claftia
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domenica 11 giugno 2023
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roma felliniana.. again
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Che sarebbe successo se durante l'invasione dell'Ungheria nel 56 il partito comunista italiano si fosse dissociato dall'Urss? Il film pone questo quesito, proprio quando viviamo la guerra in Ucraina, e abbiamo al solito i soliti giustificatori. Il film pone il quesito in via indiretta, Moretti fa la parte di se' stesso che gira un film ambientato in quegli anni, lo fa in maniera molto ironica e divertente. Persino le nevrosi della " solita" Margherita Buy risultano alleggerite. Un Moretti molto godibile, film pieno della musica che amiamo, con un finale sulla via dei Fori imperiali da apoteosi, carico di citazioni. Potrebbe essere un film testamento, ovviamente ci auguriamo non sia cosi. Ci piaccia o no Moretti rappresenta un anima di questa nostra citta', che noi amiamo.
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giovannivestri
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sabato 10 giugno 2023
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tutti bravi a criticare
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Un film con poche pretese che entra a pieno nella filosofia di Nanni Moretti. Un film che fa stare bene e rende felici.
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goldy
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lunedì 29 maggio 2023
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strident and listless
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Questi due degli aggetrtivi /stridente e svogliato) usati dal recensore del The Guardian britannico per definire il film di Moretti. Prosegue scrivendo: "Un film orrendamente sconcertante. confuso. mediocre, una completa perdita di tempo. "
E non era difficile prevedere una simile reazione da un pubblico straniero totalmente estraneo a tematiche comprensibili a un pubblico ristretto. casalingo, romano snob , elitario propenso a vivere la politica più come gioco di società che come autentica passione aociale.
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cinzia
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giovedì 18 maggio 2023
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moretti e il regista giovanni. consigliatissimo!!
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Giovanni (interpretato dallo stesso Moretti) è un regista che gira pochi film (come Moretti)
e se ne lamenta, é fuori dal coro (come Moretti) con una figlia compositrice (anche per le
colonne sonore del padre) e una moglie (Buy) che di solito gli produce i film (non questa
volta in quanto sta seguendo la produzione di un lungometraggio coreano formalmente e
per contenuti all’apposto delle opere del marito).
Il regista Giovanni è alle prese con i primi ciak del suo ultimo film ambientato nell’autunno
del 1956, a Roma, nel momento in cui i carri armati sovietici soffocano nel sangue
l’insurrezione ungherese, fatto drammatico che provocò dissidi e scissioni all’interno del
Partito Comunista Italiano tra coloro che volevano ripudiare il comunismo sovietico, in
quanto violento, repressivo e dittatoriale e coloro che invece, pur sconvolti, scelsero di non
abbandonarlo; nella realtà vinse questa seconda linea e gli altri o abbozzarono o
restituirono la tessera e qualcuno aderì al partito socialista.
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Giovanni (interpretato dallo stesso Moretti) è un regista che gira pochi film (come Moretti)
e se ne lamenta, é fuori dal coro (come Moretti) con una figlia compositrice (anche per le
colonne sonore del padre) e una moglie (Buy) che di solito gli produce i film (non questa
volta in quanto sta seguendo la produzione di un lungometraggio coreano formalmente e
per contenuti all’apposto delle opere del marito).
Il regista Giovanni è alle prese con i primi ciak del suo ultimo film ambientato nell’autunno
del 1956, a Roma, nel momento in cui i carri armati sovietici soffocano nel sangue
l’insurrezione ungherese, fatto drammatico che provocò dissidi e scissioni all’interno del
Partito Comunista Italiano tra coloro che volevano ripudiare il comunismo sovietico, in
quanto violento, repressivo e dittatoriale e coloro che invece, pur sconvolti, scelsero di non
abbandonarlo; nella realtà vinse questa seconda linea e gli altri o abbozzarono o
restituirono la tessera e qualcuno aderì al partito socialista.
