fulvio wetzl
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giovedì 4 maggio 2023
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abbiamo settant''anni - prima parte
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Abbiamo 70 anni (io li ho appena compiuti, lui li compie ad agosto). Ci conosciamo dal 1976, quando mi prestò la Canon superotto muta con cui aveva girato "Io sono un autarchico", gelosamente conservata da Andrea Parlatore, ai tempi assistente di Nanni, per permettermi di concludere il mio super8 di esordio "L'amore è un salto di qualità". Nanni non mi aveva detto però che la cinepresa era caduta, e che la parallasse s'era spostata, quindi quello che io vedevo nel mirino non corrispondeva a quello che rimaneva impresso sulla pellicola.
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Abbiamo 70 anni (io li ho appena compiuti, lui li compie ad agosto). Ci conosciamo dal 1976, quando mi prestò la Canon superotto muta con cui aveva girato "Io sono un autarchico", gelosamente conservata da Andrea Parlatore, ai tempi assistente di Nanni, per permettermi di concludere il mio super8 di esordio "L'amore è un salto di qualità". Nanni non mi aveva detto però che la cinepresa era caduta, e che la parallasse s'era spostata, quindi quello che io vedevo nel mirino non corrispondeva a quello che rimaneva impresso sulla pellicola. Mi ritrovai quindi un film con gran parte delle inquadrature eccentriche, che giustificai come scelte estetiche, come un costruttivista russo. Candidamente Nanni, quando portai a vedere il corto, appena ultimato, a Via San Tommaso d'Aquino, casa dei suoi prospicente il Tribunale a Piazza Clodio, mi disse che gli piaceva, però non capiva perché in molte inquadrature in Piazza di Spagna i due protagonisti, Cristina Ruiz e Daniele Formica, guardassero altrove... Ritrovai Nanni, io in qualità di direttore dell'Officina Filmclub, quando per primi fummo scelti da lui per visionare "Io sono un autarchico", in vista di una programmazione. Lo vidi e lo apprezzai sullo schermo di via Benaco, insieme ai quattro altri soci, Cristina Torelli, Paolo Luciani, e i compianti Ciro Giorgini e Fabrizio Grana. Tutti e quattro avevano forti riserve, dovute allo stile frammentario e artigianale (derivante dalla scarsa lunghezza delle bobine super8), dalla fissità delle inquadrature (forse dovuta alla "timidezza" espressiva di Nanni, che non si avventurava in movimenti di macchina, di cui allora non capiva ancora il significato); stile e inquadrature che diventarono di lì a breve una sua cifra stilistica personalissima. A me il film era piaciuto, sinceramente, più per i contenuti caustici, per le frasi lapidarie, l'autoironia sferzante, il disegno senza pietismi di una generazione incerta. Mi imposi ai miei soci e chiamai Nanni, proponendogli la prima e la tenitura del film per un tot di giorni. Nanni mi chiese a bruciapelo: "Vi è piaciuto il film?" io gli risposi che mi era piaciuto molto. Lui incalzò: "Ma è piaciuto a tutti, all'unanimità?". Io ebbi un'esitazione, fatale. Dissi che gli altri soci avevano delle riserve, ma che sì, tutti avevano deciso di programmarlo. Lapidariamente Nanni concluse: "Allora non ve lo do!" Poi la Storia è nota, Nanni lo portò al Filmstudio, che lo programmò per mesi, diventando sul passaparola un successo incredibile che ha determinato il prosieguo fulgido della sua carriera. Nanni si ricordò di nuovo di me, sempre in modo caustico, nel successivo "Ecce Bombo", in quella scena in cui il gruppetto al bar, compreso Nanni, decidono di andare al "Montesacro Alto, in via Emilio Praga 47" e finiscono in un'appartamento in penombra, dove una famiglia sta cenando. Il cineclub in questione l'avevo fondato un'annetto prima, trasformando exnovo una scuola di danza in un cinema, ma senza avere il permesso dal condominio di mettere la benché minima insegna esterna luminosa. Quindi era di assai difficile individuazione in quel quartiere periferico, da cui derivava lo smarrimento dei ragazzi di Nanni alla ricerca del cinema perduto. Mi sono permesso questa lunga introduzione autoreferenziale, "andando fuori tema", perché sono in casa (meglio, nella casella) di chi ha trasformato il