oscar15781
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domenica 25 agosto 2013
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il s'agit de l'amour e de la mort
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Marie-Jo, donna sposata con famiglia e vicina ai cinquanta anni, che fa assistenza ed accompagnamento a casa dei malati per i loro trattamenti in ospedale, si innamora di un suo paziente.
Il s'agit de l'amour et de la mort, tutto ciò a dispetto della descrizione di "un menage confortable". Si svolge a Marsiglia e nel film è molto presente la dimensione del mare, della cità costiera, della vita in una città del sud della Francia. Il paziente, ex capitano di lungo corso, che ha contratto la malaria nei suoi viaggi, conduce rimorchiatori e traina le grosse navi in uscita dal porto di Marsiglia.
Questo film indugia molto sul menage, sulla situazione intima degli amanti e sulla dimansione familiare.
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Marie-Jo, donna sposata con famiglia e vicina ai cinquanta anni, che fa assistenza ed accompagnamento a casa dei malati per i loro trattamenti in ospedale, si innamora di un suo paziente.
Il s'agit de l'amour et de la mort, tutto ciò a dispetto della descrizione di "un menage confortable". Si svolge a Marsiglia e nel film è molto presente la dimensione del mare, della cità costiera, della vita in una città del sud della Francia. Il paziente, ex capitano di lungo corso, che ha contratto la malaria nei suoi viaggi, conduce rimorchiatori e traina le grosse navi in uscita dal porto di Marsiglia.
Questo film indugia molto sul menage, sulla situazione intima degli amanti e sulla dimansione familiare. Quindi va nel descrivere quello che Jacques Lacan chiama "il menage per una donna", l'ambiente protetto di un focolare, il costruirsi di un economia familiare. Marie-Jo prima di essere accompagnatrice e ausiliare medicale, aiutava il marito nella impresa edile familiare. Cosi' il film mostra la famigllia coi suoi momenti comuni, le cene, il lavoro, il tran-tran e le vacanze.....Lacan diceva che le donne puntano in un primo tempo al tran-tran, ma poi occorre un invenzione....in questa situazione il desiderio del tran-tran, in Marie-Jo, è suscettibile di spostamento, diventa desiderio d'altro. Come in una nuova inquadratura di vita, viene ad evidenziarsi per Marie-Jo, un particolare in un uomo, per lei all'improvviso un modo d'essere di un uomo, si fa notare. Un uomo che non si è mai innamorato prima, che come pilota in porto potrebbe certamente accompagnare i propri figli a scuola, ma, a dispetto di ciò, fa notare ai colleghi: "Non ho figli". Ha osservato nei suoi viaggi nel mondo, le varie declinazioni dell'amore che ha appuntato in un quaderno. Ha avuto amanti, ma non ha mai aperto il suo cuore ad una donna. Ma in questo , il capitano manifesta un'impotenza, una barratura, una tristezza di vivere fondamentale, un patimento.
Il suo reciproco speculare è il marito di Marie-Jo, il costruttore edile, padre di una figlia adolescente, ma ubriaco d'amore, talmente innamorato dell'amore, che Marie-Jo non potrà mai colmarne la domanda.. Sono ambedue segnati da tratti mortali, declinazioni mortali del desiderio, diverse ma convergenti su una preponderante tristezza esistenziale. la pulsione di morte viaggia insieme al desiderio per loro. Il capitano ha un fascino negativo, che le donne sentono e compatiscono, ma che suscita al contrario l'interesse di Marie-Jo.
Nel quadro di queste scelte di Marie.Jo il film si fa arioso, di estate, di barche, di cene all'aperto, come se il film alludesse ad una leggerezza di Marie-Jo. La leggerezza di Marie- Jo di far amare il suo nome da parte di due uomini. Questa è la sua capacità e la sua colpa...Non agisce come spesso fa ogni donna, per avere un nuovo amore uccide, termina l'amore che ha. Cioè per avere un altro uomo, uccide (metaforicamente) chi, metaforicamente aveva preso il posto del padre, cioè il marito o il partner. Oppure, più semplicemente sceglie di avere un amante.