Nanni Moretti e il suo alter ego nel “ Il sol dell’avvenire” invece, scrivono una
sceneggiatura dove il finale è capovolto e quindi il PCI (c’era Togliatti al tempo) dopo un
travaglio interiore, lunghe discussioni e a furor di popolo (comunista) decide di staccarsi
dal partito madre (e padre) sovietico denunciando apertamente l’ingiustizia e la ferocia
della repressione sovietica a Budapest.
Rileggendo mi accorgo di aver scritto un pippone noioso, ma Moretti è riuscito a girare un
film simpatico, divertente, ricco di battute pur lavorando su una materia che può risultare
ostica in quanto si tratta di storia passata e di scelte di coscienza distorte dalla politica e
ora, nel 2023, tutto ci fa pensare a “chissenefrega della politica” che è anche una
citazione di una battuta di Barbora Bobulova, dolce sartina comunista innamorata del capo
sezione (Silvio Orlando).
Il sorprendente, ma la storia si sa si ripete, è che l’invasione di un paese da parte di una
potenza aggressiva ora è il nostro presente: Moretti, pur girando pochi film, riesce ad
anticipare il futuro, come e di più di tanti “instant movie”. Scrivo tutto ciò con cognizione di
causa in quanto da un’intervista ho appreso che Moretti ha ideato il film prima che la
Russia invadesse l’Ucraina, tanto per essere chiari e mettere i puntini sulle i.
Ma i fatti ungheresi sono solo un pretesto, il film infatti è incentrato sui rapporti umani, tra il
regista e la moglie, tra loro come genitori e la figlia, tra il regista e tutta la girandola di
umanità che attiene alla realizzazione di un film (attori, staff, produttori, distributori -
fantastica la scenetta tra il regista Giovanni e i funzionari di Netflix). La mescolanza di fatti
privati e pubblici (rimarcata dalle due battute opposte di Ennio/Silvio Orlando che “per chi
è nel partito, non esiste il privato” detta nel film dentro al film e quella del regista Giovanni
nel film “ma che fa? Traduce anche questo? No no no sono frasi private, sto parlando con
mia moglie” diretta all’interprete della delegazione di produttori coreani) è allietata dalle
canzoni e dai balletti che vedono protagonista lo stesso Moretti, assieme con la sua troupe
e rafforzano il senso del surreale dato dal metacinema (il film nel film con il gioco di
specchi e di rimandi tra passato e presente, tra finzione e racconto similrealista) e dalla
descrizione di fatti passati (non solo i fatti ungheresi) come si sarebbe voluto che si
fossero svolti. Ma d’altronde non è sempre così il racconto? sia esso sotto forma di libro o
di film e se non bastasse lo dice anche il regista Giovanni “Stalin era un dittatore e io nei
miei manifesti dentro al mio film non ce lo voglio” e alle parole segue lo straapp dell’azione
con la lacerazione del faccione di Stalin dal poster e noi continuiamo a leggere libri e
andare al cinema anche per questo.
CONSIGLIATISSIMO! Magistrale anche la scena in cui il regista Giovanni (che qui si
identifica con Moretti) mostra e dimostra l’effetto devastante sugli spettatori di un certo tipo
di violenza nei film. Basta. Andate a vedervelo, accippicchia!
(e dopo averlo visto ho pensato a Otto e Mezzo di Fellini anche se non l’ho mai visto,
salvo qualche scena passata in Tv o nel web)
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mauro.t
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lunedì 15 maggio 2023
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moretti, uno dell'élite della meglio gioventù.
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Moretti/Giovanni si dibatte tra problemi professionali, personali, esistenziali. Il protagonista sta faticosamente girando un film sulla repressione della rivolta ungherese del 1956. L’attrice principale gli crea difficoltà con incursioni e suggerimenti sentimentali in un film che lui vorrebbe essenzialmente politico. Il produttore viene arrestato e Giovanni si deve scontrare con la realtà delle piattaforme streaming. La moglie è alla ricerca del modo di lasciarlo e sta producendo un film che lui non apprezza. La figlia si mette con un uomo molto più anziano. Moretti manifesta il suo disagio per un mondo profondamente cambiato negli ultimi decenni, dove il declino culturale è evidente, e non gli si può certo dare torto.