narcisismo, la danza intorno al proprio ombelico, il parlare solo di qualcosa e qualcuno che si conosce a fondo, cioé se stessi, me stesso, in un' arte dell'interpretazione della realtà, che procede inossidabile da 47 anni fino ad oggi. La vera ragione di questa longevità è l'assoluta consapevolezza di Nanni nell' usare il narcisismo come chiave interpretativa, e in questo io mi riconosco, mi identifico, in maniera commovente e febbrile, ora come allora e lungo tutti questi anni. I brevi ricordi personali del rapporto tra Nanni e me, in cui in maniera così aguzza lui si è espresso, imprimendosi nella mia mente indelebili, io li ritrovo smaltati e smaglianti in "Il sol dell'avvenire", che è come un "Catalogo degli oggetti introvabili" di Carelman di tutte, proprio tutte le passioni, le idiosincrasie, le sottolineature, le puntualizzazioni, le frasi epocali (senza coscienza di esserlo), il cambio continuo di stile e di ritmo, come in una jam session di free jazz, che Nanni ha dipanato in "13 film" in 47 anni (fine prima parte)
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pier1963
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mercoledì 3 maggio 2023
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un filmetto
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Dopo l'ultima (ottima) performance sul libro di Eskol Nevo, in questo film Moretti dà il peggio di sè. È un film scarno, privo di contenuti sostanziali se non un continuo riferimento al proprio sè ipertrofico, in un vorticoso cupio dissolvi che vorrebbe tradurre l'ombrosa e depressiva consapevolezza della propria unicità "intelligente". Tutto è spento, greve, triste e pesante. I continui riferimenti, più o meno malcelati, al presente ricordano le tipiche lamentazioni dell'anziano: "Ah, però una volta ...". M. Buy, di solito una buona attrice, ripete se stessa nel cliché vetusto della donna nevroticamente dipendente dal proprio uomo, che riesce, con l'aiuto di un improbabile psicoanalista (vecchieggiante pure lui) a finalmente emanciparsene.
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Dopo l'ultima (ottima) performance sul libro di Eskol Nevo, in questo film Moretti dà il peggio di sè. È un film scarno, privo di contenuti sostanziali se non un continuo riferimento al proprio sè ipertrofico, in un vorticoso cupio dissolvi che vorrebbe tradurre l'ombrosa e depressiva consapevolezza della propria unicità "intelligente". Tutto è spento, greve, triste e pesante. I continui riferimenti, più o meno malcelati, al presente ricordano le tipiche lamentazioni dell'anziano: "Ah, però una volta ...". M. Buy, di solito una buona attrice, ripete se stessa nel cliché vetusto della donna nevroticamente dipendente dal proprio uomo, che riesce, con l'aiuto di un improbabile psicoanalista (vecchieggiante pure lui) a finalmente emanciparsene. S. Orlando è poco più di una comparsa, anch'egli spento e fragile. La tirata finale con i "suoi attori" rammenta di un Fellini scopiazzato, e pure male. A mio parere, un film da evitare, a meno che non si sia dei fan superfedeli di Moretti, per vedere che fine ha fatto il suo cinema.
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mauridal
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martedì 2 maggio 2023
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ecce nanni
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Nanni Moretti è stato uno dei pochi registi italiani che ha fatto dei film dove la vita privata, le storie personali intime ,si sono intrecciate con quelle pubbliche, con le vicende sociali e anche politiche in senso lato. In seguito, la maturità e ora la vecchiaia hanno un poco allontanato i due aspetti, e il regista Nanni ha raccontato più storie personali che altro. Nel film Il sol dell’avvenire subentra il tema essenziale del bilancio di una vita dedicata alla politica o all’arte.I due personaggi, Ennio un segretario della sezione comunista del Quarticciolo, interpretato da Silvio Orlando e Giovanni,regista di film impegnati, interpretato da Nanni Moretti, si fronteggiano quando Giovanni, deve girare un film sulla sinistra italiana durante l’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956.
