
La guerra di Mario
valutazione media:
2,94
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L'odore del sangue (borghese e proletario)
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| mercoledì 29 novembre 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Anche un sogno sanguinario, una fantasmagoria di corpi trucidati e membra sezionate, è un modo per sentirsi vivi, per non abbandonarsi alla realtà che si vive, e per ricordare l'unica realtà (pur misera e degradata) che si conosca. Questo è il bambino Mario:un ingenuo e rozzo sognatore, un prodotto dell'ambiente e della società che lo hanno visto nascere e lo hanno inevitabilmente forgiato. Nel film di Capuano domina una visione deterministica dell'esistenza: ognuno è quello che è perchè così deve essere, ognuno è agito da forze più grandi o più adulte, siano esse la strada o mamme adottive o naturali fra loro diversissime. I sogni borghesi di normalità e di amore genitoriale, quell'amore di per sè lindo, pulito, ordinato, fanno i conti con la verità che Mario incarna; la verità della strada, dela grettezza di gesti e comportamenti, della precaria arte dell'arrangiarsi che tutto pervade e diventa quasi struggente sistema di vita. A nulla serve la sincera disponibilità della madre adottiva: la permissività travestita da moderno e idealista modello educativo pur non potrà normalizzare Mario, ormai marchiato dai suoi natali,ormai corrotto nei suoi geni da ragazzino di strada. Questo colpisce nel bel film di Capuano: l'inavvicinabilità di mondi ormai alla deriva, quello borghese con i suoi deficit strutturali di comunicazione (la figlia rimprovera alla madre do non averle inculcato il valore ed il sapore della maternità) e quello sottoproletario, con il suo dialetto sferzante ed icastico e le sincere paraculaggini. Il tutto reso da interpretazioni intense e soffici, non un urlo di troppo, solo qualche insistenza sulle colorite fantasie di un bambino (giustamente?) troppo grande e maturo per la propria età anagrafica.
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