Decalogo, 2 |
|
|||||||||
Un film di Krzysztof Kieslowski.
Con Olgierd Lukaszewicz, Krystyna Janda, Aleksander Bardini, Artur Barcis, Krzysztof Kumor.
continua»
Titolo originale Dekalog, dwa.
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 59 min.
- Polonia 1988.
MYMONETRO
Decalogo, 2
valutazione media:
3,53
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
|
||||||||||
|
||||||||||
|
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Non usare il nome di Dio per i tuoi scopidi Paolo AielloFeedback: 0 |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
venerdì 6 marzo 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Strano che in nessuna recensione sia messa in evidenza l'originale e interessante interpretazione del secondo comandamento biblico che emerge dalla visione di questo bellissimo film. Gli autori, come loro solito, non dettano regole morali, si limitano a mostrare le conseguenze di determinate azioni; alla coscienza di ciascuno valutare. Qui il tema centrale è l'assunzione di responsabilità, e l'uso del nome di Dio (con tutte le sue implicazioni) per evitarla. La protagista, ha il marito in ospedale con un tumore e potrebbe morire, lei è incinta di un altro e vorrebbe abortire se il marito vivesse e tenere il figlio e rifarsi una vita con l'altro uomo in caso contrario. Incapace di prendere una decisione di fronte all'incertezza della sorte del marito, non si accontenta della risposta sincera e onesta del primario dell'ospedale, suo vicino di casa, che dice di non essere in grado di pronunciarsi con certezza sulla spravvivenza del marito, ma vuole a tutti i costi ottenere una risposta netta, per il sì o per il no. A tal fine mette al corrente il medico della sua situazione e si serve di un comportamento invadente e ricattatorio, cercando di infondere sensi di colpa nel medico; è a questo scopo che si serve del nome di Dio. La scena è questa: la donna ha raccontato al medico la sua situazione facendogli capire di avere assoluto bisogno di una certezza, ma il medico ribadisce di non potergliela dare: Donna: "Lei crede in Dio?" Medico: "Ho un Dio che forse basta solo a me" D: "Un Dio privato" M: "Si" D: "Allora oggi chieda al suo Dio che conceda l'assoluzione" Di fronte all'incertezza alla fine la donna decide di abortire, ma si reca un'ultima volta dal medico tentando ancora di scaricare la responsabilità su di lui: gli comunica la sua decisione di abortire, insinuando che il suo atto peserà sulla coscienza del medico. Allora il medico, mentendo, le assicura che il marito morirà. La donna, chiamando in causa ancora indirettamente Dio, gli chiede di giurare, lui giura. La risposta del medico al comportamento della donna è la logica conseguenza di questo. La donna tira in ballo Dio per costringere il medico a fare il Dio lui stesso, ossia a pronunciare un verdetto senza avere gli elementi necessari per farlo. In sostanza gli chiede di decidere per lei. Il medico alla fine accetta il ruolo, ma ovviamente, non essendo Dio, segue il suo Dio privato, ossia la sua coscienza. E la sua coscienza è intrisa del ricordo della sua famiglia distrutta da un'esplosione e dal rimpianto dei suoi figli. Seguendo la sua coscienza, rende alla donna, in un certo senso, pan per focaccia: la donna vuole scaricare sul medico il peso di una decisione che lei non sa prendere, e lui sceglie per lei, ma sceglie proprio la soluzione che lei avrebbe voluto evitare, almeno coscientemente: tenere il figlio anche se il marito sopravvive, come effettivamente poi accade.
[+] lascia un commento a paolo aiello »
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||