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Moretti/Giovanni si dibatte tra problemi professionali, personali, esistenziali. Il protagonista sta faticosamente girando un film sulla repressione della rivolta ungherese del 1956. L’attrice principale gli crea difficoltà con incursioni e suggerimenti sentimentali in un film che lui vorrebbe essenzialmente politico. Il produttore viene arrestato e Giovanni si deve scontrare con la realtà delle piattaforme streaming. La moglie è alla ricerca del modo di lasciarlo e sta producendo un film che lui non apprezza. La figlia si mette con un uomo molto più anziano. Moretti manifesta il suo disagio per un mondo profondamente cambiato negli ultimi decenni, dove il declino culturale è evidente, e non gli si può certo dare torto.
Però non ci sono prospettive e neppure molta analisi. Il regista si rifugia nella nostalgia e nel rimpianto di una rivoluzione mancata (o tradita). “Il sol dell’avvenire” non è l’inizio e la fine di nulla, è la manifestazione compiaciuta dell’orgoglio di avere fatto parte della meglio gioventù. In “Caro diario” era uno splendido 40enne che da giovane gridava cose giuste. In questo film sembra che dica: sono uno splendido 70enne, perché faccio sempre parte di quella generazione, che avrà anche sbagliato, ma nonostante tutto aveva ragione.
Risulta a dir poco ingenua la riscrittura della storia del circolo del PCI, che condanna l’intervento dell’Armata Rossa in Ungheria, come se potessimo dire: “Ah, se tutti avessero fatto così, sarebbe stato diverso!”, come se ignorasse che qualche dirigente e qualche intellettuale all’epoca avevano lasciato il partito, come se la fuoriuscita dei pochi con i fatti di Praga del ‘68 non avessero costituito solo una nicchia (sia pur importante!) di menti critiche, come se Berlinguer non avesse preso le distanze dal PCUS successivamente. Moretti è alla ricerca di un momento-simbolo in cui la purezza poteva essere conservata con una scelta diversa, ma è di una dabbenaggine antistorica. Tarantino ha gioco più facile nel riscrivere la vicenda della strage di casa Polansky, perché sceglie la cronaca; Moretti presuntuosamente riscrive la Storia e non ce la può fare ad essere convincente.
Renzo Piano, Corrado Augias e Martin Scorzese rappresentano intellettuali cui affidarsi per una visione critica della società, ma è una scelta comoda e intellettualistica. Il servirsi di “grandi vecchi” è un utile escamotage che si usa quando si è in difficoltà nel cercare le contraddizioni da esporre. Moretti ci fa un discorso sull’etica e sull’estetica della produzione artistica che è sacrosanto, e cita riferimenti alti dell’arte cinematografica, ma al di fuori del cinema scade in una paternale moralistica solo apparentemente autoironica con le sue manie intransigenti. E’ proprio la scelta delle intolleranze che rende snob il suo punto di vista. Forse i sabot rappresentano qualcosa, ma diventano un significante con poco significato.
Sembra poi che Moretti parli del rapporto tra il personale e il politico quando l’attrice dice: “chi se ne frega della politica: questo è un film d’amore”, quando Giovanni dice alla moglie: “parliamo di tutto tranne che di noi”, quando introduce gli spezzoni dei due giovani che parlano di sentimenti. Ma il dibattito pubblico/privato di quell’era in cui tutto era politico, è vecchissimo. Oggi sarebbe attuale puntare lo sguardo su quei programmi che “vampirizzano” il dolore sbattendo il privato in TV.
Dicono molto di più le felici scelte musicali rispetto alle immagini e alla sceneggiatura.
Inoltre mi rimane incomprensibile perché Moretti insista nel fare l’attore. Non mi dite che la sua recitazione è volutamente provocatoria. A volte lo è, ma lo abbiamo già visto molte volte in parti diverse. Lui sostanzialmente non è capace, non ha studiato.
