katia marchesi
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lunedì 25 novembre 2024
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non all'altezza
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A quarant'anni dalla morte di un uomo straordinario come Enrico Berlinguer, mi aspettavo un film intenso e profondo, invece ho trovato una regia sottotono, didascalico nel raccontare gli avvenimenti, e un Elio Germano remissivo e spento. Mi spiace molto
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jonnylogan
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lunedì 25 novembre 2024
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afflati di speranza
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La vita, le idee e le inevitabili paure di un uomo solo al comando del partito comunista più grande del blocco occidentale (con quasi due milioni di iscritti) analizzata in uno dei periodi più lividi della nostra epoca recente e nel centro di una nazione che cercava di capire da quale parte schierarsi; se con gli Stati Uniti, e il blocco occidentale, o con il blocco sovietico, più volte visitato dall'Onorevole Berlinguer nel corso del suo lungo periodo di segretariato.
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La vita, le idee e le inevitabili paure di un uomo solo al comando del partito comunista più grande del blocco occidentale (con quasi due milioni di iscritti) analizzata in uno dei periodi più lividi della nostra epoca recente e nel centro di una nazione che cercava di capire da quale parte schierarsi; se con gli Stati Uniti, e il blocco occidentale, o con il blocco sovietico, più volte visitato dall'Onorevole Berlinguer nel corso del suo lungo periodo di segretariato.
Nel mezzo la vita di un uomo capace di unire alla passione politica totalizzante, la normalità della vita ritirata e in famiglia. Una famiglia composta da tre figlie e un figlio e affidata alle cure di Letizia, la moglie, schiva al punto di sparire dalla visione pubblica.
Il veneziano Andrea Segre, più avvezzo al mondo documentaristico, ma qua al suo quinto lungometraggio, ma al primo film di grande impatto sia in termini di cast, sia di temi trattati; e lo sceneggiatore Marco Pettenello, recuperano molte ore di filmati d'epoca e ricostruiscono alla perfezione il clima che si respirava negli anni di piombo. Svolgendo quasi solamente in interni le riprese e i dialoghi che ci riportano indietro di oltre cinquant'anni, fino a quegli ideali e a quella grande ambizione, storica e mai taciuta, alla quale Berlinguer aveva da sempre lavorato. Ovvero la speranza di creare una vera alternativa, tutta italiana, ai due blocchi politici dell'epoca, vedendo naufragare il proprio sogno nel momento dell'omicidio dell'onorevole Aldo Moro.
Al centro della narrazione un uomo dedito in maniera ossessiva alla propria missione e contornato da collaboratori, tutti i membri del PCI dell'epoca, fra i quali si possono riconoscere: Francesco Acquaroli, Andrea Pennacchi, Paolo Calabresi, Giorgio Tirabassi rispettivamente nei ruoli di Pietro Ingrao, Luciano Barca, Ugo Pecchioli e Alberto Menichelli. A questi si aggiunge ovviamente Elio Germano, nella parte del protagonista. Tutti quanti capaci di restituire una narrazione divisa per scene e momenti storici debitamente scelti, per dare un quadro d'insieme a chi non poteva essere presente, perché troppo giovane, e a chi dotato di ricordi sbiaditi dai troppi anni trascorsi.
Nota di evidente merito per Elio Germano, premiato alla Festa del cinema di Roma quale miglior attore, e la cui sovrapposizione con la figura dell’onorevole Berlinguer è perfettamente riuscita. Mentre il resto del cast si limita ad affiancarlo cedendogli lo scettro di protagonista in solitaria.
Pellicola che piacerà, e molto, a chi ama le rivisitazioni storiche forse di parte, ma ben confezionate seppur ai margini dell'agiografia. Astenersi tutti gli altri.
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mauridal
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venerdì 22 novembre 2024
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piccolo grande uomo
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Quando il cinema affronta figure politiche contemporanee come Moro, Craxi o Andreotti, le opere dei vari registi tendono a rispondere alle aspettative di un pubblico che, basandosi su biografie, inchieste e informazioni giornalistiche, ha già un’opinione – anche informale – sui personaggi. In questo film, Andrea Segre, giovane all’epoca degli eventi narrati, si immerge nella figura storica di Enrico Berlinguer, raccontandone l’importanza politica e il ruolo chiave in un contesto italiano e internazionale tra i più complessi e drammatici, dagli anni Settanta alla fine degli anni Ottanta.