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Nanni Moretti è stato uno dei pochi registi italiani che ha fatto dei film dove la vita privata, le storie personali intime ,si sono intrecciate con quelle pubbliche, con le vicende sociali e anche politiche in senso lato. In seguito, la maturità e ora la vecchiaia hanno un poco allontanato i due aspetti, e il regista Nanni ha raccontato più storie personali che altro. Nel film Il sol dell’avvenire subentra il tema essenziale del bilancio di una vita dedicata alla politica o all’arte.I due personaggi, Ennio un segretario della sezione comunista del Quarticciolo, interpretato da Silvio Orlando e Giovanni,regista di film impegnati, interpretato da Nanni Moretti, si fronteggiano quando Giovanni, deve girare un film sulla sinistra italiana durante l’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956. Questo film è politico, poiché coinvolge Giovanni come regista nel dirigere Ennio e la storia del PCI di quegli anni, dando giudizi negativi su tutto l’accaduto. Ma Giovanni-alias Nanni - ha anche una storia personale che è costretto a vivere:una moglie, Paola produttrice di film, una figlia giovane fidanzata con un vecchio.Una storia familiare che si sta per sfasciare,poiché Paola è sul punto di lasciare Giovanni mentre per la prima volta sta producendo un film per un altro regista che non sia Giovanni. Dunque, il film di Nanni è un film che racconta i fatti personali dei personaggi, pure se il film girato da Giovanni è politico. Quanti film, in un unico formato cinema! II Moretti regista, che il pubblico conosce, qui si è prodigato, ha cercato di raccontare le due storie in un film, nel film, che gli ha anche permesso di essere sempre presente con la sua figura e faccia, come attore nel film esistenziale di Nanni e come regista nel film politico di Giovanni. Un trionfo della “gigioneria narcisistica morettiana”che,qui,però,funziona. Dunque,film nel film,la trama si incrocia tra le due narrazioni personale e politica e,addirittura,ne subentra un terzo, quando si accenna al film opera prima prodotto dalla moglie Paola diretto da un giovane regista inadeguato al compito.Il vecchio Giovanni si trova sul set di una ultima scena del film e interrompe tutto, poiché nel cinema non deve esistere lo sguardo della violenza. Qui interviene di forza Nanni, inserendo interviste a personaggi amici sul tema della violenza nell’arte e soprattuto nel cinema, amici che realmente esprimono la propria opinione,come Renzo Piano, Augias, e altri. Dunque,non un film facile , anche se il finale di 8 e 1/2 , il corteo degli attori tutti con bandiere rosse e canti e balli sui Fori imperiali a Roma, con tutte le musiche dei cantautori italiani, Battiato e altri nella colonna sonora, ci danno una risposta, che lo stesso Nanni Moretti non sente di dare, ovvero un eccentrico omaggio al cinema, e il finale in sala cinema dei due ragazzi che si baciano, lo dimostra ancora più chiaramente che le ripetute condanne alle piattaforme, alla TV ecc. ( Mauridal)
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frankmoovie
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martedì 2 maggio 2023
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il sol dell''avvenire. sorpresa.
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Può accadere di andare a cinema un po' controvoglia perché un film viene presentato in varie trasmissioni TV a pezzetti e ti fa creare un'idea confusionaria, priva di senso, pesante. Poi capita che in sala si assiste ad un evento che non passa inosservato nella storia del cinema italiano e Moretti, nel bene e nel male, ci lascia sempre un'impronta. Questa volta, con l'aiuto di grandi attori come Silvio Orlando, Margherita Buy, Barbora Bobulova e la crescente Valentina Romani, ci porta nella realizzazione di un film che il protagonista, che è un regista, gira ambientandolo ai tempi del PCI "comunista" legato all'Unione Sovietica, attraverso i giorni dell'invasione dell'Ungheria, un Partito indeciso tra l'appoggio pieno o la condanna per la privazione della Libertà di un popolo ed evidenziando i dubbi degli iscritti sulle scelte dei vertici.
