paolo aiello
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venerdì 6 marzo 2009
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non usare il nome di dio per i tuoi scopi
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Strano che in nessuna recensione sia messa in evidenza l'originale e interessante interpretazione del secondo comandamento biblico che emerge dalla visione di questo bellissimo film.
Gli autori, come loro solito, non dettano regole morali, si limitano a mostrare le conseguenze di determinate azioni; alla coscienza di ciascuno valutare.
Qui il tema centrale è l'assunzione di responsabilità, e l'uso del nome di Dio (con tutte le sue implicazioni) per evitarla.
La protagista, ha il marito in ospedale con un tumore e potrebbe morire, lei è incinta di un altro e vorrebbe abortire se il marito vivesse e tenere il figlio e rifarsi una vita con l'altro uomo in caso contrario.
Incapace di prendere una decisione di fronte all'incertezza della sorte del marito, non si accontenta della risposta sincera e onesta del primario dell'ospedale, suo vicino di casa, che dice di non essere in grado di pronunciarsi con certezza sulla spravvivenza del marito, ma vuole a tutti i costi ottenere una risposta netta, per il sì o per il no.
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Strano che in nessuna recensione sia messa in evidenza l'originale e interessante interpretazione del secondo comandamento biblico che emerge dalla visione di questo bellissimo film.
Gli autori, come loro solito, non dettano regole morali, si limitano a mostrare le conseguenze di determinate azioni; alla coscienza di ciascuno valutare.
Qui il tema centrale è l'assunzione di responsabilità, e l'uso del nome di Dio (con tutte le sue implicazioni) per evitarla.
La protagista, ha il marito in ospedale con un tumore e potrebbe morire, lei è incinta di un altro e vorrebbe abortire se il marito vivesse e tenere il figlio e rifarsi una vita con l'altro uomo in caso contrario.
Incapace di prendere una decisione di fronte all'incertezza della sorte del marito, non si accontenta della risposta sincera e onesta del primario dell'ospedale, suo vicino di casa, che dice di non essere in grado di pronunciarsi con certezza sulla spravvivenza del marito, ma vuole a tutti i costi ottenere una risposta netta, per il sì o per il no.
A tal fine mette al corrente il medico della sua situazione e si serve di un comportamento invadente e ricattatorio, cercando di infondere sensi di colpa nel medico; è a questo scopo che si serve del nome di Dio.
La scena è questa: la donna ha raccontato al medico la sua situazione facendogli capire di avere assoluto bisogno di una certezza, ma il medico ribadisce di non potergliela dare:
Donna: "Lei crede in Dio?"
Medico: "Ho un Dio che forse basta solo a me"
D: "Un Dio privato"
M: "Si"
D: "Allora oggi chieda al suo Dio che conceda l'assoluzione"
Di fronte all'incertezza alla fine la donna decide di abortire, ma si reca un'ultima volta dal medico tentando ancora di scaricare la responsabilità su di lui: gli comunica la sua decisione di abortire, insinuando che il suo atto peserà sulla coscienza del medico. Allora il medico, mentendo, le assicura che il marito morirà. La donna, chiamando in causa ancora indirettamente Dio, gli chiede di giurare, lui giura.
La risposta del medico al comportamento della donna è la logica conseguenza di questo. La donna tira in ballo Dio per costringere il medico a fare il Dio lui stesso, ossia a pronunciare un verdetto senza avere gli elementi necessari per farlo. In sostanza gli chiede di decidere per lei. Il medico alla fine accetta il ruolo, ma ovviamente, non essendo Dio, segue il suo Dio privato, ossia la sua coscienza. E la sua coscienza è intrisa del ricordo della sua famiglia distrutta da un'esplosione e dal rimpianto dei suoi figli.
Seguendo la sua coscienza, rende alla donna, in un certo senso, pan per focaccia: la donna vuole scaricare sul medico il peso di una decisione che lei non sa prendere, e lui sceglie per lei, ma sceglie proprio la soluzione che lei avrebbe voluto evitare, almeno coscientemente: tenere il figlio anche se il marito sopravvive, come effettivamente poi accade.
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viola96
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mercoledì 31 agosto 2011
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la vita è sofferenza.
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Il cinema di Kielslowski è simbologia atea con venature pagane e strisce di pura follia contagiosa.Nel secondo episodio del "Decalogo" s'immagina l'uomo come una grande vespa,imprigionata in un bicchiere di succo di frutta con tutti i suoi pensieri,le sue preoccupazioni.E quando supera il tutto e raggiunge la pace interiore,può ricominciare a volare.Questa è,probabilmente,la scena più poetica di questo geniale mediometraggio.Kieslowski,coadiuvato al solito in sceneggiatura da Piesiewicz,dà libero sfogo alla sua dolente mente amniotica che risucchia con spirito caparbio la vita,come flagello e unica fonte di libertà."Non nominare il nome di Dio invano",recita solenne il secondo comandamento,lentamente,come una lunga e melensa cantilena altisonante.
