Crash

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Un film di David Cronenberg. Con James Spader, Holly Hunter, Elias Koteas, Deborah Kara Unger, Rosanna Arquette.
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Drammatico, durata 98 min. - USA 1996. - Filmauro uscita venerdì 15 novembre 1996. MYMONETRO Crash * * * - - valutazione media: 3,14 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Automobili, Eros e Thanatos Valutazione 3 stelle su cinque

di davide777


Feedback: 400 | altri commenti e recensioni di davide777
martedì 8 settembre 2015

 “Crash” di Cronenberg si merita pienamente il titolo di film “disturbante”: dalla prima all’ultima scena quello che viene definito il “comune senso del pudore” viene costantemente messo a dura prova. Se ci atteniamo a descrivere strettamente  quello che accade nei suoi 100 minuti, potremmo facilmente farlo rientrare nel genere porno-soft: le scene di sesso sono infatti il leitmotiv dell’opera; tuttavia un altro tema affiora con evidenza, quello della morte: il primo incidente del protagonista ( che si chiama James Ballard, come lo scrittore dal cui romanzo il film è tratto ) costa la vita a un uomo, poi c’è la ricostruzione della morte di James Dean, poi quella di un cascatore che muore allo stesso modo di Jayne Mansfield, e infine la morte della controversa figura di  Vaughan. Eros e Thanatos quindi, ma non solo: Il terzo argomento sono ovviamente le automobili,  il mezzo ( è proprio il caso di dirlo ) attraverso cui l’erotismo e la morte entrano in contatto. Tutte le scene di sesso si svolgono all’interno di automobili, tutte le morti sono causate da incidenti stradali. Il film non si presta ad essere spiegato razionalmente: lo stesso Vaughan afferma che lo scopo di studiare “il rimodellamento del corpo umano da parte della tecnologia” è solo rozza fantascienza, e propone un’altra chiave di lettura: “una benigna psicopatologia che ci chiama a sé”, “l’incidente stradale come liberazione di energia sessuale”. La perversione di tutti i protagonisti sembra essere infatti quella di una eccitazione sessuale legata agli incidenti stradali e ai segni che essi lasciano sul corpo umano. Inutilmente si cercherebbe di trovare tematiche sociali o morali, a meno di non volerle “incollare” al film, e anche nei dialoghi non ne viene fatto alcun riferirimento: perché allora un film all’apparenza così povero di materiale ha vinto il premio della giuria al festival di Cannes? Illuminante può essere una dichiarazione dello stesso Cronenberg: "l'arte é sovversiva perché fa appello all'inconscio. Non sono un freudiano, ma credo nell'equazione "civiltà uguale repressione". L'arte è a favore di tutto ciò che viene represso. Quindi è contro la civiltà, contro la società con le sue norme stabilite. Più un film è collegato con l'inconscio, più è sovversivo. Come lo sono i sogni." E difatti “Crash” può esssere paragonato a un sogno, o meglio a un incubo: le reazioni  dei personaggi di fronte agli incidenti non sono affatto verosimili: ogni volta che ne accade uno, senza emozioni, essi cominciano a copulare; nessun sentimento di gelosia, di dolore e tantomeno di amore sembra animarli: essi stessi diventano macchine, quasi in senso fisico, come risulta evidente nel caso di Gabrielle, una ragazza che può camminare solo grazie a delle vistose protesi metalliche; vivecersa le automobili incidentate hanno una loro storia, vengono accarezzate, desiderate e “percosse” come corpi. Tutti i personaggi sono guidati esclusivamete dai loro istinti e dalle loro pulsioni erotiche e nichiliste, che riescono a venire a galla tramite gli incidenti stradali: essi diventano perciò il mezzo attraverso il quale la repressione di cui parlava Cronenberg viene superata. Letto in questa chiave, il film corrisponde esattamente alla succitata dichiarazione del regista e può quindi considerarsi riuscito, complici anche la splendida fotografia di Peter Suschitzky e la straniante colonna sonora di Howard Shore. “Crash”, che in certi momenti è tanto “disturbante” da far quasi venir voglia di interromperne la visione, colpisce la nostra immaginazione e lo fa proprio agendo sull’inconscio, lasciandoci la sensazione di aver assistito a qualcosa di diverso, morboso e perturbante, ma in qualche modo difficile da dimenticare.

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