Per favore non facciamo paragoni con “8 e 1/2”: c’è un abisso e non solo dal punto di vista artistico. Fellini metteva in scena con onestà (e maestrìa) il suo disagio di regista in crisi; Moretti pontifica.
Il gioioso corteo finale con tutti i suoi colleghi/amici e con l’immagine di Trotskij celebra il narcisismo di uno che si identifica con la parte migliore di quella generazione. Moretti ammette la sconfitta, ma mi rimanda l’immagine stridente di una élite autocompiaciuta.
Ne prendo atto e non mi rimane nulla.
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[+] recensione imbarazzante
(di raffaella)
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clara stroppiana
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sabato 13 maggio 2023
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la libertà di essere nanni
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Quanti sono i fili che si intrecciano nel film "Il sol dell'avvenire"? Mi piace chiamarli fili e non temi, ma neppure piani (comunque più dei tre dell'altro film) perché questo lavoro è come un tessuto. Prendete dei fili di diversi colori, intrecciateli secondo estro. Più sarete abili e fantasiosi, più vi sentirete liberi negli accostamenti, migliore sarà il risultato. Questo mi sembra abbia fatto Moretti.
Nel Sol dell'avvenire si respira una forte libertà espressiva e creativa, presente nella sua opera già a partire da quel primo "Io sono un autarchico".
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Quanti sono i fili che si intrecciano nel film "Il sol dell'avvenire"? Mi piace chiamarli fili e non temi, ma neppure piani (comunque più dei tre dell'altro film) perché questo lavoro è come un tessuto. Prendete dei fili di diversi colori, intrecciateli secondo estro. Più sarete abili e fantasiosi, più vi sentirete liberi negli accostamenti, migliore sarà il risultato. Questo mi sembra abbia fatto Moretti.
Nel Sol dell'avvenire si respira una forte libertà espressiva e creativa, presente nella sua opera già a partire da quel primo "Io sono un autarchico". Qui sembra diventare metodo di una sceneggiatura nata da una sorta di stream of consciousness poi organizzato in un'abile "tessitura" che non è il risultato di un noioso incrociarsi di ordito e trama come nella geometria del cardo e del decumano. Un tessuto di rara e preziosa fattura artigianale.
C'è il cinema dentro il film ma non è "Effetto notte", c'è un circo ma non è Fellini, piuttosto è Chaplin, ma non per rimandi visivi, semmai per il gusto del gioco, dell'ironia e dell'autoironia, quel gusto di fare il monellaccio. E c'è Buster Keaton in quegli occhi sbarrati tra sorpresa e stupore, in uno sguardo che dice: "ohibò".
C'è l'impegno politico, che si intreccia con la vita privata, le relazioni, l'amore, nella vita di Giovanni e della moglie, in quella dei personaggi protagonisti del suo film e degli attori che lo interpretano nella finzione filmica. Amore come "terra promessa" dove l'incontro con l'altro può farci perdere e scoprirci diversi da quel che credevamo di essere.
Storia d'amore conflittuale è anche quella che si consuma dentro il PCI nel '56 anno in cui si ambienta il film "in corso d'opera" e che si riflette nel dilaniante dibattito interno all' Unità. Giovanni (Moretti) la sua scelta la dichiara fin dall'inizio con quel gesto deciso con cui strappa il manifesto con il ritratto di Stalin.
-La Storia non si fa con i se- si dice. E la storia personale di una coppia da quarant'anni insieme? Quel tempo lungo diventa la garanzia di un "per sempre"? Non abbandona il pensiero di quell'amore in bilico e nella piazza che si è svuotata l'ex ragazzo fa quattro palleggi mentre joe Dassin canta "E si tu n'existais pas".
Il futuro-presente appare incerto ed estraneo anche quando Giovanni guarda al cinema. Impone ai giovani una lezione sui maestri che possono indicare una strada contro le derive di film che devono corrispondere alle esigenze distributive delle piattaforme. Come in tutto il film, la sequenza è attraversata dal sorriso e dall'ironia che non manca di essere rivolta anche a se stesso. A quel Giovanni che è proprio Nanni se mai qualcuno avesse dei dubbi. Così alla fine di un corteo, allegro nonostante tutto, che attraversa i Fori imperiali in una bella mattinata di sole (quel dell'avvenire?), è il regista a salutarci con un gesto della mano e un sorriso.