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Può accadere di andare a cinema un po' controvoglia perché un film viene presentato in varie trasmissioni TV a pezzetti e ti fa creare un'idea confusionaria, priva di senso, pesante. Poi capita che in sala si assiste ad un evento che non passa inosservato nella storia del cinema italiano e Moretti, nel bene e nel male, ci lascia sempre un'impronta. Questa volta, con l'aiuto di grandi attori come Silvio Orlando, Margherita Buy, Barbora Bobulova e la crescente Valentina Romani, ci porta nella realizzazione di un film che il protagonista, che è un regista, gira ambientandolo ai tempi del PCI "comunista" legato all'Unione Sovietica, attraverso i giorni dell'invasione dell'Ungheria, un Partito indeciso tra l'appoggio pieno o la condanna per la privazione della Libertà di un popolo ed evidenziando i dubbi degli iscritti sulle scelte dei vertici. E Moretti fa questo intrecciando i fatti dell'epoca con la storia attuale della propria famiglia, dei rapporti con moglie e figlia, con le sue certezze e i suoi dubbi con un gioco psicologico che in certi momenti arriva al culmine ed al "colmo" come quando blocca le riprese di un film di cui la moglie è produttrice perché violento, trovata del Moretti furbo, che attira l'attenzione degli spettatori che manterranno in memoria questo pezzo di pellicola ... Non mancano momenti di sentimentalismo, di inni all'amore, di realismo difficile nei rapporti di coppia o di genitori-figli, di ilarità e di esaltazioni con l'accompagnamento di canzoni ben scelte e di balli di gruppo, acrobazie circensi di felliniana memoria. Travolgente la marcia trionfale con i primi piani di appassionati partecipanti inneggianti alla Libertà verso il Sole dell'avvenire dopo momenti di suspence tra finire o andare avanti. Proprio come accade nella vita.
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gufetta76
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lunedì 1 maggio 2023
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bentornato
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È tornato con questo film il Nanni Moretti di sempre. Il ritmo è veloce e mai noioso. La storia personale si intreccia con quella professionale contornata da intermezzi musicali che danno un tocco di leggerezza a fronte del momento drammatico e della crisi dei tempi che il protagonista e il regista stesso vive. Commovente, mai scontato alterna momenti di riso a riflessioni serie sui tempi che stiamo vivendo e sul concetto del cinema come arte. Film consigliato
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domenica 30 aprile 2023
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emozionante
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Un film perfetto. Da vedere e rivedere.
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fulvio wetzl
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domenica 30 aprile 2023
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abbiamo settant''anni - seconda parte
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(seconda parte). Il percorso lo abbiamo fatto procedendo paralleli in tutti questi anni, con destini e risultati con tutta evidenza diversi, ma tutto quello che vibra e fa vibrare il film, in conseguenza degli accadimenti che ne determinano il percorso, ci accomuna profondamente, sia le vampate di gioia, che soprattutto le disillusioni: la militanza politica, il privato e il politico ("cotta continua" c'era scritto sopra il portone della scuola media di Sacrofano), i cineclub e i teatri d'avanguardia, i compagni che sbagliano e i compagni che si annientano, e sento questa comunanza, come diceva Attilio del figlio Bernardo Bertolucci, "la sua è una timidezza che passerà come una malattia della prima infanzia, lasciando piccole cicatrici rosate".
