L'ambientazione gelida e selvaggia è uno degli elementi fondamentali della narrazione in questo film e nelle fitte foreste proprio la presenza dei lupi gioca un ruolo chiave nello sviluppo di certe dinamiche.
Ciò che sulla carta si sarebbe potuto trasformare in un affascinante legame dal taglio mistico-ancestrale, finisce invece al centro di sviluppi forzati e improbabili, caratteristica che permea gran parte dei novanta minuti di visione.
La sceneggiatura si rivela ricca di buchi e incongruenze e il cast tenta di colmare con il proprio carisma le falle dei relativi personaggi: se la Carano si presta a un ruolo soprattutto fisico, più sfumata è invece la performance di Brendan Fehr nei panni di Larsen, mentre un attore di razza quale Richard Dreyfuss risente del peso di un villain troppo caricaturale nei suoi eccessi.
La prima metà del film si risolve così in un inseguimento infinito a piedi, con situazioni al limite dell'assurdo tra esplosioni, laghi ghiacciati e crepacci che complicano non poco la vita alla protagonista, mentre la seconda prova a offrire qualche sussulto drammatico in più che giustifichi almeno in parte le mosse delle varie figure coinvolte.
Se dal punto di vista ludico sono presenti un paio di sequenze discretamente realizzate, a mancare a Daughter of the Wolf è un'identità concettuale degna di nota e lo script sembra unicamente indirizzato a offrire rese dei conti e scene action gratuite che trascinano stancamente l'operazione fino ai titoli di coda.
A parte i fan della Carano, per gli altri la visione è tempo perso.
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