Tra quel che si è fatto e quel che poteva essere resta l'orgoglio di una vita che non è stata sprecata.
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luciana razete
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giovedì 11 maggio 2023
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sincero e geniale
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un opera geniale con un Moretti, puro ed originale che racconta se stesso con tutte le sue fragilità, inquietudini, rimpianti , malinconie e speranze ; un capolavoro di metacinema ( il cinema che racconta e parla di se stesso -come " effetto notte" di traffaut ) con nitide suggestioni dal felliniano 8 e mezzo di cui richiama una sequenza in bianco e nero ,riprendendo i temi circensi e corali ,specie nella bellissima scena finale in cui compaiono i "suoi "attori e personaggi e che ricorda ,in grande ,la Milonga finale di" Tre piani " .
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un opera geniale con un Moretti, puro ed originale che racconta se stesso con tutte le sue fragilità, inquietudini, rimpianti , malinconie e speranze ; un capolavoro di metacinema ( il cinema che racconta e parla di se stesso -come " effetto notte" di traffaut ) con nitide suggestioni dal felliniano 8 e mezzo di cui richiama una sequenza in bianco e nero ,riprendendo i temi circensi e corali ,specie nella bellissima scena finale in cui compaiono i "suoi "attori e personaggi e che ricorda ,in grande ,la Milonga finale di" Tre piani " .
Un capolavoro anche di metalettaratura in cui appare cruciale il richiamo del pensiero di Calvino sul suicidio di Cesare Pavese . Gradevoli le musiche e significativi i rimandi cinematografici , ad "apocalypse now ",a "Lola" , a "the father" che rivelano le ossessioni del regista (per le pantofole ed i sabot che si accompagnano alla caccia maniacale di oggetti anacronistici sul set del film ambientato nel 56 ) e l'avversione sia per le nuove piattaforme digitali ( lontane dalle sale ) sia per gli action movie dove la violenza è fine a se stessa ; Moretti li contrasta , tirando in ballo ,con sottile ironia ,nel suo giudizio etico ed estetico, eminenti personaggi del mondo della cultura e della scienza che irrompono sul set ( Renzo Piano , Corrado Augias ,e Chiara Valerio , senza riuscire a coinvolgere solo Martin Scorsese ) ; per me sono tra i momenti più godibili di un film che -attraverso l'immaginazione - riaccende la speranza , aprendo al SE che cambia la Storia ( con il Partivo comunista dell' epoca che condanna l' invasione sovietica dell' Ungheria ) ; infatti cambia il finale tragico del film in lavorazione come la Bobulova cambia d'istinto, la sceneggiatura in corso di lavorazione esaltandone gli aspetti sentimentali .Molteplici rimandi sottintesi al teatro pirandelliano, al Michele Apicella di Palombella Rossa nella scena della piscina dove il protagonista rimpiange la perduta vigoria giovanile . Alcune scene restano sospese tra finzione e realtà come quella del litigio tra innamorati in un ingorgo in cui Moretti suggerisce le parole alla ragazza.
Un opera poetica,( alla quale il trailer non rende giustizia ) per certi aspetti visionaria , in cui realtà e finzione si mescolano continuamente , tutta pervasa da sottile ironia (e soprattutto da autoironia ) e densa di riflessioni sul presente e sul futuro del cinema che merita di concorrere a pieno titolo a Cannes
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gabriella
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mercoledì 10 maggio 2023
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vorrei vederti danzare
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Con " Tre piani " Nanni Moretti aveva dimostrato di saper dire qualcosa anche lavorando su una sceneggiatura non originale, lo stesso autore, Nevo aveva espresso apprezzamento sul lavoro del regista, dicendo che si era commosso guardando il film. Personalmente a me il film era piaciuto molto, non l'ho affatto considerato un passo falso, semmai un passo in avanti, nel senso di cambiamento, quel cambiamento che nel “ Sol dell’avvenire” Giovanni/ Nanni, cerca in tutti i modi di resistergli, difendendo il cinema e la sua sacralità. Giovanni è un regista che fa un film ogni 5 anni, è in crisi perché il film che sta girando non lo convince , anche il suo matrimonio è in crisi, ma ancora lui non lo sa, lo sa bene invece Paola, la moglie ( una brava Margherita Buy), che dopo 40 anni di matrimonio trova la forza di lasciarlo, perché è un uomo faticoso, perché con lui si parla di tutto tranne che di loro due, perché capisce che , benchè doloroso, il cambiamento è necessario, prima che sopraggiunga il punto di non ritorno.