Insomma che fa Marie-Jo? Non chiude con il marito, non termina il suo amore, non può lasciarlo, non può lasciare il marito. Ma allo stesso tempo non vuole rinunciare al suo desiderio per il nuovo amante. Marie- Jo disinnesca il triangolo borghese, fa saltare una comoda dimensione di amante, anche a costo di patirne gravi conseguenze. Non può mentire, non può nascondersi. Sceglie l'impossibile: fa esistere i due amori contemporaneamente. Li sostiene, al di là dello scandalo. Lo scandalo è un arma per liberarsi dal senso di colpa, è un arma normalmente diretta verso il coniuge. Invece Marie-Jo usa lo scandalo per afferrmare la realtà ingestibile dei suoi due amori. . Quello che non può fare è uccidere metaforicamente il proprio padre, si può supporre per lei un padre seduttivo, che non ha approfittato di lei, ma che ne fatto la sua principessina, liberando il suo desiderio verso altri oggetti, ma in maniera condizionata. E' un tipo di amore che la impegna: "è difficile amare due uomini!", dice Marie-Jo, come un ingenua eroina dell'amore, ma è una cosa ingestibile ed esiziale per il marito, ingestibile per la figlia.
La figlia adolescente che ha un giovane fidanzato, è anche lei speculare alla madre. Ma la figlia mostra una rigidità assoluta, che dipende dalla fragilità del suo essere desiderante. Come la madre è incapace di uccidere metaforicamente il padre. La figlia è in questo, precariamente desiderante, avendo avuto un padre debile, cosa che comunque non le ha impedito di desiderare un altro uomo, il suo giovane fidanzato. Tuttavia è un giudice severo per la madre, è molto protettiva verso il padre e paventa come minaccioso il desiderio della madre per un altro uomo.
La volontà di Marie-Jo di far conoscere il capitano alla famiglia e al marito ha esiti disastrosi. Infatti il capitano, parlando del suo quaderno di osservazioni sull'amore nel mondo, durante la cena con la famiglia di Marie-Jo, suscita l'interesse della figlia, che andrà a ritirare il quaderno dal capitano casualmente durante un incontro clandestino di lui stesso con la madre.
Marie-Jo nuda, deve nascondersi per evitare un incontro davvero devastante e scandaloso con la figlia e "muore di vergogna". Di qui la volontà di non nascondere più il suo nuovo amore. Ma appunto la figlia percepisce che la madre desiderando il pilota, mette in pericolo, minaccia ai suoi occhi l'esistenza stessa del padre, La figlia sa che il padre vive della vita di Marie-Jo, senza di lei, morirebbe. La lievità di Marie-Jo (che probabilmente attiene a S1 e al suo fantasma) fa si che non si guasti il suo amore per la figlia,, anche se essa è assai crudele con sua madre .Il suo amore non s infrange neppure di fronte a tutto questo disprezzo. Marie-Jo non arriva alla perversione, riesce a stare in questo bordo impossibile del godimento di due oggetti d'amore simultanei, A è uguale ad A. Non c'è una scissione come la descrive Melanie Klein e come Jack Alain Miller applica al giovane Gide in "Logiche della vita amorosa". I due oggettisono speculari e non si oppongono in una scelta tenera verso il marito e aggressivo-sessuale verso il capitano. Sono ambedue investiti eroticamente. E' solo la diacronia a fare una differenza. Cioè una vita condivisa col marito e dall'altra l'incontro-conoscenza col capitano. Marie-Jo non rinuncia alla sua dignità e al suo desiderio, nel non scegliere fra due uomini, ne pagherà il fio. Il film non ci dice dei genitori di Marie-Jo, quello che si è agito non le ha impedito di andare a più oggetti d'amore pieni, ma le ha creato un legame che impedisce questa metaforica uccisione. La sincronia mette in valore un godimento fallico, che fa di Marie-Jo oggetto di amore per i due uomini. "Lalingua "interviene nella combinatoria significante, che fa sceglere alla donna sulla metonimia del desiderio, ma su due oggetti speculari. Un senso di colpa che viene da lontano, dal padre, la cui morte non è stata simbolizzata, orienta un desiderio connesso alla pulsione di morte e impedisce a Marie-Jo di lasciare il marito. Proverà una contrastata convivenza col capitano, per tornare presto dal marito, senza lasciare il capitano.. Ma cosa può portare questa tremenda ambivalenza con un marito debile, ubriaco d'amore. Quest'ultimo percepirà una situazione senza uscita, essere amato da Marie-Jo in presenza di un altro uomo amato dalla moglie vuol dire morte. Marie-Jo prende sul serio il marito, forse vorrebbe salvarsi e salvarlo, ma ciò non è nelle possibillità del marito. Guiderà la barca che porta il nome della moglie verso nessuna destinazione in mare, lasciandosi cadere in acaqua al largo..Marie-Jo si lancerà in acqua per salvarlo, ma annegherà trascinata dal peso del marito suicida,
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greatsteven
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martedì 17 luglio 2018
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un triangolo amoroso che degenera a fuoco lento.