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Il cinema di Kielslowski è simbologia atea con venature pagane e strisce di pura follia contagiosa.Nel secondo episodio del "Decalogo" s'immagina l'uomo come una grande vespa,imprigionata in un bicchiere di succo di frutta con tutti i suoi pensieri,le sue preoccupazioni.E quando supera il tutto e raggiunge la pace interiore,può ricominciare a volare.Questa è,probabilmente,la scena più poetica di questo geniale mediometraggio.Kieslowski,coadiuvato al solito in sceneggiatura da Piesiewicz,dà libero sfogo alla sua dolente mente amniotica che risucchia con spirito caparbio la vita,come flagello e unica fonte di libertà."Non nominare il nome di Dio invano",recita solenne il secondo comandamento,lentamente,come una lunga e melensa cantilena altisonante.E perchè non dovremmo nominare questo nome di Dio?Altra profonda meditazione sul cambio di corso del destino e sull'imprevedibilità della vita.Dorota è una donna in crisi. Suo marito è in fin di vita all'ospedale, e da poco lei ha scoperto di aspettare un figlio dal suo amante.Opta per una scelta a due alternative:se il marito vive,si sbarazza del bambino;se muore, si rifà una vita.Così riduce allo stremo il primario dell'ospedale,un uomo crudo e scuro,cupo come pochi,con il solito sguardo perso nell'infinito che hanno un pò tutti i personaggi di Kieslowski.Siamo in "Decalogo 1",ancora.Palazzine grigie,nubi densi,e lo stesso angosciante odore di morte che nell'aria si sente sempre più denso.Ma stavolta non finisce male.Con un gesto d'infinita bontà,Kielslowski libera la vespa dal succo e la fa volare via libera.L'uomo che sembrava già morto,ha ripreso a camminare felice per il resto della sua vita.Ancora un "Destino Cieco",quello che Kieslowski ci mostra e ci affibia.Un destino scuro,dominante,indomabile.Il suo passo è solenne,la sua voce è morente.Fondamentale la costruzione dei personaggi nel nuovo film del "Decalogo":Da una parte c'è una moglie infedele e divisa come la Catharine del "Jules et Jim" di Truffaut(ancora Truffaut),che ama il marito e ama l'amante,e che porta in grembo un frutto nocivo e comunque splendido,perchè il miracolo finale,lo farà,senza dubbio,risplendere;Dall'altra parte abbiamo un uomo che sta costantemente tra la vita e la morte("Mi sembra di essere tornato dall'altro mondo" sussurra alla fine),di cui si può solo avere pena,o presunzione di essa;in mezzo,un uomo cupo e ambiguo,forse Kielslowski stesso,che non ha nessuna comunicazione con qualsivoglia essere vivente a parte la sua donna delle pulizie,alla quale rammenta episodi del suo doloroso passato,tra cui la morte della sua famiglia.Perchè è il dolore il filo conduttore della vicenda:Si parte da un dolore terribile e si finisce con un dolore esistenziale senza fine.E intanto,l'Angelo del Decalogo,stavolta impersonificato da un infermiere all'ospedale,ci osserva con cura e ci scruta.
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fedeleto
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martedì 10 gennaio 2012
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non invocare dio nella speranza della fine altrui
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Dopo il primo capitolo del decalogo,Kieslowski continua il suo percorso e si sofferma sul secondo capitolo o meglio secondo comandamento ,ovvero NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO.Un uomo lavora nel reparto oncologia,e nel suo palazzo vive una donna triste e depressa per via della malattia del marito ricoverato proprio dove lavora quest'uomo,i due in seguito ad un fatto passato non si parlano ne' si considerano(la donna aveva investito il suo cane),ma la donna disperata decide di parlargli e chiedergli informazioni sul marito specificando che e' essenziale per lei sapere se vivra' o morira'poiche' e' incinta di un altro uomo e se suo marito vivra' allora abortira'.
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Dopo il primo capitolo del decalogo,Kieslowski continua il suo percorso e si sofferma sul secondo capitolo o meglio secondo comandamento ,ovvero NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO.Un uomo lavora nel reparto oncologia,e nel suo palazzo vive una donna triste e depressa per via della malattia del marito ricoverato proprio dove lavora quest'uomo,i due in seguito ad un fatto passato non si parlano ne' si considerano(la donna aveva investito il suo cane),ma la donna disperata decide di parlargli e chiedergli informazioni sul marito specificando che e' essenziale per lei sapere se vivra' o morira'poiche' e' incinta di un altro uomo e se suo marito vivra' allora abortira'.Il medico dopo varie negazioni a voler parlare con lei,affermera' che morira' e che le speranza sono pochissime,ma uno scherzo del destino fara' sopravvivere l'uomo.Kieslowski incentra la pellicola soprattutto sulle immagini(la vespa che annega nel bicchiere ,oppure le gocce che cadono gradualmente e lentamente come ad immaginare una vita o linfa che si consuma)e stupisce per come tratta la vicenda poiche' il secondo comandamento e' presente in maniera criptata,infatti il senso del film sarebbe non chiedere o sperare (dunque non rivolgerti a dio) di far morire una persona poiche' dio in questo non c'entra e non deve entrarci per il semplice fatto che un desiderio di questo tipo e' altamente sgradevole ed immorale.Ottimo capitolo.
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dandy
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venerdì 15 aprile 2011
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non passare a dio le tue patate bollenti!
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Se il primo "Decalogo"è quello che maggiormente osava,questo risulta il più debole e il meno convincente.L'intreccio è macchinoso,e il legame col secondo comandamento("Non nominare il nome di Dio invano")risulta decisamente astratto,se non addirittura forzato(la donna avrebbe nominato Dio implorando un intervento divino affinchè il marito morisse,e viene "punita" con la sua salvezza).Almeno una sequenza da antologia comunque:la scena dell'ape che si dibatte per non affogare nel bicchiere.Questa storia verrà poi raccontata nel "Decalogo 8".Krystyna Janda è un'attrice cara a Wajda.
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