esco_nonesco
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domenica 7 aprile 2024
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una sfida alle irreversibilità della fisica
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Il film giusto, per il pubblico giusto. La satira raffinata di una realtà ben poco distante da noi. Un Bardem trasformista che porta sul grande schermo del sano dark humor in una sfida alle irreversibilità della fisica (quantistica e non).
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felicity
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domenica 5 giugno 2022
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c’è qualcosa di storto nel nostro tempo
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Ne Il capo perfetto Fernando Léon de Aranoa concretizza il capo, come può essere solo in una piccola impresa, lo incarna nel corpo di Javier Bardem e lo rende tangibile, ma la premessa è che il conflitto di classe è chiuso. Lo attesta la figura dell’operaio licenziato che protesta da solo, fa slogan senza rima e - puro teatro dell’assurdo - una volta riassunto continua il picchetto, parodia della protesta in sé e per sé, che perde di senso, diventa inutile, parodia insomma delle categorie del Novecento. Aranoa, avendo introiettato questa “fine”, sceglie l’unico registro oggi possibile, la commedia grottesca: l’ipocrisia olivettiana di Blanco si avvita, i problemi si moltiplicano, viene risucchiato in un vortice alla Coen che ricorda A Serious Man ma senza serious, senza destino ebraico bensì voluto da se stesso, dalla finta guida illuminata pronta a colpire duro alla bisogna.
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Ne Il capo perfetto Fernando Léon de Aranoa concretizza il capo, come può essere solo in una piccola impresa, lo incarna nel corpo di Javier Bardem e lo rende tangibile, ma la premessa è che il conflitto di classe è chiuso. Lo attesta la figura dell’operaio licenziato che protesta da solo, fa slogan senza rima e - puro teatro dell’assurdo - una volta riassunto continua il picchetto, parodia della protesta in sé e per sé, che perde di senso, diventa inutile, parodia insomma delle categorie del Novecento. Aranoa, avendo introiettato questa “fine”, sceglie l’unico registro oggi possibile, la commedia grottesca: l’ipocrisia olivettiana di Blanco si avvita, i problemi si moltiplicano, viene risucchiato in un vortice alla Coen che ricorda A Serious Man ma senza serious, senza destino ebraico bensì voluto da se stesso, dalla finta guida illuminata pronta a colpire duro alla bisogna. Se hai un problema puoi andare da lui, sostiene lo slogan; sì, ma mica sempre, mica tutti, ribatte la realtà.
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loland10
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domenica 27 febbraio 2022
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bascule ben...precise
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“Il capo perfetto” (El buen patròn, 2021) è il decimo lungometraggio del regista-sceneggiatore spagnolo di Madrid, Fernando Leòn de Aranoa.
Film scaltro e cinico, irriverente e furbo, ironico e spassoso, vulgato e compiaciuto.
Una storia che si addentra in un sistema lavorativo per il bene di tutti ma, soprattutto e unicamente, per il bene del ‘buon padrone’: che mangia, parla, discute, va a letto con lo stesso stile. Per non farsi vedere e nascondersi. Chi sa se poi è tutto nascosto e la moglie si immedesima nel personaggio opposto per non far cadere ‘la trama’ senza tregua del film…
E’ disuguale sempre il capo Julio Blanco nella sua azienda costruttrice di bilance.
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“Il capo perfetto” (El buen patròn, 2021) è il decimo lungometraggio del regista-sceneggiatore spagnolo di Madrid, Fernando Leòn de Aranoa.
Film scaltro e cinico, irriverente e furbo, ironico e spassoso, vulgato e compiaciuto.
Una storia che si addentra in un sistema lavorativo per il bene di tutti ma, soprattutto e unicamente, per il bene del ‘buon padrone’: che mangia, parla, discute, va a letto con lo stesso stile. Per non farsi vedere e nascondersi. Chi sa se poi è tutto nascosto e la moglie si immedesima nel personaggio opposto per non far cadere ‘la trama’ senza tregua del film…
E’ disuguale sempre il capo Julio Blanco nella sua azienda costruttrice di bilance. E uno che ‘dona’ bilance non può che stare in un equilibrio probo e fittizio, giusto e miserevole. Per vincere sempre e comunque. Basta un po’ di escremento umano per far ballare un piatto della bilancia e poi misurarlo con una pallottola per controllore ogni minimo dislivello.
“A volte bisogna truccare la bilancia perché i conti tornino“.
Non si guarda in faccia a nessuno, con rara furbizia e manovalanza,dal taglio lavorativo licenziando per ‘il bene dell’azienda’ fino al premio che deve arrivare comunque e in ogni caso. L’ispezione arriva quando ogni frase, ogni oggetto e ogni bilancia funzionano a dovere.
‘Esfuerzo, equilibrio, fidelidad’ (sforzo, equilibrio, fedeltà).