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MARIE-JO E I SUOI DUE AMORI (FR/SVIZZ/SP, 2002) di ROBERT GUéDIGUIAN. Interpretato da ARIANE ASCARIDE, JEAN-PIERRE DARROUSSIN, GéRARD MEYLAN, JULIE-MARIE PARMENTIER, JACQUES BOUDET
Marie-Jo è un’autista quasi cinquantenne che lavora per un’azienda sanitaria di Marsiglia, facendo la spola con una vettura fra la struttura ospedaliera e le case dei pazienti che ha in cura. È serenamente sposata con Daniel, caporeparto di una piccola impresa edile, ed ha una figlia che sta per dare la maturità, di nome Julie, fidanzata col coetaneo Sylvain. Ma Daniel non è l’unico uomo che Marie-Jo ama: il suo amante, Marco, pilota di rimorchiatori, l’ha conosciuto un anno prima durante uno dei suoi spostamenti lavorativi, ed è innamorata sia dell’uno che dell’altro indistintamente e con la medesima intensità.
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MARIE-JO E I SUOI DUE AMORI (FR/SVIZZ/SP, 2002) di ROBERT GUéDIGUIAN. Interpretato da ARIANE ASCARIDE, JEAN-PIERRE DARROUSSIN, GéRARD MEYLAN, JULIE-MARIE PARMENTIER, JACQUES BOUDET
Marie-Jo è un’autista quasi cinquantenne che lavora per un’azienda sanitaria di Marsiglia, facendo la spola con una vettura fra la struttura ospedaliera e le case dei pazienti che ha in cura. È serenamente sposata con Daniel, caporeparto di una piccola impresa edile, ed ha una figlia che sta per dare la maturità, di nome Julie, fidanzata col coetaneo Sylvain. Ma Daniel non è l’unico uomo che Marie-Jo ama: il suo amante, Marco, pilota di rimorchiatori, l’ha conosciuto un anno prima durante uno dei suoi spostamenti lavorativi, ed è innamorata sia dell’uno che dell’altro indistintamente e con la medesima intensità. Tutto procede con relativa tranquillità finché una mattina piovosa Daniel, che sta riparando un tetto, non vede la consorte in abiti succinti mentre telefona da una terrazza di una casa prospiciente. La donna è sconvolta e in un primo momento non sa decidersi, ma poi si risolve a confessare al marito della sua relazione extraconiugale: Daniel reagisce senza violenza ma comunque con dolore, e Julie, quando ne viene anch’ella informata, perde la stima che nutriva dapprima non solo per la madre, ma anche per il padre, considerandoli due esseri spregevoli. Marie-Jo finisce per trasferirsi a casa di Marco, abbandonando il consorte, la figlia e il genero che discordano col suo comportamento, ma poi ritorna approfittando di una vacanza del navigatore. Fra continue incomprensioni e amari malumori, Daniel accompagnerà Marie-Jo sulla barca su cui aveva dipinto il suo nome e farà in modo che, in alto mare, accada un incidente che lo faccia precipitare in acqua. La moglie si tuffa per salvarlo, ma il peso del marito già trapassato la soffoca e porta anche lei a perire. Quando i due cadaveri vengono chiusi all’obitorio della città francese, Julie, in lacrime, riceve la telefonata di Marco (che ha osservato lo svolgersi della distruzione del ménage come un autentico approfittatore e irresponsabile sfascia-famiglie) e, rinfacciandogli il suo egoismo, gli intima di non chiamare mai più. Nonostante una durata eccessiva (119 minuti sono troppi per un dramma famigliare con finale tragico e andamento ondivago) e una lentezza in parte esasperante, il film di Guédiguian (1953) funziona grazie al terzetto dei protagonisti (Ascaride, fra l’altro, è anche sua moglie nella vita reale), impegnato in un triangolo amoroso dai risvolti graffianti e pregno di un catartico senso di delusione, e anche a J.