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(seconda parte). Il percorso lo abbiamo fatto procedendo paralleli in tutti questi anni, con destini e risultati con tutta evidenza diversi, ma tutto quello che vibra e fa vibrare il film, in conseguenza degli accadimenti che ne determinano il percorso, ci accomuna profondamente, sia le vampate di gioia, che soprattutto le disillusioni: la militanza politica, il privato e il politico ("cotta continua" c'era scritto sopra il portone della scuola media di Sacrofano), i cineclub e i teatri d'avanguardia, i compagni che sbagliano e i compagni che si annientano, e sento questa comunanza, come diceva Attilio del figlio Bernardo Bertolucci, "la sua è una timidezza che passerà come una malattia della prima infanzia, lasciando piccole cicatrici rosate". Sottopelle le sequenze sullo schermo mi hanno riempito di cicatrici non più dolorose, ma squarci sottili ad aprire reintepretazioni della mia vita, così simile ma così diversa. Ho sentito ieri sera Nanni, ospite di Marco Da Milano, dire che i film nel film sono quattro, non tre come sosteneva il giornalista, e aggiungendo puntigliosamente il film che avrebbe voluto fare, tratto da Il Nuotatore di John Cheever, di un uomo che attraversa tutta la contea a nuoto, passando da una piscina all'altra. film davvero affascinante, ma dice Nanni, che l'avrebbe potuto fare quando era magro, anni fa (ai tempi di Palombella Rossa). Io ne ho contati sette di film, Nanni, e te li elenco altrettanto puntigliosamente: C'è il contenitore principale, (1) la storia di te regista, Margherita produttrice, la crisi del vostro rapporto, le difficoltà produttrive, in bilico tra l'autarchia di una volta e la standardizzazione delle piattaforme da "190 paesi, 190 paesi"; c'è il film (2) che stai iniziando sul peccato originale del 1956, la mancata emancipazione del PCI dall'Unione Sovietica dopo l'invasione dei carri armati a Budapest, un film che si mostra magnifico e tremendamente interessante, più di "Je vous presènte Pamela" di Truffaut in "Effetto Notte", perché parla a noi tuoi coetanei di una ferita non rimarginata nella coscienza di ciascuno "di sinistra" di allora e forse di oggi; c'è (3) la Storia che si fa con i "se" del finale alternativo al suicidio di Silvio, con le magnifiche rotative che stampano la Storia come tutti avremmo voluto che fosse "la via italiana al Socialismo"; c'è (4) il film con i "baci" che non hai mai avuto il coraggio di fare, e che Barbora ti costringe a fare, perché imprigionato nella tua ritrosia e timidezza congenita, da cui sei stato strappato a viva forza solo in Caos Calmo e Tre Piani; c'è (5 - il film con le canzoni italiane) la storia d'amore di due adolescenti nata in un cinema dove si proietta "La dolce vita" con la mancata agnizione tra Mastroianni e Valeria Ciangottini nel finale sulla spiaggia, accompagnata da Luigi Tenco, che si conclude nel ballo di tutta la troupe davanti al prato del picnic dove i figli della coppia danzano come dervisci rotanti, al ritmo di Battiato, altro film che vorremmo assolutamente che tu realizzassi; c'è un secondo film (6) immaginato e desiderato(e purtroppo già realizzato da altri - Frank Perry con Burt Lancaster), quello tratto da Il Nuotatore di Cheever; e infine c'è il film (7) "tarantiniano" con gli spari granguignoleschi, i fiotti di sangue, i "bambini sciolti nell'acido", che tua moglie sta producendo e che tu interrompi per otto ore, perché "due o tre princìpi bisognerà pur averli", in una scena in cui raggiungi livelli di profondità assoluta, quando racconti la difficoltà di uccidere (al quarto tentativo) che Kieslowski racconta in "Breve film sull'uccidere", contrapposta alla facilità da videogame dello sparo con cui si dovrebbe concludere l'opera seconda del giovane regista di "Orchi". E questi sette film non fanno che inserire "Il Sol dell'avvenire", nell'Universo Multiverso tanto in auge oggi, vedi il multiOscar "Everything, Everywhere All at Once" dei Daniels, sette piani narrativi, Storia, desiderio, immaginazione, sogno, realtà, metafora, facendoci riflettere che i primi film Multiverso erano già negli anni '60, "Il Posto delle Fragole" e "8 1/2", che con la stessa tua fluidità e maestria di raccordi, la stessa allegria e tenerezza contagiosa, raccontavano il passaggio continuo nella vita di ciascuno di noi, tra interno ed esterno, tra micro e macrocosmo, tra parole e musica, per cui è sufficiente "connaître la chanson" e lasciarsi andare, senza cercare per forza di capire.
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gigno
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sabato 29 aprile 2023
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bellissimo
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geniale, divulgativo, commevente, poetico, divertente, furbo, coerente... esci dal cinema e sei sazio...