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Con " Tre piani " Nanni Moretti aveva dimostrato di saper dire qualcosa anche lavorando su una sceneggiatura non originale, lo stesso autore, Nevo aveva espresso apprezzamento sul lavoro del regista, dicendo che si era commosso guardando il film. Personalmente a me il film era piaciuto molto, non l'ho affatto considerato un passo falso, semmai un passo in avanti, nel senso di cambiamento, quel cambiamento che nel “ Sol dell’avvenire” Giovanni/ Nanni, cerca in tutti i modi di resistergli, difendendo il cinema e la sua sacralità. Giovanni è un regista che fa un film ogni 5 anni, è in crisi perché il film che sta girando non lo convince , anche il suo matrimonio è in crisi, ma ancora lui non lo sa, lo sa bene invece Paola, la moglie ( una brava Margherita Buy), che dopo 40 anni di matrimonio trova la forza di lasciarlo, perché è un uomo faticoso, perché con lui si parla di tutto tranne che di loro due, perché capisce che , benchè doloroso, il cambiamento è necessario, prima che sopraggiunga il punto di non ritorno. Fare i conti con il presente non è facile, Giovanni prende consapevolezza che tutto intorno a lui le cose cambiano, i giovani che non sanno niente di politica e tantomeno di comunismo, che il suo modo di fare cinema è superato, adesso ci sono le piattaforme, Netflix in testa con il pubblico che esclama “What the fuck”, c’è la violenza come intrattenimento . A tal proposito c’è una scena emblematica riguardo questo aspetto, Giovanni irrompe sul set di un giovane regista e gli blocca la scena di un’esecuzione e tiene in ostaggio la troupe per otto ore , invocando in qualche modo la grazia , risparmiare allo spettatore la banalità di una violenza che non lascia spazio per misurarsi e superarsi, e per farlo si appella alle sue conoscenze illustri, da Renzo Piano, Corrado Augias, Martin Scorsese, ma alla fine deve abbandonare la scena sconfitto e amareggiato mentre alle sue spalle echeggia lo sparo. C’è tutto il cinema morettiano che tanto amiamo, le sue fissazioni, le sue nevrosi, la sua golosità per i dolci, i suoi rituali,la rassicurante presenza dei suoi attori di una vita, fedeli compagni con i quali si è stabilito un sodalizio non solo artistico. C’è la consapevolezza che il mondo cambia anche se non vuoi, che è inutile ancorarsi al passato e rimpiangere i bei tempi andati, ci vuole si coerenza, ma anche coraggio e immaginazione, il coraggio di morire a sé stessi ( la citazione di Calvino su Pavese “Pavese si è ammazzato perché noi imparassimo a vivere”, l’immaginazione di riscrivere la storia, considerando che la storia si può fare anche con i se, non nella realtà, ma al cinema diventa possibile, si può ribaltare il brutto finale di un film con una danza liberatoria e propiziatoria sulle note di Battiato, con Nanni che vortica leggero, con l’aria stranita di una sconfinata giovinezza, perché la vita può ancora sorprendere, anche se il futuro appare incerto, . Nanni, adesso finalmente Giovanni, celebra la vita e gli va incontro con fiducia, aprendosi a quel che sarà , verso un sole anche se appare debole, fino a quando, (per dirla con le parole di Battiato), un altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore, i desideri non invecchiano con l’età, allora anche la luce sarà abbagliante.
