Gitai, allegoria pessimista ai confini dei desideri
di Roberto Nepoti La Repubblica
Davanti al Muro del Pianto Rebecca (una struggente Natalie Portman), americana da poco trasferitasi a Gerusalemme, piange il suo amore perduto: è un lungo-piano sequenza intenso e suggestivo. Poi la ragazza persuade la tassista israeliana Hanna a portarla con sé nella "free zone" tra Stato d'Israele e Giordania, dove la donna intende recuperare una somma di denaro di cui il marito, rimasto ferito in un attentato, è creditore. A loro s'aggiunge la palestinese Leila, che dovrebbe condurle ai soldi. Le donne giungono in una terra di nessuno dove le rivendicazioni nazionalistiche sono messe tra parentesi, a beneficio dei commercio. Film liminale di esplorazione dei confini, Free Zone è un'allegoria intrisa di pessimismo sulle barriere contro cui s'infrangono i desideri delle persone: una mescolanza d'incomprensioni linguistiche, psicologiche, storiche, di traumi della memoria, di equivoci ideologici su cui prolifera la violenza. Gitai dirige un road- movie a ruota libera, un viaggio anarchico che sovverte la cronologia, sovrappone immagini febbricitanti, alterna scene nervose con altre contemplative, mischia il dramma con la commedia (vedi la lunga scena finale dei litigio, dove la comicità dei battibecco sottolinea la drammaticità della fuga di Rebecca). La cosa migliore del film è il modo in cui sa rappresentare il senso di oppressione che strige le eroine, tutte interpretate molto bene. Anche se, l'anno scorso, la giuria di Cannes decise di premiare solo l'israeliana Hanna Laslo.
Da La Repubblica, 12 maggio 2006
di Roberto Nepoti, 12 maggio 2006