critichetti
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venerdì 7 novembre 2014
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toccante senza essere smielato!
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Un enorme applauso al duo Attemborough-Brilley che si dimostra ancora una volta una coppia regista-sceneggiatore capace di raccontare storie vere senza essere smielati e senza fare la solita favoletta in omaggio al guadagno facile.Il film racconta la storia vera si Steve Biko,interpretato da un giovane ma già grandioso Denzel Washington,attivista sudafricano anti-apatheid (che per chi non lo sapesse era una politica di segregazione razziale che il governo bianco aveva attuato in Sud Africa).La trama ovviamente non è niente di speciale,trattandosi di una storia vera.Il tutto è raccontato con gli occhi di Donald James Woods,giornalista anche lui veramente esistito che divenne amico di Biko e che dopo la sua morte decise di raccogliere quanto più materiale possibile sull'apartheid e sulle condizioni malsane di vita che pativano i prigionieri sudafricani.
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Un enorme applauso al duo Attemborough-Brilley che si dimostra ancora una volta una coppia regista-sceneggiatore capace di raccontare storie vere senza essere smielati e senza fare la solita favoletta in omaggio al guadagno facile.Il film racconta la storia vera si Steve Biko,interpretato da un giovane ma già grandioso Denzel Washington,attivista sudafricano anti-apatheid (che per chi non lo sapesse era una politica di segregazione razziale che il governo bianco aveva attuato in Sud Africa).La trama ovviamente non è niente di speciale,trattandosi di una storia vera.Il tutto è raccontato con gli occhi di Donald James Woods,giornalista anche lui veramente esistito che divenne amico di Biko e che dopo la sua morte decise di raccogliere quanto più materiale possibile sull'apartheid e sulle condizioni malsane di vita che pativano i prigionieri sudafricani.Ma il suo operato lo porterà a doversi auto esiliare in modo piuttosto rocambolesco:la famiglia partì prima e lui li seguì per un'altra strada travestito da sacerdote,La famiglia si riunì nel Leshoto,dove,con l'aiuto di altri amici o estimatori di Biko,potè fuggire nel Botswana e da li iniziare a far conoscere al mondo la storia del suo amico.La cosa che più apprezzo nel film è che racconta i fatti così come sono,senza aggiunte smielate o cercando di creare emozioni forzate con cliches da filmetto per la televisione:questi sono i fatti e questo noi vedremo.Molto ben fatta anche la scena del massacro di Soweto:interessante vedere come il regista non faccia vedere i poliziotti come dei carnefici assetati di sangue,ma faccia notare come anche loro esitassero (almeno in parte) prima di compiere la carneficina.Molto toccante è senza dubbio anche la scena del funerale di Biko,dove tutti i presenti (compreso Woods) si uniscono all'unisono a cantare l'inno sudafricano.Senza dubbio un film che merita sia di essere recuperato sia di venire annoverato tra i grandi capolavori del genere
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paolp78
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martedì 14 luglio 2020
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onestamente noioso
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Film di impegno sociale che narra una storia vera, ma ha il grave difetto di non saperla rendere attraente cinematograficamente.
La tematica è quella della denuncia dell'apartheid praticata in Sudafrica, comune anche ad altre pellicole di quel periodo (fine anni ottanta), che contribuirono ad un movimento di opinione mondiale tanto forte che di lì a poco (1991) tale politica di segregazione razziale verrà abbandonata dal governo sudafricano, costretto a cedere alle crescenti pressioni interne ed internazionali.
Questo film è molto onesto nel rappresentare gli accadimenti per come effettivamente risultano dai documenti del tempo, senza indugiarvi eccessivamente o cedere alla tentazione di facili spettacolarizzazioni; tale scelta merita certamente un plauso in quanto coerente e coraggiosa, tuttavia impedisce alla pellicola di risultare accattivante, come invece altre del genere, tra cui si ricorda “Un'arida stagione bianca”, di due anni dopo.
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Film di impegno sociale che narra una storia vera, ma ha il grave difetto di non saperla rendere attraente cinematograficamente.
La tematica è quella della denuncia dell'apartheid praticata in Sudafrica, comune anche ad altre pellicole di quel periodo (fine anni ottanta), che contribuirono ad un movimento di opinione mondiale tanto forte che di lì a poco (1991) tale politica di segregazione razziale verrà abbandonata dal governo sudafricano, costretto a cedere alle crescenti pressioni interne ed internazionali.
Questo film è molto onesto nel rappresentare gli accadimenti per come effettivamente risultano dai documenti del tempo, senza indugiarvi eccessivamente o cedere alla tentazione di facili spettacolarizzazioni; tale scelta merita certamente un plauso in quanto coerente e coraggiosa, tuttavia impedisce alla pellicola di risultare accattivante, come invece altre del genere, tra cui si ricorda “Un'arida stagione bianca”, di due anni dopo.
Il protagonista del film, interpretato da Kevin Kline, è il giornalista Donald Woods che è anche l'autore del libro da cui è tratta la sceneggiatura ed inoltre, come si legge nelle scritte in coda, è stato anche consulente per la realizzazione della pellicola. Il risultato, forse anche per l'effetto di tale collaborazione, è qiello di un'opera troppo attenta alla cronaca, restituita molto fedelmente, ma al contempo disinteressata alla parte di puro intrattenimento, che invece è la più importante per una pellicola cinematografica, che non dovrebbe mai prescindervi. In altri termini: che i giornalisti facciano il loro lavoro, ma non si ingeriscano nella cinematografia.
La parte finale, quella dell'organizzazione della fuga del protagonista e della sua famiglia, è per nulla avvincente ed inoltre ha il difetto di dilatare a dismisura la durata del film, che arriva a superare le due ore e mezzo, divenendo un autentico mattone, francamente difficile da apprezzare.
Non si registrano scene particolarmente suggestive o degne di memoria.
Attenborough non si avvicina nemmeno lontanamente a replicare le vette toccate con Gandhi.
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