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fulvio wetzl
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sabato 29 aprile 2023
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abbiamo settant''anni - prima parte
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Abbiamo 70 anni (io li ho appena compiuti, lui li compie ad agosto). Ci conosciamo dal 1976, quando mi prestò la Canon superotto muta con cui aveva girato "Io sono un autarchico", gelosamente conservata da Andrea Parlatore, ai tempi assistente di Nanni, per permettermi di concludere il mio super8 di esordio "L'amore è un salto di qualità". Nanni non mi aveva detto però che la cinepresa era caduta, e che la parallasse s'era spostata, quindi quello che io vedevo nel mirino non corrispondeva a quello che rimaneva impresso sulla pellicola. Mi ritrovai quindi un film con gran parte delle inquadrature eccentriche, che giustificai come scelte estetiche, come un costruttivista russo.
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Abbiamo 70 anni (io li ho appena compiuti, lui li compie ad agosto). Ci conosciamo dal 1976, quando mi prestò la Canon superotto muta con cui aveva girato "Io sono un autarchico", gelosamente conservata da Andrea Parlatore, ai tempi assistente di Nanni, per permettermi di concludere il mio super8 di esordio "L'amore è un salto di qualità". Nanni non mi aveva detto però che la cinepresa era caduta, e che la parallasse s'era spostata, quindi quello che io vedevo nel mirino non corrispondeva a quello che rimaneva impresso sulla pellicola. Mi ritrovai quindi un film con gran parte delle inquadrature eccentriche, che giustificai come scelte estetiche, come un costruttivista russo. Candidamente Nanni, quando portai a vedere il corto, appena ultimato, a Via San Tommaso d'Aquino, casa dei suoi prospicente il Tribunale a Piazza Clodio, mi disse che gli piaceva, però non capiva perché in molte inquadrature in Piazza di Spagna i due protagonisti, Cristina Ruiz e Daniele Formica, guardassero altrove... Ritrovai Nanni, io in qualità di direttore dell'Officina Filmclub, quando per primi fummo scelti da lui per visionare "Io sono un autarchico", in vista di una programmazione. Lo vidi e lo apprezzai sullo schermo di via Benaco, insieme ai quattro altri soci, Cristina Torelli, Paolo Luciani, e i compianti Ciro Giorgini e Fabrizio Grana. Tutti e quattro avevano forti riserve, dovute allo stile frammentario e artigianale (derivante dalla scarsa lunghezza delle bobine super8), dalla fissità delle inquadrature (forse dovuta alla "timidezza" espressiva di Nanni, che non si avventurava in movimenti di macchina, di cui allora non capiva ancora il significato); stile e inquadrature che diventarono di lì a breve una sua cifra stilistica personalissima. A me il film era piaciuto, sinceramente, più per i contenuti caustici, per le frasi lapidarie, l'autoironia sferzante, il disegno senza pietismi di una generazione incerta. Mi imposi ai miei soci e chiamai Nanni, proponendogli la prima e la tenitura del film per un tot di giorni. Nanni mi chiese a bruciapelo: "Vi è piaciuto il film?" io gli risposi che mi era piaciuto molto. Lui incalzò: "Ma è piaciuto a tutti, all'unanimità?". Io ebbi un'esitazione, fatale. Dissi che gli altri soci avevano delle riserve, ma che sì, tutti avevano deciso di programmarlo. Lapidariamente Nanni concluse: "Allora non ve lo do!" Poi la Storia è nota, Nanni lo portò al Filmstudio, che lo programmò per mesi, diventando sul passaparola un successo incredibile che ha determinato il prosieguo fulgido della sua carriera. Nanni si ricordò di nuovo di me, sempre in modo caustico, nel successivo "Ecce Bombo", in quella scena in cui il gruppetto al bar, compreso Nanni, decidono di andare al "Montesacro Alto, in via Emilio Praga 47" e finiscono in un'appartamento in penombra, dove una famiglia sta cenando. Il cineclub in questione l'avevo fondato un'annetto prima, trasformando exnovo una scuola di danza in un cinema, ma senza avere il permesso dal condominio di mettere la benché minima insegna esterna luminosa. Quindi era di assai difficile individuazione in quel quartiere