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Quando il cinema affronta figure politiche contemporanee come Moro, Craxi o Andreotti, le opere dei vari registi tendono a rispondere alle aspettative di un pubblico che, basandosi su biografie, inchieste e informazioni giornalistiche, ha già un’opinione – anche informale – sui personaggi. In questo film, Andrea Segre, giovane all’epoca degli eventi narrati, si immerge nella figura storica di Enrico Berlinguer, raccontandone l’importanza politica e il ruolo chiave in un contesto italiano e internazionale tra i più complessi e drammatici, dagli anni Settanta alla fine degli anni Ottanta. Si tratta di un’opera necessariamente storico-politica, che il regista ha voluto utilizzare per delineare non solo il politico Berlinguer, ma anche l’uomo: una figura umile, disponibile e dotata di grande umanità verso le masse lavoratrici, destinatarie delle sue politiche di progresso economico e avanzamento sociale.Colpiscono nel film la schiettezza e la determinazione di Berlinguer, che Segre ritrae non solo come leader del PCI, ma anche come uomo calato nella quotidianità. Attraverso il suo incarico di segretario del Partito Comunista Italiano, Berlinguer si trovò a confrontarsi con tutta la politica nazionale e, soprattutto, con le grandi potenze straniere, affrontando contrasti e avversità .Questo non è un semplice film biografico: offre un ritratto approfondito e poco scontato di Berlinguer, della sua ambizione – forse utopica, ma concreta – di unire diverse forze democratiche per costruire un’Italia più giusta e solidale. Tuttavia, i fatti storici e politici dell’epoca travolsero questa visione: il terrorismo, le interferenze delle grandi potenze e altre avversità vengono rappresentati nel film come ostacoli che Berlinguer tentò di affrontare e superare.Nonostante tutto, l’Italia democratica scelse di riporre fiducia in lui, votando in massa il PCI nella speranza di un governo capace di unire tutte le forze democratiche. Il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro, così come la morte improvvisa di Berlinguer duranteuncomizio,segnarono però la fine di questa ambizione. Tuttavia, il film evidenzia come il popolo italiano, insieme a numerosi politici e al presidente della Repubblica Sandro Pertini, gli abbia reso un tributo sentito durante i suoi funerali, partecipando in massa al saluto finale.Il regista conclude con un taglio documentaristico, offrendo una testimonianza viva e preziosa per giovani e meno giovani. Berlinguer, piccolo e umile nell’aspetto, interpretato magistralmente da Elio Germano, emerge come un grande uomo politico dotato di una visione sociale e progressista che continua a ispirare.(Mauridal)
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lunedì 18 novembre 2024
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ripristinate l'indicazione assolutamente sì
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Condivido la recensione ed è incomprensibile il perché avete corretto l'indicazione con più riduttivo Consigliato
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domenica 17 novembre 2024
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un film bellissimo: assolutamente sì
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Condivido il la recensione e credo che il film meriti una indicazione più netta come avevate messo inizialmente e ho visto con grande delusione avete corretto. Consigliato: assolutamente sì.
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enzo70
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sabato 16 novembre 2024
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un film necessario
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Questo film oggi è necessario per comprendere come la crisi della politica, fenomeno purtroppo di dimensioni sovranazionali, nasca dall’assenza di uomini che facciano politica. Segre nel proporre agli spettatori la figura di Enrico Berlinguer espone uno spaccato della politica degli anni Settanta, andando oltre i confini nazionali. La crisi petrolifera, la tensione tra Stati Uniti ed Unione sovietica dominavano lo scenario internazionale, mentre in Italia il partito comunista cresceva nel consenso popolare fino a diventare il primo partito nel Paese. Il segretario del partito Enrico Berlinguer non proclamava slogan, ma combatteva per le sue idee e per il suo grande progetto: collaborare con la democrazia cristiana sostenendo il governo su proposte di legge condivise.