-M. Parmentier che interpreta la figlia maturanda indecisa sul corso universitario da seguire, chiave di lettura che potrebbe servire ad intendere l’opera come un monito rivolto agli adulti in cui i giovani, non ancora lordati dal bisogno di tradimento affettivo, sanno mantenere rapporti stabili e vivono un amore completamente diverso da quello della generazione che li ha preceduti. Le tre figure fondamentali sono altrettanti caratteri complessi che non nascondono vizi e virtù, ma al contrario li spiattellano in faccia allo spettatore, talvolta fin troppo platealmente, ma senza mai perdere di vista il fine ultimo di descrivere una storia di mancata riconciliazione e imperitura afflizione: Ascaride è una donna incapace di scegliere quale uomo amare ma in grado al contempo di dividersi tra due affetti che considera di eguale portata, ma la sua indecisione irremovibile e incancellabile è il blocco mentale che le impedisce, da un certo momento in avanti, di vivere con la pace interiore con cui prima sperimentava lo sdoppiamento amoroso; Darroussin è un marito fedele e paziente, che non si infuria con la consorte neanche quando la scopre fedifraga senza che lei possa opporre giustificazioni plausibili, ma la sua sofferenza è evidente quanto la necessità di riaverla indietro per placare le ubbie della figlia, appoggiata dal fidanzato, e trovare un palliativo ad una solitudine che gli piomba addosso come il cemento grigio che esce dai tubi coi quali traffica quotidianamente; Meylan è il jolly del tris, per dirla col gergo delle carte da poker, colui che poteva esserci o meno, ma siccome c’è, la sua presenza funge da catalizzatore per la felicità sessuale della sua amante, il pianto dell’uomo cui la sottrae (ma non per volontà sua, sebbene i suoi intenti non si possano certo dire coerenti con la lealtà) e, non ultimo, il suo esasperato oggetto del desiderio che ricerca da tutta la vita per soddisfare non soltanto semplici pulsioni erotiche, ma anche – e qui sta l’unico suo briciolo di saggia umanità – un vuoto interiore che altrimenti non saprebbe come colmare, considerando che la solidarietà verso chi affronta situazioni complesse non rientra fra le sue doti. Il mar Mediterraneo, fotografato dallo svizzero di madrelingua italiana Renato Berta, agisce da topos cinematografico in varie declinazioni: il mare che lava via il passato non per lenire i dolori ma per intensificarli; che ospita le imbarcazioni naviganticisi sopra con l’indifferenza e la rassegnazione di un universo che conosce e ha già visto ogni cosa; che, col suo azzurro inconfondibile e mai cangiante, dà sollievo alle famiglie in vacanza sulle spiagge e tonifica e rivitalizza gli ammalati necessitanti di terapie naturali, ma seppellisce anche sotto le sue onde schiumose le fatali conseguenze degli errori umani che si potevano prevenire contemplando quand’era l’istante giusto il da farsi per scandagliare meglio un terreno rischioso e traditore. Ottima colonna sonora con brani (allora) inediti di Manu Chao, arie classiche di Vivaldi, Mahler e Mozart e le immortali What a Wonderful World con la voce di Louis Armstrong e Rain and Tears degli Aphrodite's Child, scritta da Vangelis e interpreta da Demis Roussos. Guédiguian ha poi riunito Ascaride, Darroussin e Meylan per girare il recente La casa sul mare (2017) ed è figurato come produttore per Il giovane Karl Marx, uscito nelle sale nello stesso anno.
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theophilus
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lunedì 10 febbraio 2014
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l' amore al femminile
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MARIE-JO ET SES DEUX AMOURS
Marie-Jo è l’autista di un’unità sanitaria locale a Marsiglia: fa la spola fra l’ospedale e le abitazioni dei pazienti che devono sottoporsi alle cure. E’ serenamente sposata con Daniel, che guida una piccola azienda edile, e ha una figlia. Vive in famiglia, ma, appena può, trascorre alcune ore con Marco, che ha conosciuto durante uno dei suoi spostamenti lavorativi e che frequenta da circa un anno: è innamorata di entrambi gli uomini. Tutto va avanti con una relativa tranquillità finché il marito, salito su un tetto di un’abitazione per compiere alcune riparazioni, non scorge Marie-Jo in abiti succinti mentre telefona da una terrazza di una casa prospiciente: scopre così la seconda vita della moglie.