Ecco il capo deve arrivare all’ennesimo premio in bacheca percorrendo ogni tipo di strada, più o meno impossibili, causticamente e moralmente impervie ma ‘ovvie’ per un mondo da correggere quando conviente e fa comodo. Commedia e non indagine sociale, film strappa risate strette ma poco addentro al vero mondo lavorativo. Ognuno fa da se quello che gli rende il pari e pariglia(mente) si adatta.
“Questo è come un figlio…adottivo”, Blanco esclama all’ispettore verso un operaio ‘non spagnolo’ che in quanto a notti amorose non veniva meno (verso una donna in crisi o la giovane manager doppio-giochista). Basta un barlume di gloria e l’agognato premio finale. Ecco, il finale veramente sarcastico e non certo liberatorio. Ma, tant’è….
Javier Bardem copre lo schermo in modo ininterrotto anche quando ci sono altri e sembra che si parli di altro. A tutto tondo, il faccione e i suoi modi quasi trasandati per la ‘sua grande famiglia’ (l’azienda e gli operai). Il congegno delle sue apparizioni e dei suoi modi ‘gentili’ o ‘persuasivi’, ‘comodi’ o ‘perentori’ stonano oltremodo per cavalcare l’onda della ‘sua prima fila’. La risata arriva (quasi in…attesa). E tutto il contraltare con l’operaio licenziato (barricato in territorio neutrale davanti alla fabbrica) sembra un qualcosa di eccessivo: dalle rime baciate fino all’intervento della polizia. E il guardiano dell’azienda è pur sempre servibile anche per una prima d’opera e un testimone lontano.
L’attore spagnolo appare convincente e porta il film dove desidera, quasi facendosi seguire dal regista. Recitazione liberamente a soggetto. Unico pericolo: far vedere tutto. La lunghezza in ogni contesto e lo zelo liberatorio per un piacere …. forzato.
Scelto per rappresentare la Spagna ai prossimi premi Oscar.
Locandina da ‘reclame’ con applausi e premi (da conquistare).
Regia: brillante e bilanciata (a dovere).
Voto: 6,5/10 (***) -cinema caricaturale-
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(di wolverine)
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giovanni_b_southern
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sabato 15 gennaio 2022
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ottimo
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Bardem ottimo. Film ottimo. Molto consigliato
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athos
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martedì 11 gennaio 2022
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dinamica aziendale
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Film godibile con un istrionico Javier Bardem. Julio Blanco è un imprenditore di razza. Amichevole, gentile, guitto, fraterno, disponibile al ricatto, spietato. Il film si snoda tra le dinamiche aziendali alternando spunti comici, grotteschi e drammatici, miscelandoli in un classico The show must go on. Se il distanziamento dovesse persistere lo proporrei in alternativa al cenone natalizio di tante aziende medio-piccole. Risatine e colpi di gomito si sprecherebbero e ogni spettatore troverebbe il proprio ruolo. Dimenticavo: manca la figura del ruffiano, forse perchè è un film spagnolo, testimone un'altra cultura.
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alegambro
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lunedì 3 gennaio 2022
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un''occasione persa
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Non basta un Bardem strepitoso per tenere in piedi il film. Purtroppo la sceneggiatura é molto debole. Decisamente soporifera nella prima metà del film e non graffia quando vira sul dark. Peccato, le premesse erano ottime, il risultato é modesto.
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crispino seidenari
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sabato 1 gennaio 2022
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spietato
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I cineasti spagnoli, per natura e tradizione, non tendono mai a mitigare l'impeto turbolento delle passioni o a negare la brutalità, spesso contorta e crudele, della vita. Per tutta la durata della proiezione lo spettatore è cosciente di assistere ad una commedia, ma è al tempo stesso turbato da un'ostinata inquietudine che non sembra conciliabile con il genere umoristico.
La dimensione comica della narrazione non nasce da vicende grottesche che deformano la realtà del nostro tempo esasperando difetti dei personaggi o proponendo coincidenze improbabili. Il riso scaturisce dalla frequenza incalzante di circostanze paradossali, tutte, se non nella forma almeno nella sostanza, rigorosamente plausibili.
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I cineasti spagnoli, per natura e tradizione, non tendono mai a mitigare l'impeto turbolento delle passioni o a negare la brutalità, spesso contorta e crudele, della vita. Per tutta la durata della proiezione lo spettatore è cosciente di assistere ad una commedia, ma è al tempo stesso turbato da un'ostinata inquietudine che non sembra conciliabile con il genere umoristico.
La dimensione comica della narrazione non nasce da vicende grottesche che deformano la realtà del nostro tempo esasperando difetti dei personaggi o proponendo coincidenze improbabili. Il riso scaturisce dalla frequenza incalzante di circostanze paradossali, tutte, se non nella forma almeno nella sostanza, rigorosamente plausibili.
È molto eloquente la scena finale: l'esercizio dell'autorità non è meno penoso del doverlo subire.
Encomiabili sia la sceneggiatura che le interpretazioni dei protagonisti
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