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Questo film oggi è necessario per comprendere come la crisi della politica, fenomeno purtroppo di dimensioni sovranazionali, nasca dall’assenza di uomini che facciano politica. Segre nel proporre agli spettatori la figura di Enrico Berlinguer espone uno spaccato della politica degli anni Settanta, andando oltre i confini nazionali. La crisi petrolifera, la tensione tra Stati Uniti ed Unione sovietica dominavano lo scenario internazionale, mentre in Italia il partito comunista cresceva nel consenso popolare fino a diventare il primo partito nel Paese. Il segretario del partito Enrico Berlinguer non proclamava slogan, ma combatteva per le sue idee e per il suo grande progetto: collaborare con la democrazia cristiana sostenendo il governo su proposte di legge condivise. La storia è nota, ma questo bellissimo film ci fa entrare nello spirito e nella dimensione umana di un uomo che è diventato un simbolo della buona politica. Non si tratta di essere di sinistra o di destra ma di riconoscere le qualità, anche nell’avversario. La figura di Berlinguer viene interpretata in maniera perfetta dal sempre ottimo Elio Germano. Segre utilizza spesso la tecnica del documentario per raccontare la storia, ma la narrazione è quella di un film che riesce a tenere lo spettatore con gli occhi puntati sullo schermo. Le considerazioni finali sulle differenze tra la politica di una volta e quella di oggi sono talmente banali da non meritare approfondimento. Ma al termine della proiezione si è sospesi tra incanto e nostalgia, a prescindere dalle idee politiche.
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mauro.t
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venerdì 15 novembre 2024
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il compromesso storico secondo segre
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Un omaggio al segretario forse più amato della storia del PCI: la figura di Enrico Berlinguer in rapporto alla politica principale per cui viene ricordato: il compromesso storico nel periodo dal 1973 al 1978.
Il film riesce a miscelare in modo equilibrato la dimensione familiare con quella politica ed ha il merito di non scadere nella smaccata agiografia. Berlinguer viene rappresentato verosimilmente come un marito e padre di famiglia presente e affettuoso, oltre che un instancabile, serio e coraggioso dirigente politico, un segretario genuinamente vicino alla base, che dialogava direttamente con gli operai e che fin da bambino preferiva frequentare i sobborghi del popolo. Incredibile la prova di Elio Germano, soprattutto nella parte vocale: l’accento e persino il timbro di voce di Berlinguer sono imitati alla perfezione.
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Un omaggio al segretario forse più amato della storia del PCI: la figura di Enrico Berlinguer in rapporto alla politica principale per cui viene ricordato: il compromesso storico nel periodo dal 1973 al 1978.
Il film riesce a miscelare in modo equilibrato la dimensione familiare con quella politica ed ha il merito di non scadere nella smaccata agiografia. Berlinguer viene rappresentato verosimilmente come un marito e padre di famiglia presente e affettuoso, oltre che un instancabile, serio e coraggioso dirigente politico, un segretario genuinamente vicino alla base, che dialogava direttamente con gli operai e che fin da bambino preferiva frequentare i sobborghi del popolo. Incredibile la prova di Elio Germano, soprattutto nella parte vocale: l’accento e persino il timbro di voce di Berlinguer sono imitati alla perfezione.
Il senso del film sembra stare nella nostalgia di una figura di alto livello morale e nell’elogio del suo sogno/progetto di una via democratica al socialismo. Il termine “ambizione” porta lo spettatore ignaro di quegli anni a valutare come buono il progetto, inviso al PCUS e agli altri partiti comunisti dell’est, fermato solo dalla forza degli eventi drammatici esterni al partito stesso.
Ma è pericoloso addentrarsi in valutazioni storiche di un periodo molto complesso e controverso.