periferico, da cui derivava lo smarrimento dei ragazzi di Nanni alla ricerca del cinema perduto. Mi sono permesso questa lunga introduzione autoreferenziale, "andando fuori tema", perché sono in casa (meglio, nella casella) di chi ha trasformato il narcisismo, la danza intorno al proprio ombelico, il parlare solo di qualcosa e qualcuno che si conosce a fondo, cioé se stessi, me stesso, in un' arte dell'interpretazione della realtà, che procede inossidabile da 47 anni fino ad oggi. La vera ragione di questa longevità è l'assoluta consapevolezza di Nanni nell' usare il narcisismo come chiave interpretativa, e in questo io mi riconosco, mi identifico, in maniera commovente e febbrile, ora come allora e lungo tutti questi anni. I brevi ricordi personali del rapporto tra Nanni e me, in cui in maniera così aguzza lui si è espresso, imprimendosi nella mia mente indelebili, io li ritrovo smaltati e smaglianti in "Il sol dell'avvenire", che è come un "Catalogo degli oggetti introvabili" di Carelman di tutte, proprio tutte le passioni, le idiosincrasie, le sottolineature, le puntualizzazioni, le frasi epocali (senza coscienza di esserlo), il cambio continuo di stile e di ritmo, come in una jam session di free jazz, che Nanni ha dipanato in "13 film" in 47 anni (fine prima parte)
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angelo umana
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sabato 29 aprile 2023
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l''utopia comunista che ancora oggi ci rende felici
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D'Alema dì qualcosa di sinistra esclamava Moretti davanti alla tv mentre berluschino blaterava al cospetto di D'Alema in un talk-show. Ora il comunque grande Moretti decanta la sinistra del '56, parla coi suoi resti o coi circoli che forse nessuno frequenta più, parla coi pariolini e coi borgatari, un po' meno con chi un lavoro non ce l'ha. Lo fa rimembrando o immaginando il circo ungherese Budavari che con un viaggio di 6 giorni “armi bagagli e animali” si reca a Roma mentre a Budapest i carri-armati sovietici sparano. E nel film infine viene celebrato Togliatti che, dapprima dubbioso guardando il popolo che lo aspetta, poi finalmente prende le distanze dai comunisti sovietici, essendo i comunisti italiani più puri, di vera sinistra.
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D'Alema dì qualcosa di sinistra esclamava Moretti davanti alla tv mentre berluschino blaterava al cospetto di D'Alema in un talk-show. Ora il comunque grande Moretti decanta la sinistra del '56, parla coi suoi resti o coi circoli che forse nessuno frequenta più, parla coi pariolini e coi borgatari, un po' meno con chi un lavoro non ce l'ha. Lo fa rimembrando o immaginando il circo ungherese Budavari che con un viaggio di 6 giorni “armi bagagli e animali” si reca a Roma mentre a Budapest i carri-armati sovietici sparano. E nel film infine viene celebrato Togliatti che, dapprima dubbioso guardando il popolo che lo aspetta, poi finalmente prende le distanze dai comunisti sovietici, essendo i comunisti italiani più puri, di vera sinistra. Quella del “sol dell'avvenire” disegnato sui murazzi del Tevere ad inizio film.
E' un grande “amarcord” questo film di Moretti: lui uguale a sé stesso, che non si sposta per farci vedere il film, lui assoluto protagonista che vuole essere regista anche nei film altrui, non si muove dai suoi dogmi, le sue proverbiali intemerate da 70enne che sembra aver visto e compreso tutto. In fondo è una pellicola da “celebration”, un'apoteosi come la marcia popolare finale che parrebbe anch'essa di sinistra ma che è disseminata da amici attori italiani, quasi una compagnia di giro.
Vabbé, aspetteremo altri 5 anni perché il simpatico regista fà un film nuovo in quel lasso di tempo, per rivedersi e rivedere come eravamo. Però what the fuck! (espressione mutuata dalla sceneggiatura): dacci magari qualche film più intimista, chessò, una Stanza del figlio o Mia madre o un Michel Piccoli troppo timido per fare il papa nuovo appena nominato dal Conclave.
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