Addio fratello crudele |
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Un film di Giuseppe Patroni Griffi.
Con Fabio Testi, Charlotte Rampling, Oliver Tobias, Rik Battaglia, Antonio Falsi.
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Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 111 min.
- Italia 1971.
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Peccato sia poco introspettivo...di NicolaFeedback: |
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martedì 22 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Addio fratello crudele di Giuseppe Patroni Griffi , tratto dal dramma di John Ford Peccato sia una puttana, è una pellicola incentrata sull'amore incestuoso tra Giovanni (Oliver Tobias) e la sorellastra Annabella (Charlotte Rampling). L'esordio c'immette senza mediazioni nel cuore della vicenda, dando l'impressione di una specie d'ansia narrativa del regista che sceglie di buttarsi a capofitto nella vicenda degli sventurati amanti. A mio avviso, centrale la figura del frate Bonaventura (Antonio Falsi), confessore e amico di Giovanni, rappresentante genuino dell'umana debolezza verso certi aspetti torbidi dell'anima. Il giovane frate abbandonerà il convento e si farà questuante per fuggire dal vortice di peccato e amore in cui è suo malgrado coinvolto sino al punto da mettere in discussione la propria vocazione. Annabella resta incinta del fratellastro e, sotto consiglio del frate, si sposa con l'odiato pretendente Soranzo (Fabio Testi) che durante un viaggio a Venezia, in seguito allo svenimento della sposa, apprende di essere servito da “coperchio” per evitare lo scandalo. Il finale, come l'incipit, desta qualche perplessità per una scelta narrativa che focalizza l'attenzione su di un piano più “visivo” che psicologico. Film che solo a metà riesce nel suo intento di mostrare un amore “malato” ma “puro” scadendo nel gusto per una lugubre, talvolta forzatamente ostentata, sequenza d'immagini ad effetto con velleità d'eleganza. Poco sviluppato anche il tema della “consapevolezza della colpa” che sembra turbare relativamente i due amanti. La figura di Giovanni è più volte accostata a quella di Gesù, ed a tratti sembra di assistere ad una parodia della passione. Recitazione maschile poco convincente, fatta eccezione per alcuni “momenti” di Antonio Falsi, personaggio su cui è accentuato lo scavo introspettivo. La Rampling non è sfruttata appieno dal regista, il ruolo di donna perduta dentro un gioco di egoismi e crudeltà maschili non viene messo in evidenza come avrebbe meritato.
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