Il film infatti soffre della rimozione di alcuni atteggiamenti del PCI che accompagnarono la politica di quegli anni. Si ricorda l’avversione della sinistra radicale per il compromesso storico, ma si tace sulla politica del PCI nel governo di Solidarietà Nazionale del 1976/77 (complici la situazione economica ed il terrorismo), che portò il partito ad approvare una serie di provvedimenti di austerity, i quali causarono un diffuso malcontento negli strati popolari e anche dentro il partito. La rimozione viene rinforzata da un’omissione nei titoli di coda, dove si afferma che il PCI, dopo il 1976, rimase sempre attorno al 30% di consensi elettorali per tutto il periodo della segreteria Berlinguer. Sostanzialmente è vero, ma si tace sul netto calo che ebbe nelle amministrative del 1978, che rappresentò una inversione di tendenza dei consensi elettorali confermata dalle successive elezioni e un segnale che indicava probabilmente come la politica di Solidarietà Nazionale (con il compromesso storico) fosse stata disapprovata da molti elettori, e non solo dai giovani e dalla sinistra radicale. Nel film sembra inoltre che la pietra tombale sul compromesso storico sia stata decretata dalla fine di Aldo Moro, ma si ignorano i fatti sopra citati, e ci manca la controprova. In realtà l’idea non fu abbandonata subito dopo, ma fu sempre declinata dalla maggioranza della DC. In seguito, nel 1980, in occasione del deflagrare della questione morale, ci fu la svolta tattica del gruppo dirigente del partito comunista: la proposizione di una “alternativa democratica” con tutte le forze popolari, nella quale la DC non fosse l’asse (ma presente con le sue “forze sane”). Spiegava Reichlin: “Non è morto il compromesso storico, è fallita la caricatura che ne hanno fatto”. Sicuramente una maggiore presenza della questione morale avrebbe caratterizzato molto più incisivamente la figura di Berlinguer (al quale andrebbe attribuita una seconda ambizione impossibile: quella di riformare la DC dall’esterno).
Un regista che fa un film su un personaggio storico ha la responsabilità di quanto divulga. Il film dice sostanzialmente alle giovani generazioni: “Berlinguer aveva un sogno che era buono, ma si è scontrato con forze (cattive) più grandi di lui”. Semplice come un’equazione di primo grado, un po’ troppo.
Ciascuno ha il diritto di avere la propria opinione sul compromesso storico, ma la storia andrebbe raccontata in modo più corretto e complesso.
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francesca meneghetti
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mercoledì 13 novembre 2024
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il triennio giacobino 1974-1976 e la fine della grande ambizione
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La grande ambizione è stata quella, indissolubile dal bene collettivo (Gramsci), di cambiare profondamente la società italiana avviandola verso una dimensione di riforme democratiche e socialiste, tutelando ogni libertà, eccetto quella di sfruttare gli esseri umani. Con una postilla: sotto l’ombrello della Nato. La grande ambizione, in cui almeno un italiano su tre ha creduto nel triennio 1974-1976, aveva la voce di Enrico Berlinguer, amatissimo leader del più grande partito comunista occidentale, intenzionato a marcare le proprie distanze dal totalitarismo sovietico (non a caso in Bulgaria subì un attentato che poteva essere fatale). Andrea Segre, nel biopic su Berlinguer, ha focalizzato proprio questa fase, partendo però con le immagini del golpe cileno del 1973 che convinsero il leader dell’alto rischio connesso ad un’eventuale alternativa di sinistra in Italia (già la Grecia aveva fatto scuola).