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MARIE-JO ET SES DEUX AMOURS
Marie-Jo è l’autista di un’unità sanitaria locale a Marsiglia: fa la spola fra l’ospedale e le abitazioni dei pazienti che devono sottoporsi alle cure. E’ serenamente sposata con Daniel, che guida una piccola azienda edile, e ha una figlia. Vive in famiglia, ma, appena può, trascorre alcune ore con Marco, che ha conosciuto durante uno dei suoi spostamenti lavorativi e che frequenta da circa un anno: è innamorata di entrambi gli uomini. Tutto va avanti con una relativa tranquillità finché il marito, salito su un tetto di un’abitazione per compiere alcune riparazioni, non scorge Marie-Jo in abiti succinti mentre telefona da una terrazza di una casa prospiciente: scopre così la seconda vita della moglie.
Le immagini riguardanti questo ménage sono quelle classiche di coppia: un uomo e una donna che si amano con dolcezza, tenerezza, corpi nudi che si fronteggiano completandosi gioiosamente in giochi amorosi, ma scevri da moti passionali. Le proteste di Marco di non riuscire a stare senza Marie-Jo e di lei di essere dilaniata dal doppio amore che la lega al marito e all’amante, rivelano un tormento non suffragato dalle immagini. Il triangolo si scompone in due coppie che si alternano e si confondono nella mente dello spettatore. Non c’è la tensione usuale in queste situazioni; assistiamo invece al dramma di un'esigenza anomala che, come tale, non si può comporre. Visioni impressionistiche e plastiche di corpi nudi si aprono nitide allo sguardo: non c’è alcun pudore o ritegno nei tre, che si amano con naturalezza e senza ostentazione. Delle istanze di Marie-Jo per i suoi due amori che sembrano equivalersi e di cui protesta il bisogno, si coglie invece a stento la necessità. Dramma borghese di un archetipo irraggiungibile, irrealizzabile, forse perché inesplicabile, questo del film di Robert Guédiguian (Marius et Jeannette – La ville est tranquille – A l’attaque!): non viene evidenziata alcuna insoddisfazione, incomprensione, dolore o noia che possano proiettare la protagonista al di fuori della norma matrimoniale; non c’è alcuna forma di complementarità, compensazione o rivalsa che si realizzino con la seconda normalità. E’ una linea retta che si dipana ininterrotta dal punto a al punto b, senza una frattura, senza un sospiro, senza un gemito: esiste solo il dato essenziale, insondabile e insindacabile di Marie-Jo che non può fare a meno di nessuno dei due uomini. Quando non faccio l’amore sto male, dice a Marco mentre se ne torna in questa eterna spola da Daniel, con cui farà ancora l’amore. Non rivela così un insaziabile desiderio sessuale che nessuno dei due compagni possa appagare compiutamente, ma palesa, nella gioiosa fisicità del trasporto amoroso con loro, una forma di liberazione da ogni inquietudine. Evita di pensare alla precarietà di quella complessa situazione sentimentale o, meglio, riesce a liberarsi dall’ansia di una risoluzione che il mondo la chiama a dare a quello che per esso, non per lei, è un problema.
Guédiguian – che si avvale della triade che abbiamo già visto all’opera negli altri suoi film, Ariane Ascaride, Jean Pierre Darroussin, Gérard Meylan - àncora la sua storia ad una struttura culturale e ad un milieu fisico ben precisi, quelli, consueti, di una Marsiglia concreta, abitata da personaggi reali e tipici: Marie-Jo non ha grilli per la testa; non c’è in lei alcuna ostentazione o desiderio di sconvolgere il mondo in cui si trova. Sembra esserci invece un’eco che si prolunga e si riverbera dalla serena vita famigliare, in cui si evidenzia una bella complicità col marito quando ballano insieme come due ragazzi o si appartano per godere della loro intimità, all’altra sua vita con Marco, che altra non è, o almeno non vuol essere nelle intenzioni di Marie-Jo. A questa sua seconda esperienza lei vorrebbe conferire tutti i crismi di una normalità che le permetta di abbandonarcisi liberamente: arriva a presentare Marco al marito, non per provocazione o per scherzare col fuoco, ma per il piacere di vederli insieme, forse per sperimentare l’occasione di una gioia più grande, per dare una possibilità alla speranza.
