Mon oncle d'Amérique |
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Un film di Alain Resnais.
Con Roger Pierre, Nicole Garcia, Gérard Depardieu, Nelly Borgeaud, Pierre Arditi.
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Titolo originale Mon oncle d'Amerique.
Commedia,
durata 125 min.
- Francia 1980.
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Resnais e il tempo che non tornadi M.D.CFeedback: 5834 | altri commenti e recensioni di M.D.C |
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mercoledì 16 ottobre 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Tre vite parallele che si sfiorano e incontrano(nel senso meno deflagrante del termine) legate dal filo conduttore scientificamente calcolato, e un pò pedante, delle teorie dello scienzato H.Laborit, sorta di deus ex machina dei destini dei personaggi. Resnais, al suo ottavo film molto elogiato, prova ancora a mischiare le carte di una narrazione controcorrente, e narrativamente sperimentale, ricorrendo al suo consueto discorso per immagini ( e sulla memoria) solo a tratti, lasciando uno spazio meno soffocato alla drammaturgia e alle vicende dei personaggi. Se la narrazione, come di consueto per l'autore di Hiroshima, nella prima parte procede per strappi e suggestioni visive, nella seconda sembra assecondare delle cadenze meno esasperate che lasciano spazio alla storia che ricompone i frammenti narritivi del film, dando vita a un quadro drammaturgico sospeso tra la forza dei frammenti visivi e le cadenze del melodramma, tra le trovate narrative e le ellissi visionarie. L'ossessione per l'immagine in Resnais è parte integrante della narrazione e in Mon Oncle sembra accentuarsi per poi risolversi nel corso della storia, fino a riemegere con prepotenza nel finale. Quello che sembra gravare, con il suo peso eccessivo, la descrizione delle affannose contorsioni emotive dei tre protagonisti(oltre alle incursioni delle teorie di Laborit) è una certa teatralità di scarsa presa, una letterarietà meno incisiva di Hiroshima che qui sembra raggiungere un punto di non ritorno(in questo senso l'acme sarà toccato con le stucchevole frigidità verbale di Melò). Tutti in parte i tre protagonisti, con la Garcia che sembra staccarsi nettamente dagli altri per presenza scenica e una dolente fisicità. Se il tempo mette alla prova la tenuta di un film, Mon Oncle D'Amerique a tratti mostra la corda, si inabissa e riemerge inaspettamente per il vigore delle immagini, per la presa della sua architettura visiva che non ha nulla da invidiare alle capriole estetiche degli autori di maggior impatto di oggi (Malick, Von Trier), riservando allo spettatore dei bei momenti se si ha la voglia, e la tenacia, di aspettarli. Matteo De Chiara
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