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La grande ambizione è stata quella, indissolubile dal bene collettivo (Gramsci), di cambiare profondamente la società italiana avviandola verso una dimensione di riforme democratiche e socialiste, tutelando ogni libertà, eccetto quella di sfruttare gli esseri umani. Con una postilla: sotto l’ombrello della Nato. La grande ambizione, in cui almeno un italiano su tre ha creduto nel triennio 1974-1976, aveva la voce di Enrico Berlinguer, amatissimo leader del più grande partito comunista occidentale, intenzionato a marcare le proprie distanze dal totalitarismo sovietico (non a caso in Bulgaria subì un attentato che poteva essere fatale). Andrea Segre, nel biopic su Berlinguer, ha focalizzato proprio questa fase, partendo però con le immagini del golpe cileno del 1973 che convinsero il leader dell’alto rischio connesso ad un’eventuale alternativa di sinistra in Italia (già la Grecia aveva fatto scuola). Al centro del film, il segretario del partito, la sua famiglia, i “grandi capi” sovietici, gli operai e i militanti, gli altri dirigenti comunisti (ma appena abbozzati, mentre mi pare eccessivo lo spazio dedicato ai viaggi nell’Est). A differenza del documentario realizzato anni fa da Veltroni (quando c’era Beringuer), viene evidenziata la dimensione privata: le relazioni affettuose con la moglie, con i figli, qualche cenno alle trasgressioni giovanili. Tutto ciò recupera una dimensione poco o affatto conosciuta di Berlinguer, per altro estremamente riservato, dal basso profilo. Tuttavia aver sostituito il suo volto, il suo corpo, con quelli di Elio Germano non è operazione che mi convince, né per quanto riguarda il fisico (se è ben difficile trovare in giro due occhi così intensi come quelli di Enrico, minuto poi, e magrissimo, non posso vedere il suo alter ego cinematografico con un cenno di pancetta), né per quanto riguarda l’interpretazione: discorsi pubblici troppo gridati, mentre la sua cifra erano la pacatezza, le pause riflessive, l’incisività dei ragionamenti. Ho invece apprezzato la scelta di non inquadrare le immagini del comizio padovano, troppo strazianti, lasciando solo quelle dei funerali (ma Veltroni aveva fatto di meglio, riproponendo i documenti su Pertini, che volle accompagnarlo come fosse un figlio). Il periodo che va dal 1978 (uccisione di Moro) fino al giugno del 1984 è raccontato con un passo diverso, troppo veloce rispetto al resto, con didascalie e documenti. Non si nomina l’assassinio da parte delle BR dell’operaio comunista Guido Rossa, si scivola fin troppo sulla strage di Bologna. Due emblemi degli anni di piombo e dell’involuzione che imboccò la società italiana dopo la morte di Aldo Moro e che sancì anche l’impossibilità di realizzare la grande ambizione. Tutti rimpiangono Berlinguer adesso, ma, al pari di Matteotti, quand’era in vita, non gli furono risparmiate critiche, specie a sinistra.
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(di gabriella)
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vittorio stano
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martedì 12 novembre 2024
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un berlinguer per il xxi secolo
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La grande ambizione di Enrico Berlinguer era quella di elevare una giovane nazione repubblicana che in quegli anni (1973-'78) provava a diventare adulta, nonostante la strategia della tensione che faceva di tutto per farla sprofondare nell'irrazionalità e cedere alla paura. Berlinguer è stato un politico lungimirante, coraggioso, un uomo serio,sobrio, competente, umile, deciso a realizzare la sua visione di società: elevare l'intera comunità italiana ponendosi alla guida di un Partito che rappresentasse tutti i lavoratori italiani e insieme costruire il socialismo senza uscire dalla democrazia. La sua lotta contro la degradazione della persona umana asservita alla produzione, sognava una politica non da utopisti, estremisti, schematici o opportunisti.