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luciana razete
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martedì 9 maggio 2023
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moretti in purezza e grandi interpreti
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Spinta dalla curiosità e dalla mia predilezione per Moretti ho visto il "sol dell' avvenire" ;.
L 'ho trovato un opera geniale con un Moretti, puro ed originale che racconta se stesso con tutte le sue fragilità, inquietudini, rimpianti , malinconie e speranze ; un capolavoro di metacinema ( il cinema che racconta e parla di se stesso -come " effetto notte" di traffaut ) con nitide suggestioni dal felliniano 8 e mezzo di cui richiama una sequenza in bianco e nero ,riprendendo i temi circensi e corali ,specie nella bellissima scena finale in cui compaiono i "suoi "attori e personaggi e che ricorda ,in grande ,la Milonga finale di" Tre piani " .
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Spinta dalla curiosità e dalla mia predilezione per Moretti ho visto il "sol dell' avvenire" ;.
L 'ho trovato un opera geniale con un Moretti, puro ed originale che racconta se stesso con tutte le sue fragilità, inquietudini, rimpianti , malinconie e speranze ; un capolavoro di metacinema ( il cinema che racconta e parla di se stesso -come " effetto notte" di traffaut ) con nitide suggestioni dal felliniano 8 e mezzo di cui richiama una sequenza in bianco e nero ,riprendendo i temi circensi e corali ,specie nella bellissima scena finale in cui compaiono i "suoi "attori e personaggi e che ricorda ,in grande ,la Milonga finale di" Tre piani " .
Un capolavoro anche di metalettaratura in cui appare cruciale il richiamo del pensiero di Calvino sul suicidio di Cesare Pavese . Gradevoli le musiche e significativi i rimandi cinematografici , ad "apocalypse now ",a "Lola" , a "the father" che rivelano le ossessioni del regista (per le pantofole ed i sabot che si accompagnano alla caccia maniacale di oggetti anacronistici sul set del film ambientato nel 56 ) e l'avversione sia per le nuove piattaforme digitali ( lontane dalle sale ) sia per gli action movie dove la violenza è fine a se stessa ; Moretti li contrasta , tirando in ballo ,con sottile ironia ,nel suo giudizio etico ed estetico, eminenti personaggi del mondo della cultura e della scienza che irrompono sul set ( Renzo Piano , Corrado Augias ,e Chiara Valerio , senza riuscire a coinvolgere solo Martin Scorsese ) ; per me sono tra i momenti più godibili di un film che -attraverso l'immaginazione - riaccende la speranza , aprendo al SE che cambia la Storia ( con il Partivo comunista dell' epoca che condanna l' invasione sovietica dell' Ungheria ) ; infatti cambia il finale tragico del film in lavorazione come la Bobulova cambia d'istinto, la sceneggiatura in corso di lavorazione esaltandone gli aspetti sentimentali .Molteplici rimandi sottintesi al teatro pirandelliano, al Michele Apicella di Palombella Rossa nella scena della piscina dove il protagonista rimpiange la perduta vigoria giovanile . Alcune scene restano sospese tra finzione e realtà come quella del litigio tra innamorati in un ingorgo in cui Moretti suggerisce le parole alla ragazza.
Un opera poetica,( alla quale il trailer non rende giustizia ) per certi aspetti visionaria , in cui realtà e finzione si mescolano continuamente , tutta pervasa da sottile ironia (e soprattutto da autoironia ) e densa di riflessioni sul presente e sul futuro del cinema che merita di concorrere a pieno titolo a Cannes
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fulvio wetzl
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lunedì 8 maggio 2023
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la storia non si fa con i "se" ma con il "sé"
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La Storia non si fa con i "se" ma con il "sé".
Questa può essere la sintesi di un film necessario, preveggente, che mi ha restituito intatta tutta la mia carica espressiva la gioia di vivere, sopita dalle circostanze individuali e collettive di questi anni. Grazie Nanni! Ce n'est pas qu'un début continuons le combat
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