Roberto Nepoti
La Repubblica
Radi capelli lunghi fin sulle spalle, Manual Jordan esce di carcere dopo ventun anni di detenzione. Se il debito con la società lo ha espiato, quello tra lui e la sua coscienza soffre ancora di un grave sbilancio.Così, l'assassino torna sul luogo del delitto nella speranza di poter risarcire il male che ha fatto; anche se si rende conto che "il tempo non ci permette mai di trovarci due volte nello stesso luogo". Gli andrà meglio di quel che si aspetti: avvicinata la sorella del giovane ucciso, tanto tempo prima, durante una rapina, Jordan può tentare di impedire che il figlio della donna replichi i medesimi sbagli che ossessionano il suo passato. Frattanto trova ospitalità presso il centro sociale gestito da un bizzarro predicatore, il che gli permette di portare aiuto anche a una biondina dalle spiccate tendenze autodistruttive.
Un film nel tipico gusto "Sundance", pieno di squallore poetico, ambientato in una cittadina di provincia sotto la neve, fotografato in (bello) stile iperrealistico e diretto da uno sceneggiatore di successo. Per come mette in scena l'altra America, quella della gente comune che fa la spesa ogni giorno e vive piccole vite stemperate nel dolore, ricorda un po' American Beauty (ma senza lo humour); con cui condivide tra l'altro la tendenza a filosofeggiare. Come buon samaritano, Billy Bob Thornton sottolinea troppo l'aspetto depressivo del personaggio; Morgan Freeman si lascia declassare da Altissimo (Una settimana da Dio) a pastore del Suo culto; Holly Hunter è eccellente come sempre.
di Roberto Nepoti
da la Repubblica, 3 ottobre 2003
di Roberto Nepoti, 3 ottobre 2003
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