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La grande ambizione di Enrico Berlinguer era quella di elevare una giovane nazione repubblicana che in quegli anni (1973-'78) provava a diventare adulta, nonostante la strategia della tensione che faceva di tutto per farla sprofondare nell'irrazionalità e cedere alla paura. Berlinguer è stato un politico lungimirante, coraggioso, un uomo serio,sobrio, competente, umile, deciso a realizzare la sua visione di società: elevare l'intera comunità italiana ponendosi alla guida di un Partito che rappresentasse tutti i lavoratori italiani e insieme costruire il socialismo senza uscire dalla democrazia. La sua lotta contro la degradazione della persona umana asservita alla produzione, sognava una politica non da utopisti, estremisti, schematici o opportunisti. Soprattutto desiderava porsi alla guida di un Partito che rappresentasse tutti i lavoratori italiani. Berlinguer un politico di enorme caratura morale e istituzionale, serio e rigoroso nell'esercizio della sua funzione politico quanto caloroso e aperto nelle relazioni familiari e con i compagni, quelli di sempre e quelli incontrati per la prima volta. Il colpo di Stato in Cile e l'assassinio di Allende supportato dalla CIA lo costrinse a porsi una domanda:<<Basterà il 51% dei consensi a garantire un governo diretto dalleforze politiche di sinistra, americani e Nato permettendo?>> Il quesito fu sciolto dall'elaborazione della strategia del Compromesso Storico, di matrice togliattiana. Questo non era un patto per far vendere più merci ai padroni d'Italia, ma l'occasione per riformare le istituzioni e l'economia: dare ai cittadini servizi degni di un paese moderno: scuola, università,servizio sanitario nazionale, trasporti, giustizia. Sbloccare quindi l'anchilosato sistema Italia democristiano, azzoppato dai particolarismi e ammorbato dalla corruzione. Berlinguer voleva riformare l'economia, combattere lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, contrastare il consumismo e realizzare una società migliore. Enrico svolse un ruolo di grande importanza nel movimento comunista internazionale con l'avvio di un processo di distanziamento dall'Urss e l'elaborazione di un modello alternativo che prese il nome di Eurocomunismo. Nello scenario italiano teorizzò e tentò di realizzare, collaborando con Aldo Moro il Compromesso Storico. Collaborare con la DC nella prospettiva di realizzare riforme sociali ed economiche indispensabili per il Paese. Dal 1973 al 1978 il film ci racconta la rottura del PCI con l'Urss, lo storico risultato che portò il Partito al 34% di consensi davanti alla DC, il sogno della trasformazione di un Paese subordinato non tanto all'idea del Compromesso Storico, quanto alla sua tragica conseguenza: l'uccisione di Moro che con Luciano Barca (a fare da supporto e ponte) stava cercando di far diventare realtà l'ingresso del PCI nella maggioranza di governo. Una pagina cruciale della nostra storia, uno snodo politico che ha visto "mani misteriose" spingere con la violenza di Brigate rosse dalla vergogna, il Paese in una direzione non naturale. Segre ha realizzato un film che rimarca l'eplicita differenza tra il passato e il nostro presente governato da nani politici rispetto al carisma di alcuni leaders di allora. Berlinguer svetta nello scenario politico degli anni '70e fa apparire il nostro presente piatto e arido, privo di figure capaci di dare una visione di società solidale e che infondano nelle masse popolari stremate e invecchiate la speranza di non essere lasciate sole a "parare" con nude mani lo tsunami politico-economico-sociale e demografico che si sta abbattendo su di esse. Servirebbe proprio un Berlinguer per il XXI secolo italiano. Nel film Elio Germano entra nel personaggio ridandoci molto credibilmente il pathos del leader più amato del XX secolo dagli italiani. Gradevole è stato il tratteggio del leader privato, il Berlinguer marito e padre autorevole, dialogante. Struggente la scena in cui Enrico consiglia i familiari come comportersi se "le forzedel male" avessero deciso di rapirlo e tenerlo in ostaggio come Aldo Moro:<<Se capita anche a me non trattate, anche se dovessi cambiare idea!>> Lo sgomento dei familiari è interrotto dalla commozione del figlio adolescente Marco:<<Ma non succederà, vero?>> E' l'amore di figlio che non vuole essere privato dell'amato papà dalla brutalità della delinquenza politica. A Enrico stava più a cuore la dimensione collettiva che quella privata. Il bene dello Stato più della sua vita. Il bene di un valore fondamentale che si chiama libertà. Al funerale più di un milione di di cittadini sfila da Via delle Botteghe Oscure a Piazza San Giovanni, rendendo palese l'ammirazione che una larga parte dell'opinione pubblica italiana aveva nei confronti di Enrico Berlinguer. L'estetica del filmci parla del passato e ce lo fa rimpiangere perchè ha lasciato poche tracce. Le nuove generazioni non sanno ciò che ha detto, nè ciò che ha fatto, nè chi era questo grande italiano. La grande ambizione mette sullo schermo, assieme al suo protagonista un'idea di politica alta, nobile, seria, capace di inseguire ideali di libertà e giustizia, mentre oggi la politica ha abbandonato ideologie e ideali, abbraaiando forme populiste per carpire il consenso dei cittadini. VITTORIO STANO
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rosalinda gaudiano
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lunedì 11 novembre 2024
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un ritratto onesto e soprattutto umano...