Marie-Jo sembra voler realizzare il sogno di Catherine in Jules et Jim di Truffaut. Quest’ultima parte avvantaggiata e viziata non avendo ostacoli sociali o barriere culturali da abbattere all’interno della sua storia; agisce più liberamente in quanto emanazione del sogno del cinema e il suo punto di partenza è già quello d’arrivo di Marie-Jo a cui quest’ultima, però, non arriverà mai: la morte che Catherine dà a se stessa e all’amante non è altro che il segno di un limite che ella non sa come oltrepassare, di una debolezza che non riesce a vincere e, ancora, un segnale di protesta contro una borghesia spettatrice che si voleva scandalizzare. Marie-Jo cerca invano di adeguare il mondo alle proprie regole e, al contrario di Catherine, tenta di salvaguardare dalla morte il marito, perché questa morte è testimone inappellabile dell’impossibilità del suo sogno.
Anche Marco aspira a una esistenza normale: insieme a lei al supermercato dirà questo è uno dei momenti che ho sempre atteso,mostrando, in questo modo, di conformarsi alla norma sociale. Tutto fila avanti gioiosamente finché Daniel non scoperchia quel vaso di Pandora e, soprattutto, la figlia di Marie-Jo non va a casa di Marco mentre lei è là con l’amante, costringendola a nascondersi, a vergognarsi: a quel punto scatta in lei il bisogno di rompere quell’equilibrio. Pur all’oscuro del fatto che il marito già sa, Marie-Jo decide, infatti, anche dietro le pressanti richieste di lui, di andare a stare con Marco: in realtà starà da Marco; lui la lascerà a casa da sola più d’una volta, dovendo assentarsi per lavoro parecchi giorni di seguito. Durante uno dei periodi di lontananza di lui, Marie-Jo ritorna dal marito; la figlia, a quel punto, li respinge entrambi. Marie-Jo riprende a vedersi con l’altro. Daniel non ce la fa a dividere la moglie con l’amante: durante una gita in barca con Marie-Jo, lievemente stordito da una caduta che gli ha fatto sbattere la testa nello scafo, si lascia andare in acqua. Invano la moglie tenterà di salvare lui, il suo sogno, se stessa.
Questo tragico finale segna – puntuale e immancabile – l’impossibilità della normalità, se vista come aspirazione all’autorealizzazione personale, mentre è il denominatore comune della regola sociale che prende il sopravvento, nonostante che in Marie-Jo e i suoi due amori si tenti di aggirarla, quasi pensando di assecondarla.
L’insistenza del regista sui corpi nudi è propria di chi voglia togliere a quelle immagini ogni forza erotica o provocatoria, quasi sottraendoli a sguardi indagatori: essi esprimono serenità, assenza di tormento. Quelle semplicità, tranquillità, seraficità non hanno però senso per il mondo e sono senza speranza. Marco vorrebbe Marie-Jo tutta per sé, ma non sente il rovello della gelosia nei confronti di Daniel: è solo il bisogno e il desiderio di lei che lo guida. Daniel a sua volta, dopo aver scoperto l’infedeltà della moglie, non si lascia andare a scene di disperazione. Patisce in silenzio e alla fine cede, perché, anch’egli, non può dividere il suo amore in due: solo Marie-Jo lo può. Anzi per lei non è questione di divisione; essa non può rinunciare ad una parte del suo tutto, perché ciò equivarrebbe a rinunciare al tutto e, alla fine, non può fare altro che morire.
Se in Jules et Jim si dà per scontato che Catherine agisca secondo i propri moti interiori e che Jules e Jim l’assecondino quasi incapaci di opporsi alla sua forza, Marie-Jo invece deve lottare per ottenere un diritto che agli occhi del mondo, e quindi di Marco e Daniel, non può essere tale. In Jules et Jim è già assodato quello che in Marie-Jo et ses deux amours deve essere conquistato duramente. In Jules et Jim, ancora,c’è un retroterra intellettuale, mentre in Marie-Jo s’impone una cultura popolare in cui si manifesta la necessità di raggiungere un centro da cui irradi un tentativo di fare accettare una normalità che, mentre in Marco e Daniel è solo il dato ufficiale e congruente alla cultura prevalente, in Marie-Jo ne prevede un allargamento; c’è in lei un’istanza, la necessità di ampliare i confini delle regole civili, raddoppiandone i termini: in lei non c’è il classico desiderio/bisogno di tradimento, fisiologico in una società chiusa, ma un doppio cuore che batte con eguale intensità, che non deve spiegare nulla a se stesso, ma cerca solo di farsi accettare, fallendo tragicamente.
Enzo Vignoli
23 novembre 2002.
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