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Di solito si vede la lotta delle piccole ambizioni, legate a singoli fini privati, contro la grande ambizione, che è indissolubile dal bene collettivo.
ANTONIO GRAMSCI (Fondatore del Partito Comunista Italiano)
Berlinguer, la Grande ambizione
Andrea Segre scrive e dirige “Berlinguer, la Grande ambizione” un film sulla vita di Enrico Berlinguer, affidando per la prima volta al grande schermo la ricostruzione del suo operato di politico, della sua vita come uomo, attraverso un mosaico di sapiente montaggio su ricostruzioni storiche di memoria collettiva.
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Di solito si vede la lotta delle piccole ambizioni, legate a singoli fini privati, contro la grande ambizione, che è indissolubile dal bene collettivo.
ANTONIO GRAMSCI (Fondatore del Partito Comunista Italiano)
Berlinguer, la Grande ambizione
Andrea Segre scrive e dirige “Berlinguer, la Grande ambizione” un film sulla vita di Enrico Berlinguer, affidando per la prima volta al grande schermo la ricostruzione del suo operato di politico, della sua vita come uomo, attraverso un mosaico di sapiente montaggio su ricostruzioni storiche di memoria collettiva. Lo sviluppo drammaturgico del film segue una linea precisa su eventi storico- politici: la strage di Brescia, il referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio, il petrolchimico di Ravenna, l’ammonimento di Brezhnev su una possibile alleanza con le forze democratiche, momenti cruciali della storia di un uomo che ha creduto con convinzione in un socialismo nella democrazia. Dall’ottobre 1973 con il golpe in Cile e l’uccisione di Allende e il mancato attentato in Bulgaria allo stesso Berlinguer, si arriva al 1978 con l’uccisione di Aldo Moro, momento di forte tormento e dolore per lo stesso Berlinguer, che vede frantumarsi l’idea del compromesso storico che avrebbe garantito quella indispensabile alleanza tra le forze popolari comuniste(antifasciste), socialiste e cattolico-progressiste, unite in un progetto comune di libertà e stabilità. Superato il momento di sconforto profondo, Berlinguer alla fine decide di non lasciare la segreteria del PC e continuare nel suo impegno politico. Segre da spazio ad una scena chiave del film, il dialogo tra Moro e Berlinguer che rappresenta il progetto accorato tra due uomini che credevano fermamente alla necessità di un cambiamento, progetto stilato a tavolino su trasformazioni politiche democratiche che anelavano a cambiare il corso della storia italiana. Il minutaggio Segre lo affida al montaggio meticoloso di Jacopo Quadri, con scelte di repertorio di movimenti di protesta operaia, discorsi politici incisivi, lettere accorate, e il tutto ruota intorno a personaggi chiave che determinarono il corso degli avvenimenti politici dell’epoca, come fu Giulio Andreotti. Il Berlinguer di Segre, caratterizzato dalla bravura magistrale di Elio Germano, è fedele all’uomo che sognava un’Italia libera da estremisti e verso l’affermazione di sacrosanti diritti che rappresentassero e tutelassero il lavoro di tutti. Questa fu la grande ambizione di Berlinguer, poter garantire agli italiani una rinascita da ogni forma di degrado e sofferenza sociale . Elio Germano , è immerso nel personaggio in ogni gestualità composta del volto e del corpo, la sigaretta che si consuma fra le dita, mai un impeto di ribellione, lo sguardo attento negli occhi dell’interlocutore, fisico gracile e provato. Un ritratto onesto e soprattutto umano dell’uomo che non ha solo sognato , ma ha osato il cambiamento di un’Italia migliore, non una democrazia claudicante, ma vera. E quando sembrava a tutti impossibile, non si è fermato. L’ha fermato la morte quel tragico 11 giugno del 1984, a Padova, in una giornata di sole , la piazza gremita, mentre parlava al suo popolo.
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